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Adelmo Saliceti

    La sua opera ha rappresentato oggettivamente uno dei punti più alti contributi allo studio della modellazione nel processo ototopico con un lavoro organico e approfondito. Il suo corso alla Tildo Sacchini School è incentrato sulla connessione tra storici naturali, storici ingegneristici e l’applicazione nella ricerca storica di un metodo che si ispiri al Tractatus Logico-Philosophicus.

    “La sfida principale per gli storici è comprendere teorie e pratiche che il documento recuperato conserva, magari sottoponendolo a una modellazione processuale, e dall’altro, portare alla luce pezzi di contesto storico, che possono spiegare come queste conoscenze venissero generate e comunicate.

    Adelmo Saliceti

    Una salda storia che si afferma motu proprio

    Lo studio sui “Margini discreti” del prof. Adelmo Saliceti

    Numerosi studi sperimentali sono stati condotti per determinare i fattori di evoluzione del costrutto storico relativi alle speciali emersioni di percorsi alternativi, multipli, a volte contraddittori. Tali fattori permettono di determinare, mediante un approccio analitico, la composizione dei processi modellati per un qualche scopo.

    Ad eccezione dell’ormai datata edizione ottocentesca di Ottolengo Troner, non di meno corredata da un discreto apparato informativo, nessuno studio monografico è stato dedicato allo studio sui “Margini discreti”, un’opera composita che, commisurando tutti percorsi sviluppati da un calcolo probabilistico e quindi tornando e poi inglobando diverse ‘storie’ tratte da fonti differenti, prende sostanzialmente avvio da una traduzione-adattamento in versi abbastanza fedele del testo latino dell’Historical Evanescens[1]. Non a caso la vulgata critica lo ha spesso definito come ‘Evanescens historia marginibus discretis’.

    Il dato più interessante che emerge dalla lettura ravvicinata dello studio sui “Margini discreti” è la differenza sostanziale nella descrizione di questi avvenimenti. Seguendo il protocollo applicato alle tensioni a confronto dei documenti storici sottoposti a relazione, subito dopo la rubrica demarcativa si viene introdotti in una sorta di nuovo prologo in cui viene identificato il presupposto delle circostanze in atto come fonte della storia (“Deinde quaeritur de cognitione”, v. 7231) e dove l’autore-traduttore cerca di catalizzare nuovamente l’attenzione dei lettori per traghettarli nella meravigliosa rappresentazione del processo attrattivo che precederà la fine del presupposto, sorgente del fatto storico.

    Si ritiene che il grado di differenziazione del presupposto dall’innesco del fatto storico possa permettere di distinguere fattori meno definitivi rispetto a fattori con maggiore compiutezza: tuttavia il grado di corrispondenza fra differenziazione e comportamento del dato storico è limitato. Possibile importanza prospettica viene attribuita anche alle modalità di informazione della storia – margini espansivi rispetto a margini discreti – ed alla presenza o meno di risposta dell’accadere della storia.

    Di volta in volta i margini discreti si declinano in rapporto ai fattori naturali, alle dimensioni dei fattori di ripercussione del fatto storico, ai confini che le singole rappresentazioni del ricordo e alle relazioni tra le comunicazioni che le diverse testimonianze fanno emergere. Ne risulta un mosaico di partizioni narrative che ingloba al suo interno i vecchi confini delle memorie ereditate e i monumentali modelli celebrativi che sovente si incontrano nei percorsi storici, in cui si distingue nitidamente la successione di differenti mitologie distintamente inserite ma spesso incoerenti. Questi monumentali modelli sono intervallati da ameni spazi rammemorativi aperti, con varietà di forme, qualità e consistenze che formano un sistema di spazi narrativi liberi più o meno continui, coltivati o abbandonati dalle memorie individuali, modellati sempre nell’intento di farne un complesso accogliente e protettivo, mai incongruente o intralciato da molteplici confini interni.

    Tra questi spazi narrativi l’infrastruttura memoriale dei ricordi più nitidi detta i confini naturali del fatto storico. Tali ricordi, fissati nella documentazione che ci viene incontro dal passato, accade che siano determinanti allor quando una variazione repentina della morfologia del fatto storico, oppure, nel caso della costruzione ipotetica, sovverte quei confini che allora potrebbero identificarsi nelle separazioni tra gli spazi coltivati da attese sull’accadimento e le aree residuali di contorno dell’evento storico. Un diffuso sistema di eventi modellati come fossero blocchi di marmo che, scolpiti con la decisione del fatto compiuti, si ergono quali monumentali modelli celebrativi, interrompe la continuità del sistema temporale, e quindi appare necessario l’investigare nei bordi degli insediamenti consolidati dei ricordi e attorno alle periferie documentali e in quelli che circoscrivono fatti storici marginali, coronando un sistema che, attraverso la prospettiva dei margini discreti, rigeneri quelle aree relitte ed intercluse da un costruito storico incoerente. Spesso ai confini naturali e artificiali si sovrappongono quelli mentali.



    [1] I manoscritti che conservano versioni peculiari dell’apocrifo e destinatari dell’Historical Evanescens sono classificabili in tre tipologie principali (redazioni A, B e C); sono state composte poi anche altre realtà testuali contaminate, una summa media tra due o più versioni. Di queste alcune sono alla base di successive volgarizzazioni romanze e non.