DOMANDA DI AMMISSIONE A SOCIO EFFETTIVO
Alla Spettabile
Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
Sede Centrale – Piazza dell’Esedra, 10 – Roma (22)
Io sottoscritto, Legionario Garibaldino, Vedovelli Nicola
figlio del fu Antonio nato il 26 Marzo 1841 a Verona
(Provincia di / ) di professione cartolaio
avendo fatte le Campagne di Guerra 1860[1] – 61[2] – e 1866[3] (anche
campagna Italia meridionale 1860 – Brigata Sacchi[4]).
col grado di soldato (volontario)
a tenore delle decisioni adottate per l’ammissione alla Federazione Nazionale Italiana fra Vete-
rani Garibaldini, e presa esatta cognizione dello Statuto che regge la Federazione, domando di
essere inscritto come Socio.
Mi obbligo di pagare puntualmente e anticipatamente la quota annuale di lire cinque.
A richiesta fornirò prova delle Campagne di guerra fatte.
Invierò una fotografia adatta per tessera, firmata in modo visibile sotto la figura.
Dichiaro pure di sottopormi alle disposizioni tutte dello Statuto ed a quelle che potran-
no essere emanate dagli organi Direttivi della Federazione.
Morbegno addì 8 Gennaio 1925
FIRMA DEL DICHIARANTE
Vedovelli Nicola
Domiciliato a Morbegno (Provincia di Sondrio)
Via Ghisla N. 1
N. 172 di iscrizione
Ammesso socio con deliberazione del Consiglio Nazionale il giorno 19 Gennaio 1919
IL COMITATO DEI CENSORI
……………. …………….
…………….
IL PRESIDENTE
Note a penna rossa Morbegno
Timbro IL COMMISSARIO PREFETTIZIO Zecca
Timbro MUNICIPIO DI MORBEGNO
FEDERAZIONE NAZIONALE ITALIANA
fra VETERANI GARIBALDINI
Morbegno il 8 gennaio 1925
Spett. Presidenza della
Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
Piazza dell’Esedra 10 – Roma (22)
Il Sottoscritto, legionario Garibaldino figlio di fu Antonio, nato il 26-3-1841
a Verona (provincia di Verona) avendo fatto le Cam-
pagne di guerra 1860 – 61 e 1866 con il grado di soldato vo. trovandosi
in gravi ristrettezze finanziarie, richiede alla Federazione un sussidio di lire Cento, per soppe-
rire a gli alimenti e per alleggerire il carico di
famiglia, essendo il sottoscritto – per l’età
e per infermità contratte – inabile a qual-
siasi lavoro.
FIRMA DEL RICHIEDENTE
Vedovelli Nicola
domiciliato a Morbegno via Ghisla N. 1
(Provincia di Sondrio)
Concesso sussidio di lire………. il giorno…………
IL PRESIDENTE
Consegnato il sussidio suddetto a mezzo…………. il giorno…………
IL TESORIERE
Note a penna rossa Morbegno
Timbro IL COMMISSARIO PREFETTIZIO Zecca
Timbro MUNICIPIO DI MORBEGNO
On, Federazione Naz.le It.na fra i Veterani Garibaldini
Roma
Morbegno (Sondrio)
addì 29 apr. 1925
Il sottoscritto, mentre si onora accusare ricevuta
della tessera N° 172 gentilmente trasmessagli col foglio
del 15 gennaio c. a. annunciante anche un piccolo
sussidio di cui sarà stata certamente revocata la
deliberazione in seguito alle ulteriori disposizioni
governative nei riguardi del trattamento economico dei
Veterani, ringrazia vivamente codesta On. Federazione
pel costante interessamento spiegato onde ottenere
dallo Stato quanto era giustamente reclamato
dai pochi superstiti della Gloriosa falange gari=
baldina come gli viene oggi comunicato con
lettera in data 29 avente della quale ha
presa visione.
Con deferente ossequio ricambia cordiali
saluti il socio
Dev.mo
Vedovelli Nicola
Note
[1] 1860
Dopo l’armistizio di Villafranca, la maggior parte dei volontari si congedò; il Ministero allora con un decreto del 6 settembre ordinò lo scioglimento del Corpo e la formazione di una Brigata Cacciatori delle Alpi, costituita l’11 ottobre con il 1º Reggimento (dai soppressi 2º e 5º Reggimento, e le 4 compagnie di bersaglieri) a Como ed il 2º Reggimento (con i soppressi 1º, 3º e 4º reggimento e parte del battaglione adolescenti) a Bergamo. Il 14 maggio 1860 la Brigata Cacciatori delle Alpi ebbe poi nome di Brigata Alpi, reggimenti 51º e 52º del Regio Esercito, posta al comando del maggior generale Luigi Bianchis di Pomaretto. Il 51º e 52º furono integrati con la truppa (metà a testa) del battaglione Valtellinese sciolto solo il 20 maggio 1860. Stesso destino ebbero il 30 novembre 1859 artiglieria, genio, ambulanza e treno. Nel novembre vennero licenziate le guide a cavallo, andate con Garibaldi a Bologna. Il battaglione adolescenti, passati al 2º reggimento i giovani di età superiore ai 17 anni, andò con i rimanenti a Biella.
Venne il 9 febbraio 1860 considerato succursale del battaglione figli dei militari e fu sciolto il 1º gennaio 1861.Nel 1860 i veterani Cacciatori ed i loro ufficiali avrebbero fornito il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei mille. (fonte)
[2] 1861
Assedio di Gaeta. (5 novembre 1860 – 13 febbraio 1861 ) L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco piemontese. Tra tutti gli assedi subiti da Gaeta nella sua millenaria storia di fortezza militare fin dall’846, questo fu il più ingente per i mezzi militari impegnati. Il numero ufficiale delle vittime di questo assedio fu:
tra le file piemontesi: 46 morti, 321 feriti;
tra le file borboniche: 826 morti, 569 feriti, 200 dispersi.
Purtroppo non ci sono le registrazioni ufficiali di morti, feriti e dispersi tra la popolazione civile, che pure patì l’assedio.
Il 4 febbraio 1861 venne centrata dal tiro dell’artiglieria di Casa Occagno la polveriera Cappelletti, dove erano stipati 180 chili di polvere da sparo e solo grazie all’eroismo di alcuni artificieri si evitò che l’incendio si propagasse pure alla polveriera Transilvania. Il 5 febbraio 1861 alle ore 16 il magazzino delle munizioni della batteria S. Antonio esplose, creando una breccia nei bastioni di protezione larga circa 30-40 metri, la perdita di oltre 7 tonnellate di polvere da sparo e circa 42.000 cartucce da carabina e da fucile. Nel crollo morirono 316 artiglieri napoletani e 100 civili. Gli artiglieri piemontesi gioirono per il grave danno arrecato alle difese borboniche e incominciarono a gridare “Viva l’Italia!” così forte che si sentì fin dentro le mura di Gaeta. (fonte)
Assedio di Civitella del Tronto (1860-1861) fu uno scontro del Risorgimento, l’ultima battaglia che vide contrapposte le truppe dell’esercito sabaudo e quelle dell’esercito delle Due Sicilie, conclusosi tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Dopo tre giorni di bombardamenti, alle ore 11:00 del 20 marzo 1861, il maggiore Giovanni Raffaele Tiscar espose la bandiera bianca e proclamò la resa a nome dell’intera guarnigione. Tiscar, vice-comandante del forte, firmò la capitolazione congiuntamente al tenente colonnello dell’armata sarda Emilio Pallavicini. (fonte)
[3] 1866
La Terza guerra d’indipendenza italiana è un episodio del Risorgimento. Fu combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. Appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. Ebbe origine dalla necessità dell’Italia di affiancare la Prussia nel tentativo comune di eliminare l’influenza dell’Austria sulle rispettive nazioni. Dopo l’attacco della Prussia all’Austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell’aprile 1866, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Passato il confine, una parte dell’esercito italiano comandata da Alfonso La Marmora fu però sconfitta nella battaglia di Custoza. Né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché ad esso seguì per l’Italia un’altra sconfitta nella battaglia navale di Lissa. Fu invece una vittoria italiana la contestuale avanzata di Giuseppe Garibaldi nel Trentino, culminata nella battaglia di Bezzecca. (fonte)
[4] Il 46º Reggimento “Reggio” è stata un’unità dell’Esercito Italiano. Il Reggimento trova la sua origine nel Risorgimento, quando durante la seconda guerra d’indipendenza, dagli stati dell’Emilia, (Ducato di Parma e Piacenza, Ducato di Modena e Reggio) e dalla Legazione delle Romagne i volontari si aggregarono in diverse brigate locali. Con la formazione del 3º e del 4º Reggimento che traevano origine dal Battaglione Volontari Modenesi costituito nel luglio 1859 a Modena che confluirono nella Brigata “Reggio”, costituita con decreto 8 agosto 1859.
Il 4º Reggimento venne costituito a Reggio Emilia al comando di Gaetano Sacchi, originario di Pavia, già maggiore nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, dal quale provengono gran parte dei volontari arruolati. Il 12 febbraio 1860, i due reggimenti incorporati nell’Esercito sabaudo, il 3º e il 4ºreggimento hanno assunto il nome di 45° e 46º reggimento della Brigata “Reggio”.
Negli anni successivi alla proclamazione del Regno d’Italia i due reggimenti della “Reggio” vennero impiegati nel meridione per la lotta al brigantaggio fino al 1865. (fonte)
Ezio Garibaldi
Ultimo figlio maschio di Ricciotti Garibaldi (1847-1924) e dell’inglese Harriet Constance Hopcraft (1853-1941) – prima di lui erano nati Rosa, Italia, Giuseppe, Ricciotti, Menotti, Sante e Bruno, Costante, dopo di lui Giuseppina –, nacque a Riofreddo, località situata a una sessantina di chilometri da Roma. Nel 1911 si iscrisse all’istituto industriale di Fermo, interrompendo gli studi per raggiungere la Legione garibaldina in Grecia nel 1912.
Ezio Garibaldi fu eletto deputato nel listone fascista nel 1929 e rieletto nel 1934.[9] Presidente della FNVG (Federazione Nazionale Volontari Garibaldini), aderì ufficialmente al Partito Nazionale Fascista, rompendo le relazioni con suo fratello Sante, emigrato in Francia, che aveva costituito alcune associazioni garibaldine di ispirazione antifascista nel paese transalpino. Subito dopo l’inizio della seconda guerra mondiale Ezio Garibaldi sostenne vigorosamente i Gruppi d’Azione Nizzarda (G.A.N.), fautori della riunificazione di Nizza al Regno d’Italia.
Fonte: wikipedia.org