Napoli 10 / 10 1901
Pregiatissimo Sig. Canonico
I due partirono il giorno 5 e
rimasero contentissimo del mio
operato. La famiglia che mi ac=
cennato nella vs. cartolina, e nella
lettera anteced. Scrittami, avendo
tutto pronto, e volendo andare a
New York[1] deve fare come io vi detto.
Recarsi a mezzo ferrovia a Chiasso
portarsi alla ferrovia e domandare
quanto è il biglietto da S. Marco a
Chiasso /Svizzera/; quanto giungerà
in quella Stazione presenterà l’acclu=
so biglietto; che sarà rilevata con i
suoi figli, dal mio corrispondente o
chi per esso, la trasporterà alla Compa=
gnia e pagherà ₤ 210 a posto- e sono
Madre posto uno ₤ 210
figlio 13 anni posto uno \\ 210
\\ 9 \\ mezzo posto \\ 105
Lattante di un anno non com=
pito pagherà ₤ 14,50
Totale ₤ 539,50
Se poi il bambino a compito un an=
no pagherà la metà del molo, ciò
si può rilevare dal passaporto, acciò si
farà i conti, prima di partire . –
Prima che si metterà in viaggio av=
visarmi con una vostra indicandomi
nome e cognome di ciascuno, e dir=
mi l’ora che parte da S. Marco, ac=
ciò posso avvisare il mio corrispondente
per far trovare un suo messo alla fer=
rovia, che l’andrà a rilevare – Avvi=
sando alla medesima che chiunque
la interroga lungo il viaggio da S.
Marco a Chiasso, deve rispondere
di viaggiare per suo conto, essendo
stata chiamata da suo marito che
si rattrova a Chiasso a lavorare quan=
do gli verrà chiesto il passaporto, trove=
ranno scritto certamente New York
essa risponderà, che suo marito pri=
ma era in New York, ora è sceso
a lavorare in Svizzera, e di là
la chiamata con i figli – Ad altre
domande dovrà sempre negare, se
gli venisse imposto di palesare chi
l’ha diretta per quella via – in ri=
sposta, nessuno, sono istruzioni di
mio marito, e mi son partito con
i miei figli . – Questa e buona
prevenirla, caso mai venisse in=
terrogato prima di passare alla
frontiera – che poi giunto a Chias=
so partirà sicuro direttamente
per New York, e non andrà al
Canadà, che sarà mio pensiere
di farla sbarcare a New York.
Quando la vs. raccomandata
sarà partita, dopo di avermi da=
to avviso indicamdomi tutto ; la
presente prego distrugerla, per tan=
ti eventi che possono accadere –
Vi assicuro del suo imbarco e
sbarco in New York[2].
In attesa di presto leggervi
Caramente vi saluto
Devotissimo Vostro
Stanislao Di Caro
Note
[1]Emigrazione italiana. L’emigrazione italiana è un fenomeno emigratorio su larga scala finalizzato all’espatrio che interessa la popolazione italiana, che ha riguardato dapprima l’Italia settentrionale e poi, dopo il 1880, anche il Mezzogiorno d’Italia, conoscendo peraltro anche consistenti movimenti interni, compresi cioè all’interno dei confini geografici del Paese.
Sono stati tre i periodi durante i quali l’Italia ha conosciuto un cospicuo fenomeno emigratorio destinato all’espatrio. Il primo periodo, conosciuto come grande emigrazione, ha avuto inizio nel 1861 dopo l’unità d’Italia ed è terminato negli anni Venti del XX secolo con l’ascesa del fascismo. Il secondo periodo di forte emigrazione all’estero, conosciuto come migrazione europea, è avvenuto tra la fine della Seconda guerra mondiale (1945) e gli anni Settanta del XX secolo. Tra il 1861 e il 1985 hanno lasciato il Paese, senza farvi più ritorno, circa 18 725 000 italiani. I loro discendenti, che sono chiamati “oriundi italiani”, possono essere in possesso, oltre che della cittadinanza del Paese di nascita, anche della cittadinanza italiana dopo averne fatto richiesta, ma sono pochi i richiedenti che risiedono fuori Italia. Gli oriundi italiani ammontano nel mondo a un numero compreso tra i 60 e gli 80 milioni.
Una terza ondata emigratoria destinata all’espatrio, che è cominciata all’inizio del XXI secolo e che è conosciuta come nuova emigrazione, è causata dalle difficoltà che hanno avuto origine nella grande recessione, crisi economica mondiale che è iniziata nel 2007. Questo terzo fenomeno emigratorio, che ha una consistenza numerica inferiore rispetto ai due precedenti, interessa principalmente i giovani, spesso laureati, tant’è che viene definito come una “fuga di cervelli”. Secondo l’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), il numero di cittadini italiani che risiedono fuori dall’Italia è passato dai 3 106 251 del 2006 ai 5 806 068 del 2021, con un incremento pari all’87%.
Tra il 1861 e il 1985 gli italiani che hanno lasciato il proprio Paese sono stati circa 29 milioni: di questi, circa 10 275 000 sono successivamente tornati in Italia (35%), mentre circa 18 250 000 si sono definitivamente stabiliti all’estero (65%) senza farvi più ritorno. Nell’arco di poco più di un secolo è emigrato un numero consistente di italiani, soprattutto considerando la popolazione residente nella Penisola al momento della proclamazione del Regno d’Italia (1861) che era, considerando i confini attuali (cioè, anche con Lazio e Triveneto), pari a circa 26 milioni di italiani (la popolazione italiana raggiunse poi, nel 1981, i 56 milioni di abitanti). Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l’emigrazione italiana interessò prevalentemente l’Italia settentrionale, con tre regioni che fornirono da sole più del 47% dell’intero contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli-Venezia Giulia (16,1%) e il Piemonte (13,5%). Nei due decenni successivi il primato migratorio passò all’Italia meridionale, con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.
La causa principale dell’emigrazione italiana fu la povertà, dovuta alla mancanza di terra da lavorare, specialmente nell’Italia meridionale. Altre motivazioni furono problemi politici interni, tra cui l’avversione dello Stato italiano verso gli anarchici, tant’è che molti di essi decisero di emigrare, e l’insicurezza causata dalla criminalità organizzata. Altre difficoltà sorgevano dai contratti agricoli in uso nel XIX secolo, specialmente nel nord-est e nel sud, che non erano convenienti per gli agricoltori, molti dei quali furono spinti a lasciare l’Italia in cerca di condizioni migliori.
Altra decisiva causa che si aggiunse a quelle sopracitate fu la sovrappopolazione, soprattutto nell’Italia meridionale, che ebbe origine dal miglioramento delle condizioni socioeconomiche del Paese, avvenuto nei primi decenni dopo l’unificazione nazionale (1861). Le famiglie dell’Italia meridionale iniziarono infatti ad avere accesso (per la prima volta) agli ospedali, a migliori condizioni igieniche e a un più costante approvvigionamento di cibo.
Ciò portò a una crescita demografica che spinse le nuove generazioni, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, a emigrare all’estero, soprattutto nelle Americhe. Contemporaneamente, il capitale industriale si diffuse, dalla sua precedente ed esclusiva concentrazione nelle città dell’Europa settentrionale e nel Regno Unito, anche nelle Americhe e nelle piantagioni e nelle miniere delle colonie europee in Africa e in Asia. Questa diffusione di capitali creò milioni di posti di lavoro non qualificati in tutto il mondo: ciò invogliò milioni di italiani a lasciare il proprio Paese in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori.
Si può suddividere l’emigrazione italiana in tre fasi temporali: la cosiddetta grande emigrazione, che avvenne tra la fine del XIX secolo e gli anni Trenta del XX secolo (dove fu preponderante l’emigrazione verso le Americhe), l’emigrazione europea, che ha avuto inizio negli anni cinquanta e che è terminata negli anni settanta del XX secolo, e la nuova emigrazione, che è iniziata all’inizio del XXI secolo a causa della grave crisi economica del 2007-2008. Nel 2011, a livello mondiale, erano 4 636 647 gli italiani residenti all’estero, a cui va sommato un numero compreso tra i 60 e gli 80 milioni di discendenti degli emigrati, chiamati “oriundi italiani”, che hanno lasciato il loro Paese tra il XIX e il XX secolo senza farvi più ritorno. Questi oriundi possono essere in possesso, oltre che della cittadinanza del Paese di nascita, anche della cittadinanza italiana.(fonte)
[2]Ellis Island è un isolotto parzialmente artificiale alla foce del fiume Hudson nella baia di New York. L’originaria superficie (poco più di un ettaro) fu incrementata fra il 1890 e il 1930 con i detriti derivanti dagli scavi della metropolitana di New York, fino a raggiungere gli 11 ettari. Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della sua chiusura, è stato il principale punto d’ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti. Attualmente l’edificio ospita l’Ellis Island Immigration Museum che è visitabile utilizzando il medesimo biglietto e traghetto che consentono l’accesso anche alla vicina Statua della Libertà.
L’isola, pur trovandosi nelle acque di pertinenza del New Jersey, fino al 1998 apparteneva territorialmente solo allo stato di New York, costituendo pertanto (per questa porzione) un’exclave di questo stato analogamente a Liberty Island (nella città di New York entrambe rientrano nel borough di Manhattan).
Dopo varie dispute territoriali, la Corte Suprema ha stabilito nel 1998 che solo la parte originaria dell’isola ed alcune piccole porzioni di territorio attigue fossero di pertinenza di New York (17%), mentre gli incrementi successivi rientrassero nel New Jersey (83%). Il famoso museo dell’immigrazione si trova nella parte appartenente a New York.
Storia
Il porto di Ellis Island ha accolto oltre 12 milioni di immigranti provenienti da tutto il mondo dal 1892 al 1954. Prima della sua apertura, avvenuta il 1° gennaio del 1892, già oltre 8 milioni di persone erano transitate per il Castle Garden Immigration Depot di Manhattan.
Gli stranieri che approdavano al porto di Ellis Island avevano l’obbligo di esibire ai medici del Servizio Immigrati i documenti d’imbarco con le informazioni sulla nave che li aveva condotti e i documenti d’identità per il riconoscimento personale, che sarebbero stati visionati e approvati durante le ispezioni mediche e burocratiche.
Le ispezioni mediche, alle quali ciascun immigrante doveva sottoporsi, avevano lo scopo di valutare le condizioni fisiche e psicologiche dei pazienti esaminati, evitando in questo modo contagi da malattie infettive.
Al contrario di quanto accadeva ai passeggeri di terza classe, obbligati a scendere dalla nave e stanziare sul molo durante lo svolgimento delle ispezioni, i passeggeri agevolati ed economicamente stabili, che durante il tragitto fino a New York avevano viaggiato nelle classi prima e seconda della nave, avevano il privilegio e il vantaggio di sottoporsi alle pratiche d’ispezione direttamente a bordo.
Durante i controlli medici, i pazienti di ogni grado e ceto sociale a cui veniva diagnosticato un problema fisico o psicologico venivano immediatamente contrassegnati con un simbolo disegnato sulla schiena e sottoposti a controlli specifici.
I contrassegni usati per distinguere i pazienti sani da quelli malati si diversificavano in base al problema che la persona presentava. Per esempio, quando un immigrato veniva associato a un problema legato alla sfera psicologica veniva contrassegnato sulla schiena da una croce; se il problema diagnosticato fosse risultato ernia, il soggetto sarebbe stato contrassegnato con una X. Lo stesso accadeva, con altri simboli, a coloro che soffrivano di patologie respiratorie, problemi di vista e perfino alle donne in gravidanza.
Le persone ritenute sane e senza alcun problema di salute venivano accompagnate verso le stanze dei Registri, nelle quali avrebbero potuto registrare, per mano di ispettori addetti, il proprio nome, il luogo di nascita, il luogo di destinazione, lo stato civile, la disponibilità di denaro, la professione, i precedenti penali e le possibili referenze a conoscenti già presenti sul suolo statunitense per ottenere la completa idoneità di soggiorno negli Stati Uniti d’America. Al termine della registrazione, venivano accompagnate al molo e fatte imbarcare sul traghetto per Manhattan. Gli immigrati che non avevano ottenuto l’idoneità e presentavano difficoltà fisiche venivano isolati e sottoposti a controlli più specifici. Coloro i quali presentassero infermità o problematiche che li rendevano inabili al lavoro o che necessitassero di cure dal costo elevato, venivano immediatamente espulsi.
Secondo il vademecum destinato ai nuovi venuti, i migranti considerati anziani, deformi, ciechi, sordi, portatori di malattie contagiose, mentalmente instabili e con qualsiasi altra infermità, erano esclusi dal suolo americano. Coloro che appartenevano a una o più di queste categorie venivano respinti, espulsi e obbligatoriamente reimbarcati sulle navi dalle quali erano giunti, che secondo la legislazione americana avevano il dovere di riportarli ai porti di provenienza.
Malgrado la legge avesse permesso tali manovre, nel 1907 si registrò la percentuale più alta di flussi migratori con un numero complessivo di 1 004 756 persone approdate. Dal 1917 ci fu un nuovo tentativo di ridurre e limitare i flussi in entrata. A tal proposito, vennero introdotti un test dell’alfabetismo che obbligava gli immigranti in arrivo a saper scrivere e a leggere per sostare in America e, dal 1924, quote d’ingresso (che definivano un numero totale d’immigranti da accogliere). Le quote ammettevano un numero complessivo di 17.000 immigranti provenienti dall’Irlanda, 7.500 provenienti dal Regno Unito, 7.400 dall’Italia e 2.700 dalla Russia.
In successione, lo Stato americano emanò delle nuove leggi per diminuire gli ingressi: la legge Chinese Exclusion Act prevedeva di limitare la presenza di immigranti di origine cinese sul territorio, la legge Alien Contract Labor Law impediva alle aziende e agli imprenditori di far lavorare gli immigrati sotto contratto e la legge Origins Act Law limitava fortemente gli ingressi, secondo un sistema di quote nazionali che discriminavano palesemente gli immigrati provenienti dall’Europa meridionale e orientale, escludendo virtualmente gli asiatici.
Inoltre la depressione economica scoppiata nel 1929 ridusse il numero degli immigrati dai 241.700 ricevuti nel 1930 ai 97.000 del 1931 fino ai 35.000 ricevuti nel 1932. Gli espulsi a forza dagli Stati Uniti furono 62.000 nel 1931, 103.000 l’anno successivo e 12.700 nel 1933.(fonte)