Il Capo di Gabinetto
del Sottosegretario di Stato
per l’Agricoltura
Roma 8-VI-1923
ore 19
Eccellenza[1],
Stamane sono andato dal Comm. Vitali[2],
il quale, deplorando le obbiezioni del Cleri-
ci[3], ha dichiarato che il Comm. Sansone[4]
aveva proprio l’incarico di sostituire
il Clerici e che quindi il verbale è
pienamente valido; egli lo attesta-
va formalmente.
Mentre attendo per andare a
riferire a S E de Capitani[5], mi te-
lefona il dott. Preziosi[6], per dirmi
di un comunicato che sarebbe sta-
to diramato alla Stampa: da quant-
to mi dice il Preziosi, il comunicato
è inutile, sebbene inappropriato nel-
la forma e nel contenuto.
Il dott. Preziosi mi dice che ne te-
legraferà subito il testo a V. E.
Egli aggiunge che crede di subdo-
rare una trama per impedire o
ritardare la pubblicazione dei verbali
e che ha intenzione di prendere ac-
cordi co l’E. V. per pubblicarli
senz’altro lui. Ho sconsigliato
con tutte le mie forze il Prezio-
si da questo passo avventato ed
inutile, oltre ché dannoso e peri-
coloso per molti: E credo urgente
informarne V. E. perché possa ag-
giungere la sua equilibrata ed auto-
revole voce.
Il verbale reca la data del giorno
9, posteriore, quindi, al suo allonta-
namento dal ministero. Pertanto V. E.,
fu potendo usare, come Le accen-
navo iersera, di tutti gli elementi
in esso contenenti, perché potrà sem-
pre dimostrare di averli conosciuti,
nelle funzioni di Sottosegretario di
Stato, dagli ispettori prima delle
Sue dimissioni, dovrebbe, invece,
– qualora intendesse di servirsene
come testo di verbale – dire o la_
sciar intendere di averne ricevuto
copia. Il che equivarrebbe a cerca-
re responsabilità disciplinari gravis-
sime e penali alle persone che
potrebbero essere indicate come
colpevoli, di questa che sarebbe de-
finita “profanazione di segreti di
ufficio” : e cioè gli ispettori,
me e gli alti del Gabinetto.
E una polemica, con possibili stra-
scichi giudiziari, sarebbe certamente
nociva, sotto molti aspetti, alla
stessa causa che V. E. e noi tutti
difendiamo.
Inoltre, come accennavo a V. E. in
principio di questa mia affrettata
lettera, dalle dichiarazioni esplicite
di S. E. de’ Capitani debbo con si-
curezza presumere che il Mini-
stro non pensa neppur lontana-
mente a firmare o nascondere
la pratica, perché egli, d’accordo
con S. E. Mussolini[7], procederà ri-
gorosamente a termini di legge e
di regolamento, cercando soltanto
di procedere con cautela, per
non inciampare in opposizioni
comunque fondate – anche in appa-
renza – su una qualche base
formale o giuridica.
Mi perdoni V. E. la fretta con
cui le scrivo : ma ho ritenuto mio
dovere avvertirla d’urgenza di
questa situazione che potrebbe
anche arrecare gravi conseguenze.
Tutto il personale le rinnova
il suo devoto saluto ed io le porgo
gli ossequi più sentiti e devoti
Luigi Panfili
Note
[1] La lettera è indirizzata a Ottavio Corgini. Funzionario di banca ed esperto economista, sedette alla Camera del Regno d’Italia nella XXVI legislatura. Il 31 ottobre 1922 venne nominato sottosegretario al Ministero dell’agricoltura del governo Mussolini. Fu uno dei deputati fascisti dissidenti contrari al cambiamento di rotta della politica di Mussolini dopo il 1922, insieme a Cesare Forni e Alfredo Misuri, e rassegnò le dimissioni da sottosegretario il 7 giugno 1923*, in seguito alle minacce ricevute dopo il discorso d’opposizione tenuto alla Camera da Misuri. Partecipò alla fondazione di Patria e Libertà, in vista delle elezioni politiche del 1924, ma si ritirò dalla corsa per timore delle ripercussioni da parte dei fascisti. Fece parte della Massoneria in esilio in Francia, compagno di Mario Bergamo al centro massonico di Emile Kahn.(fonte)
*è l’anno nel quale riceve la lettera su citata che insieme a quella del Guerrazzi delinea le problematiche della gestione del Clerici nelle operazioni di bonifica delle pianure pontine.
Chi erano gli sconfitti? Il Banco di Roma e soprattutto. Gino Clerici il querelante e la Società delle Bonifiche Pontine, della quale la motiva-zione della sentenza dette un quadro di inefficienza, incapacità, sperpero di denaro, così come aveva denunciato Preziosi nei suoi articoli. Ma ci furono anche sconfitti politici che erano alcuni elevati esponenti del Partito Fascista che avevano dato credito a Gino Clerici, i quali erano stati convinti dal Clerici che la campagna giornalistica condotta da Preziosi contro di lui e la società era finanziata da latifondisti e mercanti di campagna contrari alla bonifica. Dell’atteggiamento di alcuni esponenti del Partito verso Gino Clerici si indignò profondamente, a suo tempo. L’On.le Corgini, sottosegretario all’Agricoltura, il quale in tale veste ed in incognito aveva visitato le zone ove operava la Società Bonifiche Pontine. L’On.le Corgini, fascista dal 1920, tecnico di grande capacità, aveva potuto constatare di persona il disordine e l’incapacità tecnica della società e non poteva ammettere, da fascista quale era, che fascisti con incarichi a livello nazionale, avessero potuto dar credito all’avventuriero Gino Clerici e per protesta si dimise dal Partito Fascista e da Sottosegretario. Quel biennio fu anche il biennio della Commissione governativa d’inchiesta, presieduta dal Senatore Cassis e dell’inchiesta amministrativa ordinata dal Ministro dell’Agricoltura, le cui risultanze coincidevano sostanzialmente con le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Roma. (fonte) Tommaso Stabile (con la collaborazione di Giorgio Stabile), La Palude – Littoria – I Grattacieli Fascismo e Postfascismo Editrice Vela, Velletri 1998
[2] Comm. Avv. Vittorio Carlo Vitali, consigliere nazionale,
Consigliere Delegato Banco di Roma,
Presidente del Consiglio della Società “Bonifiche Pontine”.
Dalla conclusione della relazione redatta dalla Commissione governativa d’inchiesta, presieduta dal Senatore Cassis e dell’inchiesta amministrativa ordinata dal Ministro dell’Agricoltura, diretta dal Presidente del Consiglio Benito Mussolini, le cui risultanze coincidevano sostanzialmente con le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Roma:
GLI ESPERIMENTI CULTURALI IN PERDITA, LE PUBBLICAZIONI COSTOSE, L’OSPITALITÀ LARGAMENTE ACCORDATA IN PALUDE, LE SPESE PER APPARECCHIARE UN PROGETTO DI LOTTA ANTIMALARICA, CHE SEMBRARONO AL CONSIGLIERE DELEGATO DELLE “BONIFICHE” BUONA SEMINAGIONE PER UN’ABBONDANTE MESSE, DI FRONTE ALLA REALTÀ, NON COSTITUISCONO CHE UNO SPERPERO INGIUSTIFICATO. Di ciò ebbero a convincersi i nuovi amministratori del Banco di Roma, e precisamente in Presidente On. Boncompagni, Principe di Piombino, ed il Consigliere Delegato Comm. Vittorio Carlo Vitali, che vollero finalmente veder chiaro nelle cose della Società Bonifiche Pontine, e porre una remora alla TRAVOLGENTE ATTIVITÀ SPENDERECCIA DEL COMM. CLERICI.
Anche il Ministero per l’Agricoltura volle vedervi chiaro, quando il Comm. Clerici ebbe ad avanzare proposta per ottenere garanzie dello Stato per l’attuazione di un programma di bonifica integrale dell’Agro Pontino che avrebbe importato una spesa di 700 milioni, e i risultati della Ispezione, all’uopo dai sigg. Avv. Francesco Guerrazzi e Prof. Dino Taruffi furono, quali dovevano essere, impressionanti. Essi, tenuto conto dei diversi fini e della minore latitudine della indagine, hanno messo in evidenza circostanze che, dalla indagine della Commissione, sono state in gran parte confermate. La Commissione si rende conto che in una impresa siffatta errori possano essere commessi, che una quota di impreveduto sia inevitabile; ma nel caso delle “Pontine” non è di questo che si tratta; in esse si era perduto il senso della misura. (fonte) Tommaso Stabile (con la collaborazione di Giorgio Stabile), La Palude – Littoria – I Grattacieli Fascismo e Postfascismo Editrice Vela, Velletri 1998
[3] Chi era Gino Clerici noto finanziere di inizio ‘900? A suo tempo era noto come “audace finanziere”, costruttore degli hotel romani entrambi in Via Veneto: il Grande Hotel Palace, già Ambasciatori, progettato dal famoso architetto Marcello Piacentini ed Emilio Vogt, realizzato tra il 1926 e il 1927; il secondo grande albergo è l’attuale Grand hotel Palace a due passi dal primo. Gino Clerici nasce nel 1886 da una agiata e colta famiglia dell’alta borghesia milanese; diventa ragioniere e si dedica al mondo degli affari. Lo scrittore Papini scriverà, a ben ragione, che il rag. Luigi (Gino) Clerici è un: “audace industriale milanese”. Sposato con Maria Bournens, trasferisce la famiglia in Umbria nel 1919, dove compera la splendida tenuta di Montelabate.(fonte)
Su Gino Clerici:
La sfida del Clerici.
La fallita bonifica capitalista dello stato fascista in Agro Pontino
di Francesco Moriconi (link).
[4] Antonio Sansone (Laurenzana 1866 – Roma 1923), uno dei primi manager degli enti economici pubblici, è ancora privo di uno studio esauriente, pur essendo uno dei nittiani che avviarono il programma ancora modesto di intervento statale nell’economia. Sulla sua attività in campo agrario vedi A. DENITTO, Intervento statale e iniziativa privata nelle campagne meridionali. L’Istituto dei Fondi Rustici dal 1905 al 1913, Galatina, 1989. Dal 1913 al 1919 fu direttore generale al Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, chiamato da F. S. Nitti che lo volle poi, insieme ad Alberto Beneduce, al vertice dell’ONC, nel 1919. Nell’aprile del 1923 con il commissariamento dell’Opera da parte del regime fascista fu estromesso, e morì pochi mesi dopo senza essere stato richiamato in servizio presso l’Amministrazione pubblica.(fonte)
È stato, concretamente, il primo Direttore generale delle foreste e dell’Azienda speciale del Demanio forestale di Stato. Sotto la sua direzione, che va dal 1912 al 1919, inizia il vero decollo del Demanio forestale dello Stato. Le Foreste demaniali aumentano di numero e di superficie e molte di esse diventano, in tempi recenti, Parchi Nazionali o altre Aree protette. Perciò Antonio Sansone può considerarsi, a buon diritto, il vero artefice del Demanio forestale che, al momento del trasferimento alle Regioni, assommava in Italia ad oltre 500.000 ettari(fonte).
[5] Giuseppe De Capitani d’Arzago nacque a Milano il 15 febbr. 1870 da Giulia Buttafava e da Alberto, discendente da un’antica e nobile famiglia con titolo marchionale che. annoverava tra i suoi antenati l’arcivescovo di Milano Ariberto. Di condizione possidente, dopo essersi laureato in giurisprudenza, il De Capitani acquisì abbastanza presto un peso nella vita pubblica milanese, dedicandosi, tra l’altro, all’amministrazione di istituti di beneficenza. … Il 23 ott. 1922 il D. promosse un incontro tra Salandra e Mussolini. Quando poi, in seguito alle dimissioni di Facta, il re conferì l’incarico di formare il governo a Salandra, il D. si recò da Mussolini insieme ad un gruppo di esponenti politici ed economici milanesi (Benni, Olivetti, Conti, Crespi) per convincerlo a collaborare con il presidente designato. Una volta che l’incarico venne infine affidato a Mussolini, il D., sempre interprete delle posizioni degli industriali milanesi, intervenne con tutta probabilità sul capo del fascismo per indurlo a non inserire nel governo esponenti della Confederazione generale del lavoro. Invitato egli stesso ad entrare nel governo, il D. fu consigliato da Salandra ad accettare il portafoglio: il 31 ott. 1922 venne nominato ministro dell’Agricoltura nel primo governo Mussolini. Come responsabile di questo importante dicastero il D. tenne in gran conto gli interessi della conservazione agraria, sopprimendo le commissioni governative incaricate di negoziare e di arbitrare le controversie di lavoro in agricoltura. Nel periodo in cui il D. resse le sorti dell’agricoltura italiana, oltre alla soppressione delle organizzazioni sindacali e politiche nelle campagne, si ebbero l’abolizione delle previdenze contro la disoccupazione agricola, il reintegro di clausole vessatorie per mezzadri e compartecipanti e la revoca del decreto Visocchi per l’occupazione delle terre incolte. Il 31 luglio 1923 il D. lasciò il ministero dell’Agricoltura in seguito all’accorpamento di questo con i dicasteri dell’Industria, del Commercio e del Lavoro nel nuovo ministero dell’Economia nazionale. Al momento di abbandonare la carica, il D, ricevette da Mussolini elogi per l’opera svolta e attestazioni di rinnovata amicizia: “sono sicuro – gli scrisse il capo del fascismo – che anche oggi e domani posso e potrò annoverarti fra gli amici più fedeli”. Mussolini fu infatti prodigo di riconoscimenti e di cariche per De Capitani.
[6] Giovanni Preziosi (Torella dei Lombardi, 24 ottobre 1881 – Milano, 27 aprile 1945) è stato un politico italiano, nonché ministro, pubblicista e traduttore, noto in epoca fascista per il suo fervente antisemitismo.
derì presto al fascismo, nel quale fu spesso sostenitore di Roberto Farinacci, interpretando il regime – che gli diede l’opportunità di operare nel settore economico e culturale del governo – come l’unica soluzione contro il bolscevismo. Attaccò pesantemente, dalle pagine de La vita italiana, la Banca Commerciale Italiana, poiché questa aveva tra i suoi più alti dirigenti gli ebrei Otto Joel, Giuseppe Toeplitz e Federico Weil. Nel 1923 fu incaricato dal Gran Consiglio del Fascismo di coadiuvare Ettore Tolomei nello stendere i Provvedimenti per l’Alto Adige, tesi all’italianizzazione forzata della Provincia di Bolzano allora ancora quasi esclusivamente germanofona.
Si applicò a scrivere in favore dell’irrobustimento del regime, giungendo ad affermare che “Né quando si parla di consenso, il fascismo vuole che questo si manifesti facendo diventare tutti fascisti. Tutt’altro. Oggi tutti sono diventati fascisti”[8]. Non pago dello sconcerto così suscitato, nel 1924 parlò al congresso fascista di Napoli, leggendo una sua relazione sul Mezzogiorno e sostenendovi che era inutile “un ennesimo programma” per il suo rinnovamento economico, dato che “nessun paese è mai progredito per opera e virtù del proprio governo”. Propose però modifiche concrete, fra le quali le bonifiche dei siti palustri. A proposito di bonifiche, il 5 giugno 1923 il Tribunale di Roma lo aveva condannato per diffamazione in danno della Società per la bonifica delle Paludi Pontine.
Dal 1923 al 1929 fu proprietario e direttore del quotidiano Il Mezzogiorno. In una relazione della polizia politica del 24 agosto 1923, il fatto fu interpretato come uno dei passaggi di una manovra di “capi fascisti delle diverse città d’Italia” al fine di “impressionare, stancare, disgustare S.E. Mussolini, per fargli abbandonare il potere, in modo da prendere loro la successione. Non è estraneo a questo movimento il prof. Preziosi”. L’acquisizione della testata, secondo l’estensore del rapporto, “fa parte di tutto un piano, a cui non è estranea la Banca Commerciale”. Fondata o meno che fosse la relazione (il prefetto di Napoli la valutò infondata il successivo 3 ottobre), fu solo la prima di una lunga serie di lettere (anonime e non), memorie e relazioni di polizia nelle quali la lealtà di Preziosi fu severamente dubitata.
Al riparo della potente copertura politica di Farinacci, Preziosi manifestò in diverse occasioni la necessità di una critica contro presunti “pseudo-fascisti”, “fascisti dell’ultim’ora” e “falsi amici” di Mussolini, del quale implicitamente sottolineava l’incapacità di accorgersene. Non sorprende perciò che l’interessato se ne sia avuto a male e il 22 febbraio 1926 gli abbia chiesto in termini ultimativi di rivelare i nomi degli antifascisti che secondo un ennesimo attacco generico avrebbero lavorato in prefettura. Poco tempo dopo Mussolini ricevette invece missive della Bertarelli, ancora non sposata con l’ex prete, che denunciavano presunti complotti ai danni del marito, il quale chiedeva udienza.(fonte)
[7] Benito Amilcare Andrea Mussolini (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 – Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) è stato un politico, militare e giornalista italiano. Fondatore del fascismo, fu presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Nel gennaio 1925 assunse poteri dittatoriali, instaurando un regime totalitario, e dal dicembre dello stesso anno acquisì il titolo di capo del governo primo ministro segretario di Stato. Dopo la guerra d’Etiopia, aggiunse al titolo di duce quello di “Fondatore dell’Impero” e divenne Primo Maresciallo dell’Impero il 30 marzo 1938. Fu capo della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 al 25 aprile 1945.(fonte)
Sulla Bonifica
La bonifica integrale del ‘900
Nel 1924 ebbe inizio un’imponente opera di bonifica dell’intero territorio fino ad allora noto come Paludi Pontine. La bonifica, però, era già stata prevista in un decreto del 1899. Nel 1919 una legge prevedeva il prosciugamento dei terreni paludosi, ma il governo non riusciva a convincere i latifondisti dei lati positivi della bonifica. Il regime fascista li minacciava nel 1926 con l’appropriazione che portava i primi successi. La bonifica a larga scala cominciò solo dal 1928 quando i fascisti sovvenzionavano i latifondisti e la borghesia agricola della zona, pagando fino al 75% dei loro costi.(fonte)
Consorzio di Piscinara. Nel 1918 fu istituito il Consorzio della bonifica di Piscinara che nel 1934, in seguito alla fusione con il consorzio n. 5 dell’Agro Romano, assunse la denominazione di Consorzio della bonifica di Littoria, poi di Latina, ora dell’Agro pontino. I comuni compresi nel consorzio sono: Aprilia, Anzio, Ardea, Artena, Cisterna di Latina, Cori, Lanuvio, Lariano, Latina, Nettuno, Norma, Pomrzia Sabaudia, San Felice, (ora San Felice Circeo), Valmontone, Velletri. La documentazione, depositata presso l’Archivio di Stato di Latina nel 1980, è costituita da pratiche relative a: affari generali, patrimonio consorziale, lavori, concessioni, ricorsi, contravvenzioni, rapporti con terzi. L’archivio conserva altresì 80.000 schede-paga degli operai della bonifica. Bibliografia: Mario Ferrarese e Giuseppe Cerina, CONSORZIO DELLA BONIFICA DI LATINA, dalla Palude a Latina dal 1932 al 1982, Velagrafica, Ariccia.(fonte)