Ministero degli Affari Esteri
Derna 13-9-42 XX°
Cara Enrica,
domani 14 corr.
parto per El Alamein insieme al
Ministro Mazzolini[1] che va a far
visita a Rommel[2].
Partiremo verso le 7 dall’aeroporto
di Derna e dopo circa 3 ore di volo
saremo a destinazione, cioè all’aero-
porto di Fuka, dove verranno a
prenderci per portarci al Comando
di Rommel.
Speriamo di non avere spiacevoli
incontri durante il volo: a quanto
si sente dire, sarà un vero miracolo Arrivarci senza incontri perché l’aviazione
inglese è attivissima in quel settore.
In ogni modo, speriamo bene. Passeremo
la notte a Fuka,[3] dove avremo senza
dubbio il piacere di assistere al nostro
primo vero bombardamento.
Sono veramente felice di arrivarci perché
sarà una bellissima esperienza, di
cui mi auguro di poterli raccontare
presto in Italia.
Come ti ho scritto nella mia ultima,
il Ministro verrà tra breve a Roma
e poi si vedrà se sarà il caso di restare qui
o no.
Appena ritornato va questa gita al
fronte, ti scriverò per informarti di
aver riportato la pelle intatta.
Probabilmente saremo di ritorno
mercoledì 16 corr.
Ciao cara Enrica, tanti affettuosi
baci Tuo Gianni[4]
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
20
Sig na Enrica Errera
Via Gregoriana 12
Roma
Tel- 63561
S. A. ETRURIA, Roma Ord. 111 del 22 – 10 – 41 – F.to 12 x 18 (50.000)
Note
[1] Serafino Mazzolini, nasce ad Arcevia (AN) il 9 giugno 1890 da famiglia patrizia. Avvocato e giornalista, nel 1911 comanda la Legione nazionalista delle Marche ed è direttore de L’UNIONE. E’ volontario e decorato nella 1. Guerra Mondiale e Legionario fiumano (va a Fiume da Ancona con un Mas sottratto alla Regia Marina). Viene eletto deputato della 27. Legislatura (1924).
Dal 12 febbraio 1925 al 30 marzo 1926 è nel Direttorio del PNF. Inizia la carriera diplomatica all’estero in Brasile e la conclude nel 1940 in Egitto. Il 12 luglio 1941, giorno della proclamazione dell’indipendenza del Montenegro. essendo il trono vacante, viene nominato Reggente “ che emanerà lo Statuto” di questo Stato sorto dallo smembramento del Regno iugoslavo di Pietro II.
Spinto dai colleghi del Ministero degli Esteri, quale Direttore del Personale, in congedo dal 10 agosto 1943, da Gubbio si reca il 27 settembre 1943 a Rocca della Caminate (FO) per un colloquio con Mussolini. Espressamente designato da Pavolini, accetta l‘incarico di Segretario Generale (il Ministro degli Esteri, come nel Ventennio, resta Mussolini) e il 29 settembre a Roma prende le consegne degli uffici di Palazzo Chigi e riceve i fondi di Gabinetto dal decano degli Ambasciatori, Segretario Generale del Ministero dal 30 luglio 1943 e anche sotto Kesselring Commissario della “città aperta di Roma”, Augusto Rosso, che così telegrafa alle Rappresentanze all’estero ”sono sicuro che tutti i funzionari continueranno a dare al nuovo Segretario Generale la stessa cooperazione che hanno dato a me e che è necessaria nelle presenti condizioni al nostro Paese”.
Quando il 30 settembre 1943 la Presidenza del Consiglio dei Ministri crea le sedi bis al Nord, il personale del Ministero inizia il trasferimento a Salò (BS). Ma raggiunge anche Venezia dove, accompagnato dall’Ufficio del Cerimoniale guidato da Giovanni Capasso Torre e da Giovanni Aldrovandi Marescotti, il Corpo Diplomatico li radunatosi: il 10 novembre 1944 con il nuovo Capo ufficio Alberto Bonarelli i Diplomatici accreditati presso la RSI si spostano a Bellagio (CO).
A Salò, a Villa Simonini, con l’arrivo da Roma del Segretario Generale con i Vice Gabinetto Giuseppe Tommasi e Alberto Mellini Ponce de Leon, e il Segretario particolare Giovanni Mayr, il 14 novembre 1943 si insedia il Sottosegretariato. Mentre Villa Portesina , a Porto Portese di San Felice del Benaco distante 4 Km., è sede di rappresentanza del Ministero e residenza del Sottosegretario facente funzione e del Vice Segretario particolare Cesare Minelli. La nomina a Sottosegretario viene perfezionata il 7 marzo 1944. Segue quella di Ambasciatore, il 31 luglio.
A Roma, Palazzo Ghigi è declassato a ufficio staccato sotto la direzione di Giuriati, sostituito il 6 marzo 1944 da Attilio De Cicco (ambedue disertano). Le Direzioni Generali operano a Salò, salvo quella degli Italiani all’Estero e il Servizio Assistenza Internati, che sono a Cadenabbia (CO).
È il tessitore in Italia delle intese con il Reich. Firma il 5 febbraio 1944 insieme a Pellegrini un “accordo sull’oro”, salvandone 33 tonnellate, e il 15 maggio insieme a Tarchi la “convenzione di Fasano”, un atto sul ricupero di ogni preda bellica valido secondo le norme dell’Aia anche se cambiano i Governi. E’ un documento internazionale (rintracciato a Salò, al Sottosegretariato Affari Esterie, con l’aiuto dell’imprigionato Angelo Tarchi ) che evita ingerenze sovietiche nell’immediato ricupero (5 maggio 1945) dell’oro della Banca d’Italia e dei beni artistici trasferiti in Alto Adige. Il 21 ottobre ottiene anche la”equiparazione dei lavoratori italiani a quelli tedeschi”.
Muore di setticemia a Villa Portesina il 23 febbraio 1945. Mussolini commenta “gli Esteri perdono un Capo insostituibile e l’Italia un patriota esemplare” e aiuta nel pagamento dei medici perché il Sottosegretario, causa le lunghe cure diabetiche, non ha lasciato denaro.(fonte)
[2] Johannes Erwin Eugen Rommel (Heidenheim, 15 novembre 1891 – Herrlingen, 14 ottobre 1944) è stato un generale (feldmaresciallo) tedesco, durante la Seconda guerra mondiale.
Di origine sveva, dimostrò ottime doti di comando già nella Prima guerra mondiale dove guidava un plotone di fanteria con il grado di tenente, ricevette la più alta decorazione al valore dell’Impero tedesco, la Pour le Mérite, per i risultati raggiunti con il suo reparto di truppe da montagna durante la battaglia di Caporetto nel 1917.
Nel corso della seconda guerra mondiale Rommel si distinse alla guida di una Panzer-Division durante la campagna di Francia nel 1940 e quindi, godendo della piena fiducia di Adolf Hitler, assunse il comando dell’Afrikakorps tedesco in Nordafrica dove per quasi due anni dimostrò grande abilità tattica, infliggendo una serie di sconfitte alle truppe del Regno Unito grazie alla sua capacità nella conduzione di agili e spericolate manovre con i mezzi corazzati nel deserto, ma al contempo evidenziando i suoi grossi limiti strategici e operazionali che compromisero non poco la conduzione della guerra dell’Asse in Nordafrica. Promosso al grado di feldmaresciallo, stimato dai suoi soldati e temuto dai nemici, divenne un personaggio di rilievo internazionale e uno dei beniamini della propaganda tedesca, che esaltò in modo esponenziale la sua immagine e lo fece conoscere con il soprannome di “La volpe del deserto” (Wüstenfuchs).
Tornato dall’Africa nel marzo 1943, diresse, dopo l’armistizio dell’8 settembre seguente, l’occupazione dell’Italia settentrionale (operazione Achse); quindi gli venne assegnato nel 1944 il comando delle difese del Vallo Atlantico, con il compito di fermare la prevista offensiva alleata in Occidente. Nonostante il suo impegno e le sue capacità, commise il pesante errore di andare in licenza durante le settimane cruciali in previsione dello sbarco alleato – che di fatto lo sorpresero mentre era a casa dalla moglie – mentre durante la prima parte della battaglia di Normandia non riuscì a impedire l’avanzata degli Alleati; ferito seriamente da aerei nemici fu richiamato in Germania per convalescenza. Il feldmaresciallo Rommel era ormai da tempo cosciente dell’inevitabile sconfitta della Germania e, a causa di una sospetta adesione ai cospiratori del 20 luglio, cadde in disgrazia presso Hitler. In considerazione della sua popolarità, la Gestapo gli propose che, se si fosse suicidato la sua famiglia sarebbe stata risparmiata. Ufficialmente fu dichiarato morto a causa delle ferite di guerra e gli fu attribuito un funerale di Stato.
Gioventù
Erwin Rommel nacque a Heidenheim, a circa 50 km da Ulma, nel Regno di Württemberg. Fu il terzo di cinque figli (aveva tre fratelli, Manfred morto giovanissimo, Karl e Gerhard e una sorella, Helene). Suo padre, Erwin Rommel senior, era professore di matematica presso la scuola di Aalen; sua madre, Helene von Luz, era figlia del presidente del governo del Württemberg. Più tardi, nel rievocare la sua infanzia, Rommel la descriverà come uno dei periodi più felici della sua vita. Sua sorella Helene dirà di lui che era un bambino dolce e molto attaccato alla madre.
Rommel voleva diventare ingegnere: il suo precoce ingegno si manifestò quando, all’età di quattordici anni, facendosi aiutare da un amico, costruì un aliante in dimensioni reali che riusciva a volare per brevi tratti ed è possibile che Rommel volesse seguire l’amico nel cercare lavoro presso la Luftschiffbau Zeppelin di Friedrichshafen. Invece, secondo i voleri del padre, si arruolò nel locale 124º Reggimento di Fanteria come ufficiale cadetto, nel 1910. Due anni dopo venne nominato tenente. Nel 1911, come cadetto a Danzica, Rommel conobbe la sua futura moglie, Lucia Maria Mollin, detta ‘Lucie’, nata a Danzica il 6 giugno 1894 da immigrati italiani di Longarone, che sposò nel 1916. Nel 1928 ebbero un unico figlio, Manfred Rommel (che sarebbe stato eletto per tre volte sindaco di Stoccarda dal 1974 al 1996). Gli studiosi Bierman e Smith sostengono che Rommel ebbe anche una relazione con Walburga Stemmer, nel 1912, e che dalla storia nacque una figlia di nome Gertrud.
Prima guerra mondiale
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, nell’agosto del 1914 il tenente Rommel fu impiegato sul fronte occidentale nell’offensiva condotta dall’esercito tedesco contro le armate congiunte francesi e britanniche. Il 22 agosto si distinse conducendo il suo plotone alla conquista del villaggio belga di Bleid, sorprendendo le truppe nemiche che vi sostavano. Rommel si guadagnò la sua prima decorazione il 24 settembre, quando fu insignito della Croce di ferro di seconda classe a seguito di un attacco individuale contro cinque soldati francesi in un bosco nei dintorni di Varennes. In quell’occasione si procurò anche la sua prima ferita di guerra alla gamba.
Ristabilitosi e rientrato al fronte nel 1915, il 29 gennaio si distinse alla guida del suo plotone, incitandolo alla conquista di quattro casematte francesi nelle Argonne, da cui fu poi costretto a ritirarsi. L’audacia individuale dimostrata nell’occasione gli guadagnò il rispetto dei suoi uomini e gli permise di ottenere la Croce di Ferro di Prima Classe, primo ufficiale del suo reggimento ad ottenere un riconoscimento tanto prestigioso.
Grazie a questi primi successi militari, fu nominato comandante di compagnia da montagna del XIII. corpo d’armata del Regio Esercito del Württemberg (XIII. Königlich Württembergisches Armee-Korps).
Con i suoi uomini fu quindi inviato sul fronte transilvano e sul fronte italiano, servendo nel corpo d’élite dell’Alpenkorps, ricevendo altre due ferite in azioni belliche.
Fu insignito della più alta onorificenza militare tedesca, l’ordine Pour le Mérite, che ricevette per le capacità di comando dimostrate, con il grado di tenente, sul fronte italiano soprattutto durante la battaglia di Caporetto nell’autunno 1917. Alla guida del reparto di punta del battaglione da montagna del Württemberg, raggiunse una serie di brillanti successi impiegando con abilità tattiche di infiltrazione lungo le montagne e facendo prigionieri molti soldati italiani, come nel corso della battaglia di Longarone. In particolare, furono i soldati del tenente Rommel che sbaragliarono le brigate italiane Arno e Salerno e conquistarono il Monte Matajur il 26 ottobre 1917.
Al termine della campagna il reparto di Rommel aveva fatto 9 000 prigionieri e raccolto un bottino impressionante; per questi risultati venne insignito della prestigiosa medaglia al valore, la quale, nonostante gli fosse stata assegnata fin dal 10 dicembre 1917, venne da lui ricevuta verso i primi di gennaio assieme alla posta, fatto che suscitò la sua delusione e il suo sdegno.
Primo dopoguerra
Nel primo dopoguerra fu comandante di reggimento ed istruttore alla Scuola di Fanteria di Dresda (1929-1933) e all’Accademia di Guerra di Potsdam (1935-1938): i suoi diari di guerra, Infanterie greift an (Fanteria all’attacco), divennero uno dei principali libri di testo dopo essere stati pubblicati nel 1937. Nel 1938, Rommel (ora colonnello) viene nominato comandante dell’Accademia di Guerra di Wiener Neustadt. Venne trasferito dopo poco tempo e posto al comando del battaglione di protezione personale di Adolf Hitler. Venne nuovamente promosso il 22 agosto a generale di divisione poco prima dell’invasione della Polonia, con effetto retroattivo valido sin dal 1º giugno 1939. Poteva comunicare direttamente con il Führer attraverso il generale Rudolf Schmundt, un suo amico e fedele aiutante di Hitler per la Wehrmacht: Rommel lo chiamava “l’apostolo Giovanni” e, al pari del feldmaresciallo, Schmundt disprezzava l’entourage del Führer.
Seconda guerra mondiale
Francia 1940
Nel 1940, durante fall gelb, l’invasione di Francia, gli venne affidato il comando della 7. Panzer-Division e dipendente dal IV armeekorps del Gruppo d’armate A del feldmaresciallo von Rundstedt. Rommel aveva a disposizione 34 Panzer I, 68 Panzer II, 91 Panzer 38(t), 24 Panzer IV e otto carri comando.
I tedeschi sfondarono nella Francia del nord (il Blitzkrieg o guerra lampo) aggirando la Linea Maginot ed avanzando sino ad arrivare sulla Manica inducendo i francesi a una ritirata che portò alla loro resa pochi giorni più tardi. Nello specifico la Panzer-Division di Rommel fu la prima divisione tedesca a superare la Mosa presso la diga di Houx e respinse il contrattacco del BEF ad Arras. La divisione comandata da Rommel ricevette inoltre il soprannome di Gespensterdivision (“Divisione fantasma”) data la difficoltà, comune sia al comando francese che a quello tedesco, di avere un’idea specifica di dove si trovasse durante l’intera guerra.
Africa
Al termine di quell’operazione in Francia, Rommel, che si era distinto per la sua considerevole abilità, venne nominato personalmente da Hitler comandante delle truppe tedesche in Africa. Il Corpo di spedizione tedesco, composto dalla 5ª Leggera (poi rinominata 21. Panzer-Division) e successivamente dalla 15. Panzer-Division, venne inviato in Libia nel febbraio del 1941 in aiuto delle truppe italiane, formando così il celebre Deutsches Afrika Korps. Fu proprio in Libia che Rommel conquistò definitivamente la sua grande fama di comandante e l’appellativo di “Volpe del deserto”.
Spese la maggior parte del 1941 riorganizzando le sue truppe e soprattutto quelle italiane, che avevano subito una serie di sconfitte per mano dei britannici guidati dal maggior generale Richard O’Connor. Una prima offensiva tedesca spinse le forze britanniche fuori dalla Libia ma si fermò poco oltre il confine egiziano, con l’importante porto di Tobruk ancora nelle mani delle forze del Regno Unito. Nel frattempo, il generale Claude Auchinleck succedette al generale Archibald Wavell quale comandante in capo delle forze britanniche in Medio Oriente. Auchinleck lanciò subito una grande offensiva (denominata Operazione Battleaxe, Ascia di Guerra) per alleggerire la pressione su Tobruk assediata, ma ben presto la spinta di tale iniziativa si esaurì. Dopo 5 mesi, nel corso dei quali l’Ottava Armata si rinforzò notevolmente, grazie all’Operazione Tiger, a novembre le truppe del Regno Unito attaccarono ancora (Operazione Crusader) e, dopo aver prosciugato le esigue riserve dell’Afrika Korps, Rommel si ritirò al confine tra Tripolitania e la Cirenaica. A gennaio Rommel riprese l’iniziativa e a fine maggio cominciò la Battaglia di Gazala.
L’attacco tedesco e italiano, improvviso e ben coordinato, prese alla sprovvista le truppe britanniche che, nel giro di poche settimane, furono respinte oltre il confine egiziano, sulla strada verso Alessandria. L’offensiva italo-tedesca, a causa della scarsità dei rifornimenti, finì però per esaurirsi nei pressi della piccola stazione ferroviaria di El Alamein, ad appena 150 chilometri in linea d’aria dal Cairo. Va precisato che l’attacco in profondità condotto da Rommel esulava notevolmente dai piani di Hitler, che puntava solamente alla riconquista della Libia ed alla preparazione, con l’aiuto della flotta italiana, di un attacco in forze all’isola di Malta. Tuttavia i brillanti successi di Rommel spinsero il Führer a convincere Mussolini a rimandare l’assalto a Malta e a concentrarsi sull’offensiva verso l’Egitto e il canale di Suez.
Rientrato temporaneamente in Germania, Rommel ottenne il bastone di feldmaresciallo e chiese più volte l’invio di nuove truppe. Ma la Germania impegnata sul fronte russo non disponeva più di riserve utilizzabili e così Hitler, che considerava il Medio Oriente un fronte secondario, non accolse le richieste di Rommel (fu inviata solo la 164ª Divisione di supporto). Gli inglesi, al contrario, avevano provveduto a un notevolissimo rafforzamento delle loro truppe in Egitto, sapendo bene che un’ulteriore sconfitta avrebbe comportato la perdita dell’Egitto e di tutto il Medio Oriente.
La Prima battaglia di El Alamein venne persa da Rommel, decimato negli effettivi e con le linee di approvvigionamento troppo allungate (l’eterno problema della guerra nel deserto). I britannici, in grave difficoltà, erano però avvantaggiati dalla loro vicinanza alle basi di rifornimento, e disponevano di truppe fresche. Rommel cercò ancora di penetrare le linee nemiche durante la Battaglia di Alam Halfa, ma venne fermato definitivamente dal nuovo comandante britannico, il tenente generale Bernard Montgomery.
Col crescere delle difficoltà del supporto logistico a causa dell’esaurimento dei materiali, carburanti e rincalzi disponibili, nonché delle navi da trasporto italiane, e dell’enorme lunghezza delle linee di rifornimento terrestri per la distanza tra i porti e la linea del fronte, incapace di ottenere una maggiore disponibilità di risorse per la percezione dello Stato Maggiore Generale tedesco del ruolo secondario del fronte sud rispetto a quello russo, Rommel non poteva tenere la posizione di El Alamein indefinitamente.
Nonostante ciò, occorse un’altra grossa battaglia, la Seconda battaglia di El Alamein, per costringere le sue truppe alla ritirata. Fu in questa battaglia che la divisione corazzata italiana “Ariete” e la 185ª Divisione paracadutisti “Folgore” diedero prova di grande coraggio, meritandosi la stima del feldmaresciallo e degli stessi avversari. Dopo la sconfitta di El Alamein, nonostante le pressioni di Hitler e Mussolini, le truppe di Rommel non riuscirono a resistere e dovettero intraprendere un’estenuante ritirata per quasi 2000 km fino in Tunisia. Lì giunti, la loro prima battaglia non fu contro l’Ottava armata britannica, ma contro il Secondo Corpo d’Armata Statunitense. Rommel affrontò le truppe americane nella battaglia del passo di Kasserine: ottenne alcuni notevoli successi iniziali e inflisse pesanti perdite alle inesperte forze nemiche; tuttavia, dovette infine ripiegare sulle posizioni di partenza a causa della complessiva netta inferiorità di uomini e mezzi.
Rivolgendosi ancora una volta a fronteggiare le forze britanniche, sul vecchio confine difensivo francese della linea del Mareth, Rommel poté solo ritardare l’inevitabile. Lasciò l’Africa dopo essersi ammalato, e gli uomini già al suo comando dopo alcuni mesi dovettero arrendersi, per l’impossibilità di ricevere rifornimenti e rinforzi attraverso il canale di Sicilia ormai completamente controllato dagli alleati.
Alcuni sostengono che il ritiro dell’armata di Rommel fino in Tunisia nonostante il ritardo causato dallo spietato telegramma di Hitler “vittoria o morte” fu un risultato più grande della cattura di Tobruk. D’altronde, all’ufficiale di collegamento Alberto Baldissera che, accogliendolo al ritorno dalla Germania ove era stato a colloquio con il Führer, gli aveva fatto notare il peggioramento della situazione, Rommel aveva risposto “è tutta colpa della politica” (riferito dal capitano Baldissera). Tornato in Germania, Rommel rimase per qualche tempo di fatto inattivo.
Rapporti con i comandi italiani
Finita la Seconda guerra mondiale, vari autori provenienti dai Paesi alleati attribuirono a Rommel frasi molto dure contro gli italiani e verso il loro coraggio in battaglia. In realtà il generale tedesco, come scrive nel suo celebre diario, criticava gli ufficiali italiani, che lo rimproveravano per le tecniche poco ortodosse da lui utilizzate in Africa (per esempio trasformò, grazie anche ai reparti del Genio italiano, alcuni pali della luce in modo che sembrassero cannoni antiaerei). A lui è attribuita questa osservazione: “Sono straordinari, coraggiosi, disciplinati (gli italiani), ma mal comandati ed equipaggiati”. Secondo il saggista britannico David Irving, già screditato dalla ricercatrice storica americana Deborah Lipstadt, Rommel aveva una pessima opinione degli ufficiali italiani Gambara e Bastico e diceva pubblicamente che erano delle «merde». Famosa la frase «Wo bleibt Gambara?» (“Dov’è rimasto Gambara?”) a rimarcare la sua assenza in un momento critico per le forze dell’Asse nella seconda battaglia di Sidi Rezegh (4-5 dicembre 1941).
Pessimi poi erano i rapporti tra Rommel ed il Comando Supremo Italiano, e in particolare con i marescialli Cavallero, Capo di Stato Maggiore generale, e, come già detto, Ettore Bastico, governatore della Libia, ai quali rimproverava inettitudine e scarsa volontà di avvicinarsi al fronte; per contro, da questi a Rommel veniva addebitata una frequente incapacità di coordinarsi con le altre forze, alle quali attribuiva le colpe dei suoi insuccessi. A lungo infatti vennero attribuite agli italiani, e in particolare a presunti traditori presenti nella Regia Marina, le fughe di notizie che portarono a numerosi affondamenti nei convogli dei rifornimenti, che in realtà erano frutto delle intercettazioni di Ultra sulle comunicazioni tra l’addetto militare tedesco a Roma, generale Enno von Rintelen e l’OKW. Con Delease, la delegazione del Comando Supremo in Africa Settentrionale, comandata dal generale Curio Barbasetti di Prun, i rapporti erano distanti. Rommel apprezzava il generale Enea Navarini, che aveva sostituito il generale Gastone Gambara alla testa del XXI corpo d’armata fino a poco prima dell’avanzata verso El Alamein.
Rapporti con i comandi tedeschi
Inoltre anche tra Rommel e Kesselring, comandante tedesco della Wehrmacht per il settore sud (OKS – Oberkommando Süden) durante la campagna d’Africa, esisteva un pessimo rapporto personale, in quanto Rommel riteneva che questi stesse usurpando le sue funzioni. Quest’ultimo, invece, era preoccupato dello scarso controllo esercitato da Rommel durante la battaglia, come personalmente verificato durante un combattimento nei pressi di Ain el Gazala, nel quale lo stesso Kesselring aveva temporaneamente sostituito il generale Crüwell al comando dell’Afrikakorps, constatando come fosse impossibile raggiungere Rommel da parte delle unità impegnate per ottenere rapidamente ordini operativi. A Berlino Franz Halder, capo dello Stato maggiore dell’esercito, pensava di Rommel che “si trattasse di un «soldato impazzito», che agiva senza controllo in Africa del Nord e che non era all’altezza del compito affidatogli”. Questo scetticismo però rimaneva all’interno della cerchia militare e quindi non ostacolava l’ascesa del generale.
Francia 1944
Quando le sorti della guerra si rivolsero contro la Germania, Hitler pose Rommel al comando del Gruppo d’armate B, prima utilizzato per l’occupazione dell’Italia e poi responsabile della difesa della costa francese contro una possibile invasione alleata. Dopo le esperienze raccolte in Africa, Rommel concluse che ogni movimento offensivo sarebbe stato impossibile a causa della supremazia aerea alleata. Riteneva che le forze dei panzer dovessero essere tenute il più vicino possibile al fronte, di modo che non dovessero partire da lontano al momento dell’invasione, per poterla fermare sulle spiagge.
Il suo comandante, Gerd von Rundstedt, invece sentiva che non c’era modo di fermare l’invasione vicino alle spiagge a causa della soverchiante potenza di fuoco della Royal Navy. Riteneva che i panzer dovessero essere disposti in grosse unità nel retroterra vicino a Parigi, permettendo agli alleati di dilagare in Francia per poterli poi tagliare fuori. Quando gli venne chiesto di scegliere un piano, Hitler vacillò e li posizionò a metà strada, abbastanza lontani da essere inutili a Rommel e non abbastanza lontani da poter solo osservare la battaglia come voleva von Rundstedt. Durante il D-Day molte unità di panzer, soprattutto la 12. SS-Panzer-Division (la divisione d’élite Hitlerjugend), erano abbastanza vicine alle spiagge, ma la loro presenza non influì sul successo delle operazioni di sbarco alleate a causa della lentezza decisionale dei comandi tedeschi, tra cui lo stesso Rommel che, oltre ad essersi preso un periodo di riposo in un momento tanto delicato e quindi non essere presente al suo posto di comando, per diversi giorni rimase convinto che quella in Normandia fosse solo un’azione diversiva e che il vero sbarco si sarebbe svolto a Calais. Il soverchiante numero di truppe alleate rese tuttavia impossibile qualsiasi speranza di successo, e ben presto le teste di ponte sulle spiagge furono assicurate.
Il 17 luglio 1944, tra Sainte-Foy-de-Montgommery e Vimoutiers, la sua autovettura venne mitragliata da un aereo alleato e Rommel dovette venire ricoverato presso il vicino ospedale militare di Bernay: riportò una frattura al cranio, due alla tempia, una allo zigomo e una lesione all’occhio sinistro. All’epoca diversi equipaggi della RAF e della USAAF si accreditarono l’avvenimento; oggi si ritiene che il pilota fosse Charley Fox della RCAF al comando di uno Spitfire, benché alcuni storici, tra cui la contessa Rosie Waldeck, affermano che quell’attacco venne effettuato dalla Luftwaffe sotto ordine diretto di Hitler in risposta a presunte trattative di pace intrattenute da Rommel con Montgomery ed Eisenhower.
La sorte di Rommel dopo il complotto del 20 luglio 1944
Nel frattempo, dopo il fallito complotto del 20 luglio contro Adolf Hitler, di cui era stato messo al corrente ma, fedele al proprio giuramento, si era rifiutato categoricamente di partecipare, Rommel fu sospettato di connessioni con i cospiratori. Bormann era sicuro del coinvolgimento di Rommel, Goebbels non lo era affatto e tuttora non è chiaro quanto Rommel sapesse del complotto anche se è ormai chiaro che disapprovasse azioni di quel tipo contro Hitler. Il caso di Rommel passò alla “Corte Militare d’Onore”, l’organismo che si occupò poi di giudicare anche tutti gli altri coinvolti. Questa corte includeva, tra gli altri, Heinz Guderian, Gerd von Rundstedt e Heinrich Kirchheim; quest’ultimo era stato licenziato dopo Tobruk dallo stesso Rommel nel 1941. La corte si espresse favorevolmente al fatto che Rommel venisse degradato ed espulso dall’esercito.
Hitler ad ogni modo si rese conto della grande popolarità di Rommel presso il popolo tedesco e del fatto che il trattarlo come un traditore, malgrado l’errore compiuto, sarebbe risultato dannoso per gli uomini al fronte. Il Führer pertanto inviò a casa di Rommel due suoi generali, Wilhelm Burgdorf (il nuovo aiutante di Hitler per la Wehrmacht dal 1º ottobre, dopo la morte di Schmundt, del quale era il suo vice, per le gravi ferite riportate nell’attentato) ed Ernst Maisel, che portavano con sé l’ordine di Hitler: egli offriva a Rommel tre scelte: presentarsi personalmente ad Hitler per discolparsi, oppure suicidarsi con la pastiglia di cianuro portatagli da Burgdorf, oppure affrontare la corte marziale per alto tradimento e la condanna a morte senza nessuna garanzia per il futuro della sua famiglia.
Durante il colloquio e sino all’ultimo Rommel dichiarò la propria fedeltà a Hitler e alla causa nazista, negando il proprio coinvolgimento nel complotto che lo aveva colpito ed il piacere di continuare a servire la propria patria. Depresso per la morte di Schmundt, che avrebbe anche potuto dissuadere il Führer da un coinvolgimento del feldmaresciallo nell’attentato Rommel infine optò per il suicidio, probabilmente per evitare le rappresaglie nei confronti della propria famiglia e dei propri collaboratori che avrebbero fatto seguito ad una sua condanna per tradimento.
Con tutto ciò in mente, Rommel decise di spiegare la propria decisione alla moglie ed al figlio, ai quali intimò di mantenere l’assoluto segreto sulla vicenda, pena la loro stessa morte. Rommel indossò la sua uniforme di comandante dell’Afrika Korps, prese con sé il proprio bastone da maresciallo e venne caricato sull’automobile di Burgdorf, guidata dal sergente capo Heinrich Doose, che si fermò poco fuori dal villaggio. Doose si allontanò dalla macchina, lasciandovi Rommel assieme a Burgdorf. Cinque minuti dopo Burgdorf uscì dalla vettura facendo cenno ai due uomini di tornare verso la macchina: era il 14 ottobre 1944 e Rommel aveva posto termine alla propria vita, quasi certamente tramite assunzione di una capsula di cianuro di potassio. Il corpo venne portato all’ospedale di campo di Wagner-Schule, affinché un medico ne constatasse ufficialmente il decesso, redigendo un certificato che adducesse cause di morte naturali. Dieci minuti dopo la morte di Rommel, il gruppo telefonò alla moglie del generale per informarla dell’avvenuta morte del marito. Il referto clinico ufficialmente reso noto al pubblico dichiarò che Rommel era morto a causa di un arresto cardiaco, complicato da un’embolia cerebrale, derivata dalle fratture al cranio che aveva subito in precedenza.
Rommel venne seppellito con pieni onori militari come previsto per un eroe di guerra, dopo grandiosi funerali di Stato che si svolsero ad Ulma e, secondo il figlio, questo avvenne nella città danubiana anziché a Berlino per espressa volontà del padre. La sua famiglia ebbe garanzia di aver salva e sicura la propria vita oltre a godere di una pensione di guerra. Hitler non prese parte ai funerali ufficiali, ma decise di inviare il feldmaresciallo von Rundstedt, che non era a conoscenza del fatto che Rommel fosse morto per ordine dello stesso Führer e che fosse in evidenza la corona di alloro personalmente fatta comporre da Hitler per l’occasione.
Hitler diede successivamente ordine di costruire un monumento al suo generale. Una volta trovato un blocco di marmo adatto iniziarono i preparativi, ma ormai la situazione in Germania era talmente grave dal punto di vista militare che non se ne fece più nulla. Dopo la guerra vennero pubblicati i diari di Rommel e la verità sulla morte del feldmaresciallo dell’Afrika Korps divenne nota solo nel 1945, quando gli alleati intervistarono la moglie ed il figlio del defunto generale.
Rommel è attualmente tumulato nel cimitero di Herrlingen. Per molti decenni dopo la fine della guerra, alla ricorrenza della sua morte i veterani con lui della campagna d’Africa dell’esercito tedesco gli tributarono onori.(fonte)
[3] … Nella notte tra il 13 ed il 14 settembre 1942, commando di terra dei Royal Marines tentarono l’Operazione Daffodil, un audace colpo di mano contro la base navale italo-tedesca di Tobruk (o Tobruch), località della Cirenaica orientale a circa 150 km dal confine con l’Egitto. Il risultato dell’azione fu la totale vittoria delle forze italo-tedesche.
L’operazione Daffodil era la prima delle quattro azioni dell’Operazione Agreement, decisa dal comando britannico su proposta del tenente colonnello John Haselden, comandante delle unità speciali LRDG (Long Range Desert Group), per rispondere all’ACIT che in Nord Africa aveva messo in atto un’offensiva che aveva portato alla riconquista di Tobruk ed attestarsi sulla linea Sollum-Halfaya, prima di passare alla conquista dell’isola fortificata di Malta, sede di un’importante base aeronavale da dove decollavano gli aerei che attaccavano i convogli dell’Asse che facevano la spola tra Italia e Libia.
Il piano di attacco prevedeva l’arrivo, via terra, della Forza B proveniente dall’oasi di Cufra distante ben 1500 km con la guida di elementi dei LRDG. Alle 20:45 essa avrebbe dovuto infiltrarsi non notata nella base per conquistare la batteria antistante Marsa Sciausc (ad est della baia di Tobruk) e coprire lo sbarco (00:30) dei rinforzi costituiti dai 150 assaltatori della Forza C in arrivo a bordo di 3 motosiluranti, indispensabili per il proseguimento dell’azione. Altre siluranti avrebbero dovuto forzare il blocco del porto ed attaccare le navi in rada.
All’01:00 a Marsa Mreira (ad ovest della baia) dovevano sbarcare da un sommergibile i segnalatori della Forza E che avrebbero dovuto guidare lo sbarco dei 500 Royal Marines (02:00) della Forza A approfittando dall’azione diversiva messa in atto a Marsa Sciausc dalla Forza B e Forza C.
Per raggiungere il suo obiettivo, alla Forza B erano aggregati anche 6 uomini dei SIG, una squadra speciale dell’esercito britannico formata da alcune decine di ebrei madrelingua tedeschi fuggiti in Palestina, che, indossando divise dell’Afrika Korps, sarebbero stati alla guida di quattro camion inglesi camuffati con insegne tedesche (la cosa non poteva destare sospetti perché in quel periodo erano tanti i mezzi in circolazione come prede di guerra) sui quali alcuni altri commilitoni anche loro travestiti da tedeschi fingevano di scortare i rimanenti come prigionieri di guerra. In questo modo intendevano avvicinarsi, senza destare allarme, alla batteria costiera antistante la zona di sbarco dove era previsto l’arrivo della Forza C.
Una volta pienamente operativi, tutti insieme si sarebbero dedicata alla demolizione delle installazioni costiere e portuali prima di ritirarsi a bordo delle navi.
Parte essenziale della riuscita dell’attacco era basata sulla presunta scarsa combattività dei soldati italiani a difesa di Tobruk che l’ordine di operazione definiva testualmente «low grade italian troops of brigade strength» («truppe italiane di second’ordine della forza di una brigata»).
L’azione iniziò nella tarda serata del 13 settembre, una notte scelta perché buia e senza luna.
22 agosto
i circa 80 commando della Forza B, sotto la guida di una pattuglia dei LRDG, lasciano Il Cairo alla volta dell’oasi di Kufra.
5 settembre
a Kufra giungono anche 6 elementi dei SIG ed il tenente colonnello John Haselden, l’ideatore originale del piano, che assume il comando. Insieme partono per il viaggio di 600 miglia che li separava da Tobruk.
13 settembre
20:30: la RAF inizia i bombardamenti di routine a nord del porto di Tobruk (ma con due ore di anticipo sulla norma e con un numero superiore di aerei)
20:45: proveniente da Kufra la Forza B (circa novanta militari), con 3 dei 4 camion camuffati (uno lo lasciano fuori dalla base per utilizzarlo eventualmente quale mezzo di fuga) guidati dai 6 SIG, penetra facilmente attraverso i posti di blocco (presidiati sia da italiani che da tedeschi) che controllano l’ingresso alla base uccidendo alcune delle sentinelle. Occupano, senza fare prigionieri, un edificio che adibiscono a quartier generale. Durante l’azione uccidono anche i soldati tedeschi ricoverati in un ospedale da campo.
22:00: la Forza B inizia l’attacco sulla costa, isolano il settore di Marsa Sciausc prospiciente la baia dove era attesa la Forza E tagliando le linee di comunicazione (completando in questo l’opera iniziata dal bombardamento aereo). Cominciano a neutralizzare le batterie a partire dalla 825^: uccidono i serventi di una postazione, ma quando passano ad un’altra i serventi, pur colti di sorpresa, si difendono con lanci di bombe a mano e riescono a mandare una staffetta a dare l’allarme. Nelle ore successive continuano i combattimenti sostenuti soprattutto dai serventi delle batterie, da personale meccanico e amministrativo.
14 settembre
00:00:da una batteria italiana si levano finalmente due razzi rossi antisbarco.
tra i difensori si diffonde la notizia dell’attacco, ed anche la voce che gli inglesi non fanno prigionieri. Viene impartito l’ordine generale di prepararsi alla battaglia, ed alle batterie di prepararsi a sparare con i cannoni anche ad alzo zero.
la motozattera italiana Mz. 733 avverte via radio di aver avvistato e disperso un numero non precisato di motosiluranti nemiche che cercavano di forzare il blocco del porto: era l’aliquota della Forza C diretta contro il porto. Anche le Torpediniere Italiane all’ormeggio sparano nel buio. Alcuni piccoli mezzi da sbarco sono distrutti.
00:30: anche la motozattera Mz. 756 avverte di aver disperso natanti nemici in avvicinamento alla spiaggia, costringendoli a riprendere il largo. Trasportavano l’aliquota della Forza C di rinforzo per la Forza B che, impegnata nei combattimenti più del previsto, non è in grado di fare le necessarie segnalazioni.
02:00: la Forza B con la sua azione si sente padrona della spiaggia, quindi, nonostante l’assenza della Forza C, avverte via radio di dare inizio allo sbarco della Forza A
03:00: i caccia della Forza A si preparano per lanciare la prima ondata di sbarco forte di 300 Royal Marines imbarcandola su mezzi da sbarco, ma l’operazione è rallentata da problemi tecnici.
03:30: sulla spiaggia il tenente colonnello Haselden muore per un colpo alla testa.
03:40: termina il bombardamento della RAF, i mezzi da sbarco della Forza A si avvicinano a riva e le navi madre si allontanano per non essere scoperte. Prive di indicazioni dalla riva per l’assenza della Forza E, si dirigono verso una spiaggia alcuni km ad occidente del punto previsto.
04:00: in ritardo di diverse ore, solo pochi elementi della Forza E prendono terra e fuori area perché il Taku, il sommergibile che li trasportava, era stato avvistato durante la giornata da unità navali dell’Asse e quindi impegnato in azioni evasive. Non sapendo di essere alcuni chilometri ad ovest della zona prevista, fanno i loro segnali ai mezzi da sbarco, portandoli fuori rotta.
04:30:
solo a quest’ora una squadra di contrassalto del San Marco (a cui si erano uniti una cinquantina di carabinieri e marinai italiani e tedeschi) entra in contatto con gli attaccanti, impegnandoli in combattimento. Fino a quel momento gli scontri erano stati sostenuti dagli altri militari.
i 300 royal marines della prima ondata della Forza A si avvicinano alla spiaggia a Marsa El Auda e Marsa El Krisma, ma i reparti del San Marco e delle batterie costiere ormai li attendono ed affondano diversi natanti e disperdono gli altri. Alla fine, sbarcano in 150. Di questi solo alcuni riescono ad infiltrarsi. I più, bloccati ancora in acqua, sono costretti alla resa.
i caccia si riavvicinano alla costa per coprire lo sbarco con il loro cannoni e recuperare i naufraghi. Dal semaforo viene chiesto alla postazione contraerea della MILMART di puntare i fari verso mare e vengono così illuminate le navi di appoggio a un miglio e mezzo dalla costa con intorno diverse imbarcazioni da sbarco. Uno dei ct, il Sikh, è subito bersagliato dalle batterie costiere, mentre continuano i combattimenti sulla spiaggia.
05:00: il Sikh, colpito al timone, è immobilizzato. Lo Zulu si copre con una cortina di fumo e cerca prima di rimorchiare al largo il Sikh, poi di recuperare i naufraghi e infine, colpito più volte e con incendi a bordo, si allontana. A questo punto i britannici sbarcati sono allo sbando e cominciano i rastrellamenti da parte degli italiani per catturarli.
05:30:
all’alba lo sbarco ad ovest è fallito. Alle imbarcazioni in rada (torpediniere Castore, Montanari e Cascino) è impartito l’ordine di contrattaccare la flotta nemica in ritirata. Ma gli inglesi sono già in ritirata e troppo lontani, così si limitano a raccogliere i naufraghi inglesi ed i mezzi danneggiati. Le navi italiane scoprono la motosilurante MTB-314, costretta a incagliare sotto il fuoco della motozattera Mz. 756 ed abbandonata dal suo equipaggio a Marsa Umm el Sciausc. Il dragamine tedesco R-10 cattura un plotone di soldati britannici nascosti a bordo, e la prende a rimorchio. Anche due mezzi da sbarco, che tentavano di raggiungere Alessandria a lento moto, sono catturati dalle navi dell’Asse.
con le prime luci dell’alba un Macchi M.C.200 italiano parte in ricognizione, individuando la flotta avversaria in ritirata. Di ritorno, alle 5:55 si alzano in volo altri aerei per una ricognizione offensiva, durante la quale spezzonano e mitragliano le unità nemiche, affondando qualcuna di quelle minori.
07:00: l’ammiraglio Lombardi, comandante della base italiana, comunica a Delease che la situazione è ormai sotto controllo.
07.30 5 cacciabombardieri italiani Mc. 200 dell’8º Gruppo volo, decollati da Abu Haggag (Fuka) (oggi Aeroporto militare di Sidi Haneish) al comando del Cap. Vincenzo Sansone per compiere una ricognizione armata a nord di Ras Kenays, attaccarono 3 motosiluranti, in lat. 32° 30′ N, long. 27° 55′ N. I piloti sganciarono in picchiata 10 bombe da 50 kg sparando 3730 colpi con le mitragliatrici calibro 12,7, constatando che le 3 navi erano state colpite ed una di esse si era incendiata. Si trattava della Motor Torpedo Boat MTB 310, del ten. vasc. Stewart Lane, che rimase bloccata, per poi ricevere, il colpo definitivo dagli aerei tedeschi.
07:40: incalzati dai marò del San Marco, anche gli ultimi commando ad est della baia sono costretti alla resa. Tra gli inglesi chi ancora indossava divise tedesche cerca di disfarsene, indossando quelle dei commilitoni morti per evitare di passare per spia. Il Sikh affonda. Continua l’opera di recupero dei naufraghi.
09:00: mentre la flotta britannica sta cercando di riguadagnare acque amiche braccata dall’aeronautica dell’Asse, il Coventry ed i caccia superstiti ricevono l’ordine di tornare indietro per soccorrere lo Zulu. Il Coventry è subito colpito gravemente da bombe ed è abbandonato dall’equipaggio. Sarà affondata dallo stesso Zulu che sopraggiunge.
16:15: anche lo Zulu affonda.
All’imbrunire solo poche navi di piccolo dislocamento raggiungono indenni le acque amiche.
Uno sparuto gruppetto d’inglesi, esattamente 10 uomini della Forza B, riuscì a fuggire per la via del deserto. Solo in quattro però si ricongiunsero, due mesi dopo, con l’VIII Armata. Gli altri perirono di stenti o furono catturati da bande di nomadi ed uccisi o consegnati agli italo-tedeschi.
Il MTB 314, una barca britannica che era stata danneggiata e si era arenata durante la battaglia, fu catturata dal R-Boot tedesco R-10 all’alba con 117 marinai e soldati a bordo. Dozzine di marinai e marines britannici furono salvati dalle torpediniere italiane Castore, Cascino, una flottiglia di due dragamine tedesche e diverse chiatte a motore italiane, che catturarono inoltre un paio di mezzi anfibi che tentavano di raggiungere Alessandria a velocità molto bassa.(fonte)
Quaranta giorni dopo il viaggio di Mayr, tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942, verrà combattuta la seconda battaglia di El Alamein (o terza battaglia di El Alamein per quegli autori che chiamano la battaglia di Alam Halfa seconda battaglia di El Alamein). Lo scontro vedrà fronteggiarsi le forze dell’Asse dell’Armata corazzata italo-tedesca comandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery.(fonte)
[4] Giovanni Mayr. Segretario particolare del Segretario Generale del Ministero degli Esteri, Serafino Mazzolini.
Segreteria Particolare – Dopolavoro. Il Sottosegretariato è coadiuvato nella propria attività da una Segreteria Particolare retta dall’addetto consolare Giovanni Mayr; il Sottosegretariato, inoltre, presiede il Dopolavoro del Ministero, che annovera, fra i funzionari, il Console Luigi Bolla ed i Vice Consoli Franco Bobba e Luigi Rivieccio.(fonte)
Svolgerà il suo incarico presso la Villa Simonini a Salò, dal 30 settembre 1943 al 18 aprile 1945(fonte)