Relazione sui risultati di un’ispezione alle Bonifiche Pontine di Gian Francesco Guerrazzi, per conto di Ottavio Corgini Sotto Segretario di Stato per l’Agricoltura.
Roma 29 maggio 1923
Eccellenza
Le nostre rimostranze al Presidente delle “Bonifiche Pontine”, per l’ostinato ed irridevole ostruzionismo dell’Amm. Delegato alla nostra opera ispettiva, come per l’irriverente contegno del medesimo verso l’autorità dell’E.V., _ ebbero buono effetto.
Per volontà anche del Consiglio di Amministrazione delle B. P., il 21 corr., finalmente, fù possibile a noi di eseguire le nostre indagini senza impacci e senza le limitazioni, nel tempo e nella materia, che tanto audacemente, il comm. rag. Clerici3 pretendeva imporci.
La nostra poté svolgersi, quindi, in Roma alla sede sociale e nelle aziende nelle Pontine, con speditezza ed efficacia; e ciò, anche, perché venne delegato a fiancheggiarla, in luogo e vece del comm. rag. Clerici[1], il gr. uff. prof. Antonio Sansone[2] , di recente chiamato a far parte del consiglio delle B. P.
Potemmo, così, nel nostro lavoro, riguadagnar alquanto del tempo che dovemmo perder per giungere ad aver la necessaria libertà d’indagine.
Raccogliemmo importanti elementi, i quali in abbondanza comprovano quanto già le forzatamente incomplete indagini preliminari ci aveano fatto presentire _ come comunicammo alla E. V. con la nostra 28 / IV _ circa l’andamento della società sottoposta ad ispezione.
Tali elementi daran cospicua ed eloquente materia al verbale d’ispezione richiesto dal Regolamento: non che alla relazione con cui illustreremo i resultati della compiuta ispezione a V. E. Gli uno e l’altra saranno sollecitamente redatti, non appena il prof. Dino Taruffi, che dovette assentarsi, sarà di ritorno in Roma.
Frattanto, però, io credo assai opportuno che l’E. V. sia, per suo governo, senza indugio, informato dé principali resultati ottenuti dalla eseguita ispezione.
Nella nostra 28/IV segnalammo, fra l’altro, all’E. V. la nostra sorpresa grandissima ed il nostro invincibile sospetto per il fatto che i beni rustici della società B. P., che resultavano comprati per coplessive L 17,585,000, _ nei successivi bilanci sociali andassero crescendo immensamente di valore, fino ad essere inscritti nel bilancio del 1922 per L. 33, 562, 079,90.
Ora la ispezione ha appurato come il nostro sospetto non fosse affatto infondato, né senza ragione la nostra tanta sorpresa.
Infatti il valore di L. 33, 562, 079,90, attribuito ai beni rustici nel bilancio del 1922 è ottenuto non già aggiungendo al presso di acquisto l’ammontare delle migliorie e dei bonifici apportati alla proprietà _ ciò che sarebbe regolare _ Sibbene sopravalutando arbitrariamente il valore di detta proprietà per due diversi titoli. E cioè:
1o Anzitutto sopravalutando della somma di L. 5 milioni; la qual somma, a titolo di provvigione, si sono, in due volte, spartiti, in diversa misura, il Banco di Roma, il Banco Imprese e gestioni (amministrato dall’avv. Spigarelli membro del Consiglio delle B. P.) ed una Società Anonima Boomer (di cui è amministratore il comm. rag. Gino Clerici Amm. Del. delle B. P.).
2o In secondo luogo si sono sopravalutati i beni rustici della massima parte della somma complessiva di L. 7, 664, 612, 25 a titolo di Bonifica straordinaria; dopo averne accresciuto il valore di cospicue somme a titolo di Bonifica Idraulica e di Bonifica Agraria per complessive L. 2, 337, 279, 75 ed a titolo di Nuove Costruzioni per L. 2, 150, 094, 77.
Ma il più sorprendente Si è che sotto questo titolo di Bonifica Straordinaria vengono compresi titoli parziali di spesa che con la bonifica non hanno a che fare; e che non accrescono né punto né poco il vero valore degli immobili. Come ad es.: _ gran parte delle Spese Generali della sede e delle singole aziende, le ingenti perdite su coltivazioni _ quasi sempre passive anche per cifre enormi _ fantastiche somme per automobili, gli Interessi Passivi (per L- 1, 400, 000 ), altre cifre arbitrarie che assai probabilmente comprendono e nascondono la vera destinazione delle respettive somme.
Sotto lo stesso titolo di Bonifica Straordinaria sono perfino comprese L. 300 mila che si è attribuito il comm. rag. Clerici (assieme all’aumento del suo stipendio da L. 3 m a L. 5 m mensili) senza che vi sia traccia di automazione nei verbali del Consiglio di Amministrazione.
Non mi indugio ora ad enumerare a V. E. tutti gli sperperi amministrativi e gli errori tecnici delle B. P.
Sono fantastici!
E tanto più tali appariscono se si mettano a confronto i tanti milioni spesi con le bonifiche fatte; le quali interessano poco più di 1.500 ettari e pochi fabbricati nuovi.
Per coltivare (aratura, concimazione, sementa) intorno a 1000 ettari si sono spese L. 1, 008, 691, 97 –
Per l’allevamento di n. 7 stazzi si spendono L. 1800 mensili, per stipendi alle due persone che vi attendono!…
Che grandiosi sperperi sieno stati fatti dalle B. P., che iperboliche sieno le valutazioni de’ beni rustici è opinione autorevole pure dell’ing. Aldo Lisi, noto agricoltore di Ferrara. Costui venne incaricato, nello scorso marzo, dalla Presidenza delle B. P. di una relazione su la proprietà di questa.
Tale relazione valuta ” i lavori eseguiti ” a non più di L. 4 milioni; ed il valore venale degli immobili della società a non più di L. 26 milioni.
Lo stesso ing. Lisi stima eccesive le surriferite anticipazioni colturali; ciò che gli fa prevedere, anche per quest’anno una altra perdita grave.
Tutto quanto sopra spiega a sufficienza, io credo, come le B. P. abbian esaurito ogni disponibilità; come, pare, da un concetto sicuro dell attitudini tecniche ed amministrativr di questa società e della fiducia che merita da parte del Governo.
Col massimo ossequio
Della E. V.
Devoto
GianFiGuerrazzi
S. E.
Ottavio Corgini
S Segretario di Stato
per l’Agricoltura
Roma
Per completare il quadro informativo della storia familiare dalla quale proviene il documento specifichiamo che si tratta della famiglia Bellesia, originaria di Guastalla. Ottavio Corgini, che risulta essere il destinatario della relazione del Guerrazzi era il marito di una delle donne della famiglia Bellesia, per questo motivo la documentazione su Corgini è parte dell’archivio.
GUERRAZZI, Gian Francesco. – Nacque a Livorno il 5 ott. 1865 da Amelia Sanna e da Francesco Michele, nipote di Francesco Domenico…. Dalla seconda metà degli anni Novanta riprese in pieno l’esercizio della sua professione e nel contempo cominciò a interessarsi di questioni agrarie, amministrando direttamente i suoi poderi della fattoria di Cisanello, presso Pisa, dove cercò di introdurre miglioramenti e nuove tecniche di coltivazione. Pienamente assorbito da questo interesse, nell’ottobre 1904 coadiuvò lo statunitense D. Lubin nell’iniziativa di fondare, a Roma, un istituto internazionale di agricoltura. E quando più tardi il progetto si realizzò, egli venne chiamato a far parte del comitato direttivo permanente. …. Nel gennaio 1917 lo troviamo invece tra i fondatori dell’Associazione per la difesa dell’agricoltura nazionale, una organizzazione di matrice nazionalista che nel maggio seguente iniziò la pubblicazione di un suo organo di stampa, La Terra. … Dopo l’avvento al potere di Mussolini collaborò alla politica agricola del regime ricoprendo incarichi di un certo rilievo: già socio ordinario dell’Accademia dei Georgofili, ebbe parte nella fondazione a Firenze di un ente per l’incremento agrario in Toscana e, più tardi, nella costituzione di corporazioni agrarie di coloni e proprietari; fu inoltre eletto consigliere della Provincia di Pisa. …
Dalla voce GUERRAZZI, Gian Francesco a cura di Fulvio Conti – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 60 (2003). Fonte
Ottavio Corgini. – Nasce a Fabbrico (Reggio Emilia) il 23 marzo 1889. Deceduto a Roma il 12 dicembre 1968. Laurea in Scienze economiche e commerciali; Ragioniere, Funzionario di banca.
Fonte Camera dei Deputati. Portale storico 48 Interventi e citazioni
Il 29 maggio 1923 (Alfredo) Misuri pronunciò un discorso alla Camera che fece scalpore. … Nel discorso che fece, pur premettendo la sua fedeltà a Mussolini, Misuri criticò fortemente il suo entourage ed il clima di servilismo attorniante il Duce che portava ad una degenerazione del fascismo, causata anche da una crescita fino a mezzo milione di inscritti che avevano sopraffatto l’originario nucleo sano del movimento. Al termine di questo intervento molti deputati rimasero impressionati, fascisti inclusi: sei di questi, tra cui il sottosegretario all’ agricoltura Ottavio Corgini, si congratularono con lui. La sera stessa del suo discorso Misuri venne aggredito da un gruppo di squadristi, guidati da Arconovaldo Bonaccorsi, nei pressi di Montecitorio e bastonato al punto di dover essere ricoverato all’ospedale, per i forti colpi ricevuti al capo ed una ferita di pugnale alla mano sinistra.
Fonte Wikipedia, voce Alfredo Misuri
La sera stessa il M. fu aggredito nei pressi di Montecitorio e gravemente ferito da una «squadraccia» fascista, mentre i deputati di provenienza nazionalista che si erano congratulati con lui alla fine del suo discorso alla Camera furono tutti solennemente deplorati dalla giunta esecutiva del PNF; fra questi, l’on. O. Corgini, sottosegretario all’Agricoltura, costretto a dare le dimissioni, si avvicinò in forma sempre più esplicita al Misuri.
Dalla voce MISURI, Alfredo a cura di Mauro Canali – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 75 (2011). Fonte
Nel gennaio del 1924 Misuri fondò il movimento “Patria e Libertà”, di tendenza monarchica e nazionalista, assieme a Ottavio Corgini, Cesare Forni e Raimondo Sala, sindaco di Alessandria. Il movimento partecipò alle elezioni dell’aprile successivo – vinte dal Listone Mussolini – con un simbolo fatto da un’aquila e la stella a cinque punte; tuttavia, causa le violenze fisiche, Misuri e Corgini dovettero ritirarsi dalla competizione e il movimento poté presentarsi solamente in Piemonte e Lombardia ottenendo 18.062 voti (pari allo 0.3%) e un solo deputato: Cesare Forni eletto in Lombardia.
Fonte Wikipedia, voce Alfredo Misuri
Il M. e Corgini cominciarono a muoversi per riunirli tutti in un unico movimento e, vincendo le ultime remore, il 31 genn. 1924 fondarono una loro associazione costituzionale dissidente, Patria e libertà, dotata anche di un organo settimanale, Campane a stormo.
Il loro programma – che sosteneva «la più ampia libertà di pensiero, di associazione, di propaganda e di stampa» e si richiamava a un ipotetico fascismo delle origini –, si articolava in dodici punti, in cui venivano sostanzialmente ribaditi i principî fondativi di uno Stato monarchico-costituzionale di indirizzo liberale. Se è pur vero che tale programma si presentava come «una summa di vecchi luoghi comuni della tradizione liberale» (Zani, p. 400), si può cogliere, tuttavia, in alcuni passaggi una qualche consapevolezza di quanto il fascismo covava in nuce, cioè la sua forte vocazione all’occupazione totalitaria del potere.
Già in un primo bilancio, pubblicato nel dicembre 1924 su Campane a stormo, gli organizzatori furono costretti ad ammettere che, se i dissidentismi catanese e piemontese erano entrati a far parte di Patria e libertà, l’operazione era fallita con i fasci nazionali di Lumbroso e Forni. Di fatto, il progetto del M. e di Corgini di riunire in un unico organismo tutti gli insoddisfatti del fascismo, dando così forma politica al malessere di vasti strati della piccola e media borghesia, critici verso l’evidente incapacità del governo fascista di avviare il paese verso una reale normalizzazione, non decollò mai e già alla fine del 1924 si poteva concludere che la stentata vita di Patria e libertà si stava avviando alla conclusione.
Anche se molti dissidenti condividevano le critiche «alla degenerazione del fascismo, all’illegalismo, all’immoralità, alla violenza gratuita, alla contrapposizione del partito all’autorità dello Stato» (Zani, p. 414), tuttavia la fedeltà a Mussolini, da cui in tanti non seppero mai liberarsi, e una persistente ostilità per la democrazia impedì loro di seguire il M. e Corgini sul terreno di una democrazia liberale, considerata in sostanza vecchia e superata (Lombardi, p. 56).
Alle elezioni dell’aprile 1924 Patria e libertà non riuscì a raggiungere alcuna intesa né per la costituzione di un blocco da contrapporre al listone governativo, né per quella di un blocco astensionista, né, infine, il M. e Corgini poterono raggiungere un accordo elettorale con i due gruppi dissidenti – quello romano di G. Calza Bini e quello napoletano di A. Padovani – a loro più contigui. In conclusione, anche per la violenza della repressione esercitata da organizzazioni fasciste e prefetture sulla campagna elettorale dei dissidenti, il M. e Corgini finirono per decidere l’astensione del loro gruppo dalle elezioni.
Dalla voce MISURI, Alfredo a cura di Mauro Canali – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 75 (2011). Fonte
Sul tema:
La sfida del Clerici. La fallita bonifica capitalista dello stato fascista in Agro Pontino
Bonifiche pontine: La “malefica” è di Gino Clerici, non di Mussolini
La bonifica fascista dell’Agro Pontino non è stata la creazione di un demiurgo. È stata invece l’esito di una serie di eventi preparatori che questo saggio sviscera con puntiglio. Dal 1920, in un clima economico e legislativo favorevole, venne tentata una via imprenditoriale e capitalista alla bonifica, totalmente sposata dal nascente regime fascista. Per una congiuntura assai complessa, indipendente dalla volontà di Mussolini, si è poi voluto trasformare l’intera impresa in una grande opera di redenzione ed elargizione della terra ai contadini. Protagonista del tentativo capitalista la figura misconosciuta, eppure da portare sotto i riflettori della storia, di Gino Clerici, sinora ricordato solo come una sorta di faccendiere che voleva approfittare della situazione. Clerici non fu un pirata che la storia ha liquidato con l’oblio, ma l’artefice di un’avvincente operazione legata alla bonifica delle Paludi Pontine. L’Agro Pontino dunque deve in parte essere riletto riflettendo su questi eventi, che spogliano dalla retorica di regime e da una propaganda che dal 1931 racconta i fatti attraverso negazioni, errori, omissioni.
Di
LIDANO GRASSUCCI
fattoalatina.it
Sul tema:
LUCE SULL’ITALIA AGRICOLA
BONIFICA PALUDI PONTINE 1919 – 1929
L’Agro Pontino entrò nel Regno d’Italia nel 1871. Una palude malsana e disabitata che apparteneva alla famiglia Caetani. Idee ed esperienze in continua evoluzione portarono, attraverso una legislazione complessa, ad una serie di attività che si limitarono alla bonifica idraulica, anche per le resistenze dei latifondisti proprietari.
FONDO ARSIAL
Miscellanea. Lavori edili. Celebrazioni civili. Infrastrutture. Allevamento ed agricoltura. Emissario Torlonia. Cantine e cooperative. Corsi di formazione professionale
TITOLO ATTRIBUITO: Gruppi di uomini al lavoro, per la bonifica delle paludi pontine
- DATAs.d.
- stampa fotografica-b/n
- KEYWORDS Lazio-bonifica paludi pontine-Politica rurale del fascismo-Il regime fascista (1926-1935)
Fonte:
Arsial Archivio Luce
Sul tema:
Lo scandalo nelle Pontine : l’inchiesta del senatore Giovanni Cassis sulla società anonima Bonifiche Pontine
Dati bibliografici
Lo scandalo nelle Pontine : l’inchiesta del senatore Giovanni Cassis sulla società anonima Bonifiche Pontine, a cura di ERMINIA CICCOZZI; introduzione di AGOSTINO ATTANASIO, Latina: Archivio di Stato di Latina, 2004 (Carte Pontine, 1).
Quarta di copertina
Paludi pontine, 1919: Gino Clerici “si fermò in palude, vide l’abbandono delle terre, dei paesi, comprese quanto vi fosse da fare e s’interessò al problema. Ne parlò al Vicentini e gli espose il suo piano: comprare terre, servirsi delle provvidenze statali, migliorare i terreni e rivenderli a bonifica attuata”.
Nasce così, con il sostegno del Banco di Roma, la società Bonifiche Pontine che acquisisce rapidamente quasi ventimila ettari di terra, diviene egemone all’interno del Consorzio di bonifica di Piscinara, ne avvia l’attività di bonifica tra “scandali” e polemiche minutamente descritte nella relazione, qui pubblicata, del senatore Cassis, cui Mussolini, nel 1923, affida il compito di guidare una commissione d’inchiesta sulla gestione della società.
Ma la relazione non racconta solo di speculazioni: la rilettura di questo importantissimo documento suggerisce forti legami con la più tarda bonifica fascista e con l’intervento dell’ONC, cui nel 1931 sono assegnate proprio le terre messe insieme da Gino Clerici dieci anni prima.
Con questo volume l’Archivio di Stato di Latina avvia la pubblicazione della collana Carte Pontine. vi troveranno posto edizioni fonti, inventari e ricerche documentarie, affinché la storia possa avvalersi sempre di più delle carte d’archivio.
fonte
[1]. Gino Clerici. Luigi, chiamato Gino, “audace industriale milanese” come lo definisce Roberto Papini, è una figura singolare nella Roma degli anni venti: prende iniziative nel campo sociale, facendosi promotore dell’opera di bonifica delle Paludi Pontine, per poi ritirarsi subito dopo l’avvento del regime di Mussolini.
Fonte Archivio Fabrizio Clerici
In quegli stessi anni si tentava di risolvere il secolare problema del risanamento delle plaghe paludose e malariche della pianura Pontina: dal 1919 era operante la Società anonima bonifiche diretta da Gino Clerici, coadiuvato dal progettista ingegnere Angelo Omodeo; la Società però era stata investita da accuse e critiche che – provenienti soprattutto dai latifondisti coinvolti, come Gelasio Caetani, proprietario di vasti possedimenti della zona e ingegnere minerario – toccarono l’apice nel 1923. Caetani segnalò a Mussolini Prampolini che, già notato dall’agronomo Arrigo Serpieri, fu scelto come progettista della Bonifica pontina, gigantesca impresa alla quale si dedicò dal 1926 al 1939.
Dalla voce PRAMPOLINI, Natale a cura di Daniela De Angelis – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 85 (2016). Fonte
[2]. Antonio Sansone. … È stato, concretamente, il primo Direttore generale delle foreste e dell’Azienda speciale del Demanio forestale di Stato. Sotto la sua direzione, che va dal 1912 al 1919, inizia il vero decollo del Demanio forestale dello Stato. Le Foreste demaniali aumentano di numero e di superficie e molte di esse diventano, in tempi recenti, Parchi Nazionali o altre Aree protette. … Dopo il 1919, Sansone è chiamato a ricoprire il posto di Consigliere delegato e di Direttore generale dell’Opera Nazionale Combattenti, carica che tiene in tempi procellosi per la politica di quell’Ente, politica alla quale non si sente portato. Ritiratosi dall’Opera, deluso e amareggiato, diventa Consigliere di amministrazione della Società Paludi Pontine. Quivi la morte lo coglie, improvvisamente al tavolo di lavoro, negli ultimi giorni del settembre 1923.
Fonte A. Gabbrielli (a cura di) – Su le orme della cultura forestale. 2005. Pag 124 pdf