DOMANDA DI AMMISSIONE A SOCIO EFFETTIVO
Alla Spettabile
Federazione Nazionale Italiana fra Veterani Garibaldini
Sede Centrale – Piazza dell’Esedra, 10 – Roma (22)
Io sottoscritto, Legionario Garibaldino, Corizzato Antonio
figlio di Giovanni nato il 27 Agosto a 1943
(Provincia di Vicenza ) di professione falegniame
avendo fatte le Campagne di Guerra 1860[1] – 61[2] – 66[3]–
col grado di soldato volontario
a tenore delle decisioni adottate per l’ammissione alla Federazione Nazionale Italiana fra Vete-
rani Garibaldini, e presa esatta cognizione dello Statuto che regge la Federazione, domando di
essere inscritto come Socio.
Mi obbligo di pagare puntualmente e anticipatamente la quota annuale di lire cinque.
A richiesta fornirò prova delle Campagne di guerra fatte.
Invierò una fotografia adatta per tessera, firmata in modo visibile sotto la figura.
Dichiaro pure di sottopormi alle disposizioni tutte dello Statuto ed a quelle che potran-
no essere emanate dagli organi Direttivi della Federazione.
addì 1 Agosto 1925
FIRMA DEL DICHIARANTE
Corizzato Antonio
Domiciliato a Bologna (Provincia di )
Via Arienti N. 31
N. di iscrizione
Ammesso socio con deliberazione del Consiglio Nazionale il giorno
IL COMITATO DEI CENSORI
……………. …………….
…………….
IL PRESIDENTE
COMUNE DI BOLOGNA
MUSEO DEL RISORGIMENTO[4]
lì 18 – V – 28 (A – VI).
Chiar mo signor
Capitano,
Richiesto, non ho alcuna
difficoltà a dichiarare
che il padre della
signorina Bianca Corizzato
fu volontario garibaldino,
come provano documenti
qui contenuti.
Ora, poiché la detta
signorina versa in
povere condizioni
sarebbe buona cosa
che codesta onorevole
Federazione venisse
in di lei soccorso-
Abita in via Arienti,
31-
Nella fiducia che la
presente possa essere
presa in benevola
considerazione, me
le protesto obbli to
Il segretario
Giovanni Maioli[5]
a sinistra
Allegato:
Certificato di
nullatenenza
All’Ill mo signor
Cap no Ezio Garibaldi
Presidente della
Federazione Nazionale
Italiani Veterani Garibaldini
a Roma
Regia Tip. 3-1920 1000 II
Note a matita rossa Atti R 4.7.28
a matita blu 1202
Note
[1] 1860
Dopo l’armistizio di Villafranca, la maggior parte dei volontari si congedò; il Ministero allora con un decreto del 6 settembre ordinò lo scioglimento del Corpo e la formazione di una Brigata Cacciatori delle Alpi, costituita l’11 ottobre con il 1º Reggimento (dai soppressi 2º e 5º Reggimento, e le 4 compagnie di bersaglieri) a Como ed il 2º Reggimento (con i soppressi 1º, 3º e 4º reggimento e parte del battaglione adolescenti) a Bergamo. Il 14 maggio 1860 la Brigata Cacciatori delle Alpi ebbe poi nome di Brigata Alpi, reggimenti 51º e 52º del Regio Esercito, posta al comando del maggior generale Luigi Bianchis di Pomaretto. Il 51º e 52º furono integrati con la truppa (metà a testa) del battaglione Valtellinese sciolto solo il 20 maggio 1860. Stesso destino ebbero il 30 novembre 1859 artiglieria, genio, ambulanza e treno. Nel novembre vennero licenziate le guide a cavallo, andate con Garibaldi a Bologna. Il battaglione adolescenti, passati al 2º reggimento i giovani di età superiore ai 17 anni, andò con i rimanenti a Biella.
Venne il 9 febbraio 1860 considerato succursale del battaglione figli dei militari e fu sciolto il 1º gennaio 1861.Nel 1860 i veterani Cacciatori ed i loro ufficiali avrebbero fornito il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei mille. (fonte)
[2] 1861
Assedio di Gaeta. (5 novembre 1860 – 13 febbraio 1861 ) L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco piemontese. Tra tutti gli assedi subiti da Gaeta nella sua millenaria storia di fortezza militare fin dall’846, questo fu il più ingente per i mezzi militari impegnati. Il numero ufficiale delle vittime di questo assedio fu:
tra le file piemontesi: 46 morti, 321 feriti;
tra le file borboniche: 826 morti, 569 feriti, 200 dispersi.
Purtroppo non ci sono le registrazioni ufficiali di morti, feriti e dispersi tra la popolazione civile, che pure patì l’assedio.
Il 4 febbraio 1861 venne centrata dal tiro dell’artiglieria di Casa Occagno la polveriera Cappelletti, dove erano stipati 180 chili di polvere da sparo e solo grazie all’eroismo di alcuni artificieri si evitò che l’incendio si propagasse pure alla polveriera Transilvania. Il 5 febbraio 1861 alle ore 16 il magazzino delle munizioni della batteria S. Antonio esplose, creando una breccia nei bastioni di protezione larga circa 30-40 metri, la perdita di oltre 7 tonnellate di polvere da sparo e circa 42.000 cartucce da carabina e da fucile. Nel crollo morirono 316 artiglieri napoletani e 100 civili. Gli artiglieri piemontesi gioirono per il grave danno arrecato alle difese borboniche e incominciarono a gridare “Viva l’Italia!” così forte che si sentì fin dentro le mura di Gaeta. (fonte)
Assedio di Civitella del Tronto (1860-1861) fu uno scontro del Risorgimento, l’ultima battaglia che vide contrapposte le truppe dell’esercito sabaudo e quelle dell’esercito delle Due Sicilie, conclusosi tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Dopo tre giorni di bombardamenti, alle ore 11:00 del 20 marzo 1861, il maggiore Giovanni Raffaele Tiscar espose la bandiera bianca e proclamò la resa a nome dell’intera guarnigione. Tiscar, vice-comandante del forte, firmò la capitolazione congiuntamente al tenente colonnello dell’armata sarda Emilio Pallavicini. (fonte)
[3] 1866
La Terza guerra d’indipendenza italiana è un episodio del Risorgimento. Fu combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. Appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. Ebbe origine dalla necessità dell’Italia di affiancare la Prussia nel tentativo comune di eliminare l’influenza dell’Austria sulle rispettive nazioni. Dopo l’attacco della Prussia all’Austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell’aprile 1866, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Passato il confine, una parte dell’esercito italiano comandata da Alfonso La Marmora fu però sconfitta nella battaglia di Custoza. Né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché ad esso seguì per l’Italia un’altra sconfitta nella battaglia navale di Lissa. Fu invece una vittoria italiana la contestuale avanzata di Giuseppe Garibaldi nel Trentino, culminata nella battaglia di Bezzecca. (fonte)
[4] Museo del Risorgimento di Bologna
Il Museo Civico del Risorgimento di Bologna, inaugurato il 12 giugno 1893, dal 1990 si trova al piano terreno di Casa Carducci, ultima abitazione del poeta, ora monumento nazionale, in piazza Carducci 5. L’allestimento, che espone una piccola percentuale del patrimonio museale, segue un percorso articolato in cinque aree tematico-cronologiche che vanno dalla Rivoluzione Francese alla Grande Guerra, con una visione privilegiata rivolta agli avvenimenti ed ai protagonisti locali. L’allestimento inizia con il 1796 – anno dell’arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi a Bologna – e giunge al 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale. Particolare importanza è data alle vicende della città: le testimonianze dell’epopea risorgimentale sono collocate all’interno della storia di Bologna, vista in tal modo non più esclusivamente dal punto di vista militare ed eroico, ma anche nei suoi aspetti culturali, sociali, politici ed economici. (fonte)
[5] Giovanni Maioli
Animato da costanti ideali di fede nella patria, nell’avvenire suo concepito in un ambito di saggezza e di grandezza morale nella fraternità dei popoli, per essa versava il sangue e ne riceveva in campo i segni del valore, con l’anima di un soldato del Risorgimento. Poi vennero per lui i giorni tristi e della sua sofferenza per ingiustizia patita noi possiamo ben dir-e che gli fummo vicini. Scriveva a me il 3 febbraio dello scorso anno: «Placar gli animi, più che sia possibile, è una delle grandi opere, che vanno curate, più d’ogni altra». Qualcosa di analogo aveva detto allora ed era la sua immutata divisa. Tutti abbiamo conosciuto Giovanni Maioli, avuto prove della sua bontà, della modestia rara, dell’animo aperto, del sentire generoso; ed è non meno dell’azione pubblica nelle lettere che codesti pregi balzano vivi; ed io molti potrei estrarne dalle tante che di lui conservo con religione d’amore. Tra le più eloquenti quella in latino per annunciarmi il ritorno al Museo civico del Risorgimento, che in Bologna dirigeva dal 1931; e ne aveva fatto il centro di una più vasta ricerca, con le accessioni, e di richiamo alla migliore conoscenza di quegli eventi, di preparazione per la gioventù universitaria, e perciò di sua iniziativa dotato di un Bollettino, al fine di segnalare, riprodurre, illustrare carteggi, memoriali, documenti, cimeli, in quel tempio della gloria conservati (da ANTONIO MAMBELLI RICORDO DI GIOVANNI MAIOLI – Studi Romagnoli, 1962)(fonte)
Ezio Garibaldi
Ultimo figlio maschio di Ricciotti Garibaldi (1847-1924) e dell’inglese Harriet Constance Hopcraft (1853-1941) – prima di lui erano nati Rosa, Italia, Giuseppe, Ricciotti, Menotti, Sante e Bruno, Costante, dopo di lui Giuseppina –, nacque a Riofreddo, località situata a una sessantina di chilometri da Roma. Nel 1911 si iscrisse all’istituto industriale di Fermo, interrompendo gli studi per raggiungere la Legione garibaldina in Grecia nel 1912.
Ezio Garibaldi fu eletto deputato nel listone fascista nel 1929 e rieletto nel 1934.[9] Presidente della FNVG (Federazione Nazionale Volontari Garibaldini), aderì ufficialmente al Partito Nazionale Fascista, rompendo le relazioni con suo fratello Sante, emigrato in Francia, che aveva costituito alcune associazioni garibaldine di ispirazione antifascista nel paese transalpino. Subito dopo l’inizio della seconda guerra mondiale Ezio Garibaldi sostenne vigorosamente i Gruppi d’Azione Nizzarda (G.A.N.), fautori della riunificazione di Nizza al Regno d’Italia.
Fonte: wikipedia.org