Per Rico
Fiume 11- III – 46
Carissimi Anche a voi scrivo due parole giac-
ché avevo da scrivere a Renato. Sento con piacere che
state bene e che Fabrizio sta pure molto bene. Dio
voglia che tutto sia passato e non abbia altri malanni.
A Giuliana ho scritto per il 15, credo avrà ricevuto,
Renato e Carla si lagnano che non ricevono niente,
io rispondo sempre subito a tutti. Da Nino e Nora
non ricevo niente dopo gli auguri che ci hanno
mandato per l’anno nuovo. Grazie a Bice per la
sua rara lettera e grazie a tutti i figli, da Anna-
Maria ho avuto una lettera del 21 Febbraio.
Da Luisa ho pure avuto lettera con Berto[1] quando
egli era lì per la ricaduta. Ora speriamo stia
del tutto bene e possa esser forte da poter met-
tersi in viaggio per casa.
Come scrivo nella lettera di Renato, Ugo era
arrivato a Padova quando non c’era nessuno.
Sono momenti che vorrei avere continuamente
notizie di tutti invece la posta non va regolarmente.
Sono molto triste per la decisione presa da Ugo,
di dover presto adar via di qua, e noi cosa
faremo qui soli e vecchi come siamo?
Io cosa farò senza un viso buono dei miei?
non mi resta che morire e forse neanche in
quei momenti non avrei la consolazione di
vedere i miei cari perché si viaggia male e
rarissimo se tutti lontano.
È venuto il momento che non viviamo più che
per mangiare, senza far niente, la casa è in disordine, e tutta
rotta e trascurata, non ho più neanche una camera
in ordine, non ho più voglia di pulire e di te-
ner bene, non ho più regola, non ho più ordine,
tutto è cambiato. E dire che avrei potuto avere
una bella vecchiaia, vedendo tutti i figli ben
piantati, buoni, nuore buone affettuose, e
brave, e nipoti pure tutti bravi. La guerra
ha rovinato tutto[2]. Finisco perché comunico anche
a voi la mia grande tristezza.
Saluti da papà, Ugo, Linda che erano poco fa qui,
oggi è la festa di Linda, povera senza la presenza del suo papà. Da me saluti e baci a tutti voi,
aff. mamma[3]
Saluti a Carolina
Marzo 1946
Note
[1] Umberto D’Ancona. Nacque a Fiume il 9 maggio 1896 da Antonio e Anna Klas. A Fiume frequentò le classi elementari e il ginnasio conseguendo la maturità nel 1914. Iscritto alla facoltà di scienze naturali presso l’università di Budapest, nel 1916 si trasferì all’università di Roma. Interrotti gli studi, combatté sul Carso come ufficiale di artiglieria; ferito, fu decorato con una croce al valor militare. Ripresi gli studi naturalistici a Roma si laureò nel 1920 con lode, svolgendo la tesi sull’effetto dell’inanizione sul tubo digerente d’anguilla, sotto la guida di G. Cotronei, aiuto presso l’istituto d’anatomia comparata, allora diretto dallo zoologo G. B. Grassi. Iniziò la carriera scientifica come assistente presso il Regio Comitato talassografico italiano e presto fu nominato assistente presso la cattedra di anatomia comparata dell’università di Roma, dove fu aiuto del Grassi sino al novembre 1929, nell’antica sede di via de Pretis. Conseguì la libera docenza in anatomia e fisiologia comparata nel 1925 e, alla morte del Grassi nello stesso anno, ebbe l’incarico della direzione dell’istituto ove iniziò una intensa attività organizzativa e didattica. Quando Cotronei assunse la cattedra del Grassi, nel 1929, il D. ottenne l’incarico d’insegnamento presso l’università libera di Camerino dove si trattenne un solo anno, per trasferirsi poi in quella di Siena. Qui tenne prima l’incarico e poi la cattedra di zoologia e anatomia comparata.
Il 22 luglio 1926 sposò Luisa Volterra, figlia del matematico Vito Volterra, che fu sua collaboratrice per molti anni e da cui ebbe una figlia, Silvia.
Nel 1936 fu chiamato alla cattedra di zoologia a Pisa e l’anno seguente a quella di Padova, che tenne fino alla morte.
Ricca e molteplice fu l’attività organizzativa e la partecipazione a istituzioni nazionali e internazionali del D.: trasformò l’istituto di zoologia di Padova in uno dei più grandi ed attrezzati istituti policattedra italiani, rendendo operante l’orientamento associativo che era nei progetti della riforma universitaria. Nel 1940 fondò la stazione idrobiologica dell’università di Padova a Chioggia, che presto divenne un attivo centro di ricerca.
Numerose le crociere talassografiche di cui fu organizzatore particolarmente in occasione dell’Anno geofisico internazionale. Fu presidente di vari simposi, tra cui quello sulla “Classificazione delle acque salmastre” tenutosi a Venezia nel 1958 e quello internazionale su “Influenze metereologiche e oceanografiche sulle variazioni del livello marino”, sempre a Venezia nel 1962. Fu direttore del Centro studi talassografici del Consiglio nazionale delle ricerche a Venezia, presidente della Società internazionale di limnologia e del Consiglio generale della pesca nel Mediterraneo, membro del Comitato di perfezionamento dell’Istituto oceanografico di Parigi, delle Commissioni per la oceanografia e per il programma biologico internazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, del Comitato permanente per i congressi internazionali di zoologia, del sottocomitato per l’Oceanografia della N.A.T.O. Fu socio nazionale dell’Accademia nazionale dei Lincei e membro di numerosi istituti ed accademie. La Società zoologica francese e la Società ungherese di idrobiologia lo vollero tra i loro membri d’onore e l’Accademia delle scienze di Parigi tra i suoi soci corrispondenti.
I suoi interessi scientifici si estesero ai campi della fisiologia, dell’embriologia, dell’ecologia, dell’idrobiologia, dell’oceanografia, dell’evoluzione. In questa vastità di interessi la linea conduttrice, già segnata nei primi anni delle sue ricerche e forse nella sua giovinezza vissuta presso il mare di Fiume, rimarrà sempre la biologia marina.
Iniziato, ancora studente, da G. Cotronei e da G. B. Grassi allo studio delle anguille argentine e quindi della morfologia comparata dei Murenoidi, frequentò corsi di biologia marina a Helgaland e fu introdotto allo studio istologico dei Crostacei, nel laboratorio di Ramon y Cajal nel 1924 a Madrid, dove fruì di una borsa Rockefeller. Gli studi sulle anguille lo portarono ad estendere e approfondire le ricerche, iniziate da G. B. Grassi, sulla determinazione del sesso in questi pesci e poi sullo sviluppo delle gonadi dei Teleostei. In questo campo apportò un’impronta originale, definendo l’unitarietà strutturale e il tardo differenziamento sessuale dei Teleostei in genere, in contrasto col differenziamento precoce delle gonadi nei Selaci, negli Anfibi e negli Amnioti. Accanto alle ricerche istologiche – importanti quelle sulla struttura della fibra muscolare striata negli Artropodi e nei Vertebrati – notevoli sono gli studi citologici che il D. compì sul poliploidismo somatico, in particolare delle cellule epatiche.
Sempre presenti, nelle ricerche del D., l’interesse per la vita dei mare e i problemi dell’ittiologia e della pesca. La conciliazione della passione per la ricerca teorica e di laboratorio e l’impegno a contribuire all’incremento e allo sfruttamento della fauna marina e lacustre sono il peculiare segno della personalità scientifica del biologo fiumano. È proprio dalle ricerche sul patrimonio ittico dell’alto Adriatico che derivarono i suoi contributi più importanti nel campo teorico. Egli inizio con lo studio della stasi peschereccia durante il conflitto 1914-18, ed esamino analiticamente i dati sulle quantità di pesce dei mercati di Venezia, Trieste e Fiume. Notò che la sospensione della pesca spostava l’equilibrio biologico a favore delle specie predatrici e a svantaggio di quelle che si alimentavano di vegetali o piccoli invertebrati. Ne concluse che una pesca moderata determinava un equilibrio biologico marino molto più favorevole, per l’economia umana, di quello naturale. Queste ricerche ispirarono a Vito Volterra la teoria matematica nota come “legge delle fluttuazioni biologiche” che il D. svilupperà e tratterà estesamente nel suo libro La lotta per l’esistenza. Le formulazioni di Volterra-D. rappresentano un apporto significativo alla genetica ecologica, di grande importanza nel campo della dinamica e dell’evoluzione delle popolazioni naturali.
Grande è il contributo che il D. diede come docente alla biologia italiana; il suo testo Biologia e zoologia generale (Padova 1947) raggiunse la sesta edizione e il suo Trattato di zoologia (Torino 1953, 1960, 1966; traduz. spagnola: Tratado de zoologia, Barcelona 1959) vide postuma la sua terza edizione.
Di orientamento positivista, il D. era tuttavia consapevole dei limiti della metodica sperimentale e della necessità di intendere i problemi vitali nella loro specifica complessità.
La sua posizione in tal senso è ben esplicita in queste parole che il Battaglia riprende da un suo articolo del 1945 sul metodo di indagine in biologia: “di fronte alla tendenza meccanicista, che mira a ridurre tutti gli aspetti della vita i fenomeni fisici e chimici e a indagarli analizzando l’organismo nelle sue parti, nei suoi minimi costituenti, a scomporlo cioè nei suoi elementi costruttivi, nei quali si vuol rintracciare il segreto della vita stessa, non mancano le reazioni che tendono a riportare lo studio dei problemi vitali nella complessità dell’organismo e a individuare fenomeni propri della vita che sfuggono all’indagine fisico-chimica, a creare cioè, in contrapposto alla teoria fisica della vita, una vera teoria biologica. Tali tentativi … mirano ad equilibrare lo sviluppo delle nostre discipline e a metterci in guardia di fronte alle illusioni che possono sorgere dai brillanti successi conseguiti con l’applicazione integrale ed esclusiva della metodica sperimentale”.
Il D. trovava giustificato, entro quei limiti, contrapporre alla concezione micromeristica talune concezioni, come quella organismica di Bertalanffy o quella olistica di Durkeim o infine la Gestaltstheorie di Kohler. Restò tuttavia convinto che i fenomeni vitali fossero “suscettibili di indagini sperimentali nella misura in cui possono essere studiati come fenomeni fisici e chimici”.
Il D. è stato considerato dai suoi colleghi e dai suoi allievi sia in Italia sia all’estero, come lo zoologo italiano più completo negli anni del secondo dopoguerra. M. Benazzi, suo collega zoologo a Pisa, vide in lui la figura dello zoologo integrale, capace di dominare i più svariati settori della disciplina, e di farli convergere in una visione unitaria che potremo definire di ecologia sensu lato.
Morì improvvisamente, nel pieno della sua attività, a Marina Romea (Ravenna) il 24 ag. 1964.(fonte)
[2] Dopo l’invasione della Jugoslavia, con l’inserimento nella provincia del Carnaro dei «territori annessi del Fiumano e della Kupa» passarono sotto l’amministrazione italiana comuni in cui la lingua d’uso della maggioranza assoluta degli abitanti era quella croata e dove esigue minoranze italiane erano rilevabili solo a Sušak, Veglia ed Arbe. In tutto 24 comuni di cui riportiamo la denominazione croata seguita da quella italiana: Sušak-Sussa, Crnik Čavle – Zaule, Grobnik – Grobnico, Praputgnac-San Giuseppe, Jelenje-Cervi, Krašćica-Villacarsia, Bakar-Buccari, Kastav-Castua, Crni Lug-Bosconero, Čabar-Concanera, Draga-Valle, Osilnica-Vallombrosa del Carnaro, Plešće-Plezze, Gerovo-Gerovo, Prezid-Vallogiulio, Trava-Pratalto, Aleksandrovo-Ponte, Baška-Besca, Dobrinj-Feliciano, Dubašnica-Roveredo, Krk-Veglia, Omišalj-Castemuschio, Vrbenik-Verbenico, Rab-Arbe. Complessivamente, oltre 90.000 slavi, in prevalenza croati, che aggiunti agli altri 60.000 circa (definiti anche allogeni) esistenti sia nella vecchia provincia (dati del 1921) e sia nel capoluogo (dati del 1940) farebbero un totale di circa 150.000. Tra il giugno del 1940 (entrata in guerra dell’Italia) e il maggio del 1945 (insediamento del Comitato popolare di liberazione), stando alle rilevazioni sopra ricordate, la popolazione del capoluogo avrebbe avuto un calo di circa 15.000 unità e pur essendosi verificato un recupero di circa 3.300 unità (dovuto prevalentemente a rientri da prigionia o dal servizio militare in Italia e altrove) tra maggio e settembre dello stesso anno, si può affermare che si ebbe un calo definitivo della popolazione pari almeno al 22% e tale percentuale riteniamo abbia inciso prevalentemente sulla presenza italiana a Fiume riducendola di circa 7.000 unità. Tra il 1946 e il 1950, stando alle stime dell’Opera per l’assistenza profughi in Italia, più di 25.000 italiani lasciarono la città. In anni diversi e imprecisati, prima del 1943 e dopo il 1950, altre 6.000 persone circa se ne andarono. Le stime di cui sopra, estremamente prudenziali, dimostrerebbero una realtà, quella dell’esodo massiccio e spontaneo degli italiani da Fiume, che attende d’essere ancora oggi accuratamente studiata avvalendosi dei dati custoditi nell’archivio storico dell’anagrafe comunale della odierna città. Tale realtà è stata soggetta in epoche diverse a sopravvalutazioni e riduzioni improprie, determinate dalle suggestioni della passione politica, ma la sua reale dimensione, nell’attesa di più puntuali verifiche, ci sembra ragionevolmente molto vicina, salvo errori ed omissioni, almeno all’86% degli italiani presenti a tutto il 1940 nella vecchia Provincia del Carnaro così come questa era stata territorialmente delimitata nel 1925. Abbiamo motivo di ritenere che si ebbe a registrare anche un movimento migratorio, di slavi o di quanti venivano definiti «alloglotti», tra il 1943 e il 1945, ma su tale fenomeno non abbiamo a disposizione alcuna indicazione attendibile. L’attuale città di Fiume, oggi denominata Rijeka nell’ambito della Repubblica di Croazia, è inserita nella Contea litoranea-montana. Unita alla città di Sugak contava, nel 1991, 167.964 abitanti. Nel 1963 ne contava, sempre con Suiak 102.000 e da sola 87.000. Gli iscritti alle Comunità degli italiani sorte in comuni della ex provincia italiana del Carnaro erano, a tutto il 1996″: 4.697 a Fiume, 590 ad Abbazia e 209 a Laurana.(fonte)
[3] Anna Klas. Nata a Fiume il 16 giugno 1871. Moglie di Antonio D’Ancona che ha un laboratorio fotografico a Fiume. La lettera è indirizzata a Enrico (Rico) D’Ancona.