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Alberto Lumbroso. 17 gennaio 1931

    Alberto Lumbroso a Giulio Benedetti. 17 gennaio 1931

    Al Direttore dell’Ambrosiano
    Giulio Benedetti[1]

    17 gennaio A. IX

    Caro e chiaro Direttore
    Le mando un articolo documentato che risolve uno dei problemi più
    interessanti e più dibattuti dell’ultima Guerra. Non ho altro merito che quel=
    lo della fortuna poiché gli storici sono come i cacciatori che non possono am=
    mazzare la quaglia se non hanno la chance di averla a tiro di fucile. E in que=
    sto caso , come Ella vedrà, sono stato davvero fortunato. Pensando che Le fac=
    cia piacere di essere a conoscenza degli autorevoli consensi riscossi dagli
    articoli miei che Ella ha la benevolenza di pubblicare, Le trascrivo qui sotto
    la lettera testè ricevuta, scrittami da S. E. il Grande Ammiraglio Duca Tahon
    de Revel.
    Mi creda il Suo affezionatissimo[2]

    Capia*.

    Roma 15 gennaio 1931 . IX

    Barone illustre,
    Le ricambio sentitamente gli auguri gentilissimi.
    Ho letto il forte Suo articolo dell’Ambrosiano[3] su “Alessandro di
    Serbia[4] e il Duca degli Abruzzi[5]”.
    Sono sicuro che non mai finiranno di mentire od almeno sino a quan=
    do la menzogna sarà utile alla loro politica avversa all’Italia.
    Qualche volta il tempo è galantuomo !
    Cordialmente
    PAOLO DI REVEL[6]


    Note

    *Copia

    [1] Giulio Benedetti. Roma, 10 novembre 1893 – San Remo, 1969) è stato un giornalista italiano.
    Biografia. Legionario fiumano, fu direttore del quotidiano La vedetta d’Italia a Fiume durante la reggenza italiana del Carnaro.
    Dal 1919 al 1921 fu direttore del quotidiano La terra, poi dal 1922 redattore capo del Resto del Carlino, poi dal 1926 condirettore del Secolo di Milano. Fu direttore del quotidiano L’Ambrosiano dal 1930 al 1943 e della rivista cinematografica Primi piani (1936-1937).
    Nel dopoguerra fu inviato speciale e redattore capo del settimanale Tempo (1946-52).

    Onorificenze
    Decorato con la medaglia di bronzo per atti di valore compiuti durante la Prima guerra mondiale;
    Cavaliere dell’Ordine sabaudo di San Maurizio e Lazzaro;
    Cavaliere, commendatore e grand’ufficiale del Regno d’Italia;
    Commendatore del Regno di Romania.(fonte)

    [2] Alberto Emanuele Lumbróso. Pubblicista italiano (Torino 1872 – Santa Margherita Ligure 1942), figlio di Giacomo. Partecipò alla guerra del 1915-18 come volontario, e dal 1916 al 1918 fu addetto militare aggiunto in Grecia. Bibliofilo e letterato, donò alla Biblioteca Nazionale di Torino, dopo l’incendio del 1904, tutta la sua biblioteca, particolarmente cospicua per la parte napoleonica. Diresse dal 1903 la Revue napoléonienne, poi la Rivista di Roma. I suoi studî di storia più noti, oltre quelli relativi alla guerra mondiale, riguardano appunto l’età napoleonica. © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani – Riproduzione riservata (fonte)

    [3] L’Ambrosiano fu un quotidiano pubblicato a Milano, dal 1922 al gennaio 1944.
    Storia
    Fondato dal futurista Umberto Notari, fu rivolto alla media borghesia milanese. Il primo numero del quotidiano uscì il 7 dicembre del 1922. Il giornale si notava poiché la testata era stampata in rosso. Nel 1925 Notari fu costretto a vendere la maggioranza delle azioni a un gruppo finanziario guidato da Riccardo Gualino. Da quel momento L’Ambrosiano divenne un quotidiano di regime.
    Giornale del pomeriggio, adottò una veste grafica fortemente innovativa per l’epoca. Il giornale introdusse diverse innovazioni, sia nei contenuti sia nell’impaginazione. In terza pagina, spazio solitamente serioso riservato agli elzeviri ed ai pezzi d’arte, sull’Ambrosiano apparvero pagine monotematiche, dedicate di volta in volta a letteratura, musica, arte e sport. La quarta pagina, all’epoca non valorizzata (vi apparivano notizie brevi e comunicati commerciali), fu realizzata interamente con fotografie, su avvenimenti e costume.
    Nel 1930 la proprietà fu rilevata dalla Società Anonima Milanese Editrice (SAME), presieduta da Arnaldo Mussolini. All’inizio del nuovo decennio L’Ambrosiano introdusse una pagina letteraria ogni mercoledì, inaugurando una tradizione che fu ripresa poi da molti altri giornali. Quotidiano sempre aperto all’innovazione, nel 1938 fu sperimentato anche il cambiamento del formato, adottando un tabloid, con il raddoppiamento della foliazione a 12 pagine.
    Titolari della critica letteraria furono Gino Saviotti, Luciano Nicastro ed il giovane Guido Piovene, all’inizio di una lunga carriera giornalistica. La critica d’arte fu affidata a Carlo Carrà; il critico musicale fu Adriano Lualdi. Sulle pagine dell’Ambrosiano scrissero autori che poi divennero celebri:
    Carlo Emilio Gadda, che si occupò di edilizia e di vita milanese. Sul quotidiano pubblicò le prose che poi raccolse nel Castello di Udine (1934);
    Alfonso Gatto, che scrisse di poesia;
    Elio Vittorini, che spaziò dalla letteratura all’architettura;
    Gaetano Afeltra, Riccardo Bacchelli, Camilla Cederna, Ada Negri, Delio Tessa e Salvatore Quasimodo.
    Il giornale fu soppresso il 18 gennaio del 1944 e venne sostituito il 23 gennaio da «La Repubblica Fascista».(fonte)

    [4] Alessandro I di Serbia. Alessandro I Obrenović (in serbo Александар I Обреновић?, Aleksandar I Obrenović; Belgrado, 14 agosto 1876 – Belgrado, 11 giugno 1903) dal 1889 al 1903 è stato re dei Serbi. Fu l’ultimo sovrano della casata degli Obrenović, venendo assassinato assieme a sua moglie la regina Draga Mašin in una congiura ordita da un gruppo di ufficiali. In tal modo alla guida della Serbia, eretta a monarchia costituzionale, salì la Casata dei Karađorđević.

    Nel maggio del 1887 re Milan I e sua moglie Natalija, dopo anni di conflitti sia personali sia politici, decisero di separarsi. La regina Natalija portò con sé il giovane Alessandro nel suo esilio volontario in Crimea, dove i due furono accolti entusiasticamente. Due mesi più tardi fecero ritorno a Belgrado, per partire di nuovo alla volta dell’impero austro-ungarico in agosto.
    A ottobre dello stesso anno, re Milan volle tentare una riconciliazione con la moglie per riavere con sé l’erede al trono, e si recò a Budapest per incontrarli. Alessandro, con il consenso paterno, viaggiò in Italia insieme con la madre, ma non fece ritorno in Serbia: fu portato, invece, dalla regina a Wiesbaden; per farlo tornare in patria, dovette intervenire la polizia tedesca che, su richiesta del sovrano serbo, lo sottrasse alla madre nel luglio del 1888. Re Milan, successivamente, chiese e ottenne il divorzio dalla moglie.

    Nel gennaio 1889 il Parlamento era intento a modificare la Costituzione. In una delle sessioni di voto, i radicali filo-russi, contrari alle politiche filo-austriache di re Milan, riuscirono a inserire una nuova norma sulla successione al trono, dichiarando Alessandro unico erede legittimo, estromettendo dichiaratamente gli eventuali nuovi figli che Milan I avesse avuto nel caso si fosse risposato. Questo atto era un’aperta dichiarazione di sfiducia nei confronti della politica dinastica del sovrano, a favore della regina Natalija.
    Ascesa al trono. Il 6 maggio 1889 Milan I abdicò improvvisamente e partì per Parigi, dove visse da privato cittadino. Alessandro, all’epoca tredicenne, divenne re, ma fu posto sotto l’autorità di un Consiglio di reggenza, presieduto dal politico liberale Jovan Ristić, fedelissimo di re Milan. L’ex-re aveva stabilito che Alessandro fosse tenuto lontano dall’influenza della madre, che poteva vederlo solo con il suo permesso e lontano dal palazzo reale. La tenacia della regina, però, fece sì che le visite fossero più frequenti e che si svolgessero a corte.

    Nel 1891 fu formato un governo radicale, che si mise spesso in contrasto con la reggenza, che era d’ispirazione conservatrice. Nel governo e nel parlamento prevalsero gli elementi più radicali rispetto ai moderati, e l’amministrazione dello stato si andò via via paralizzando. Si fece un grande ricorso all’emissione di titoli di stato per finanziare la spesa pubblica, e il debito nazionale crebbe moltissimo. L’amministrazione perse gran parte della propria autorità e il brigantaggio divenne dilagante.

    Nel 1892 i reggenti sfiduciarono il governo radicale e chiamarono i liberali alla guida di un nuovo esecutivo. Così, con la reggenza conservatrice, il parlamento radicale e il governo liberale, la situazione politica si paralizzò completamente. Il 1º aprile 1893 Alessandro, ancora sedicenne, decise di affrancarsi dalla reggenza. Fece rinchiudere tutti i membri del Consiglio e i ministri all’interno del palazzo reale e si autoproclamò maggiorenne.
    Regno. Preso pienamente il potere, re Alessandro sciolse il governo liberale e diede nuovamente il potere ai radicali. La Russia, così, estese sulla Serbia la propria influenza politica. Nel gennaio del 1894 richiamò a Belgrado suo padre Milan, che nel 1892 aveva perfino rinunciato alla nazionalità serba pur di rimanere lontano dagli affari politici del proprio paese. Il 21 maggio, con un nuovo colpo di mano, abolì la Costituzione liberale del 1889, ripristinando quella più conservatrice del 1869. La legislatura parlamentare fu allungata da tre a cinque anni, il reato di lesa maestà vide inasprite le pene, la libertà di stampa fu ridotta. Furono portate avanti politiche per favorire il commercio e l’agricoltura. Con queste politiche l’economia della Serbia crebbe immediatamente e la paralisi amministrativa cessò del tutto.

    Nel 1897 l’esercito greco di Giorgio I e quello ottomano di Abdul Hamid II si affrontarono in battaglia. In gioco c’era l’indipendenza dell’isola di Creta dalla Turchia. Nonostante la grande eco internazionale di questo conflitto, Alessandro decise di rimanere neutrale. Nello stesso anno, nominò suo padre nuovo capo dell’esercito, probabilmente per diminuire l’influenza militare russa sulla Serbia. La politica estera, sotto l’influenza di re Milan, fu tesa a mantenere buone relazioni con l’impero austro-ungarico e per questo motivo sia l’impero russo sia il principato del Montenegro allentarono i propri rapporti sia politici sia economici con il regno di Serbia.

    Matrimonio. Nell’estate del 1900 Alessandro annunciò il proprio fidanzamento con la nobile vedova Draga Mašin, che era stata dama di compagnia di sua madre, la regina Natalija. Re Milan, che si trovava a Karlovy Vary per trovare tra la nobiltà tedesca una moglie per Alessandro, e il primo ministro Vladan Đorđević, che presenziava in rappresentanza della Serbia all’Esposizione Universale di Parigi, non furono nemmeno consultati. Milan I e sua moglie Natalija, con cui si era riconciliato, protestarono aspramente e Đorđević si dimise. In molti ambienti la decisione di sposare la signora Mašin fu osteggiata e anche i sindacati protestarono violentemente.

    Draga Mašin aveva dodici anni in più di Alessandro, era vedova di un ingegnere civile ceco e aveva la fama di seduttrice: per questo era giudicato inopportuno che il sovrano la prendesse in moglie. Le veementi proteste di Milan I e della regina Natalija valsero loro l’esilio. Nonostante i grandi sforzi, Alessandro trovò notevoli difficoltà nel formare un nuovo governo. Il solo che si congratulò per la decisione fu lo zar Nicola II, il che determinò un nuovo riavvicinamento con la Russia e una pacificazione delle proteste sindacali. Il matrimonio fu celebrato nel mese di agosto.

    Politica di riconciliazione

    Le forti tensioni interne dovute allo scandalo del matrimonio reale indussero Alessandro a intraprendere molte nuove riforme per riconciliare a sé la nazione. Innanzitutto, strinse un forte patto d’amicizia con l’impero russo per assicurarsi la sua protezione e una politica estera sicura, poi diede vita a notevoli modifiche istituzionali e politiche. Nel 1901 promulgò una nuova Costituzione più liberale, in cui comparve per la prima volta un sistema parlamentare bicamerale, fondato sull’Assemblea nazionale e sul Senato; fu allargata la libertà di stampa.

    Il nuovo sistema parlamentare riconciliò i partiti politici con il sovrano, ma la libertà di stampa fu utilizzata per criticare apertamente sui giornali sia il re, sia soprattutto la regina Draga, la quale convinse Alessandro a nominare uno dei suoi fratelli erede provvisorio al trono. I fratelli di Draga erano assai impopolari, soprattutto erano mal visti dall’esercito, nei ranghi del quale cominciò a serpeggiare una volontà di rivolta.
    La difficilissima situazione interna della Serbia vide la Russia e l’Austria assolutamente indifferenti dei destini di Alessandro che, divenuto del tutto impopolare in patria, smise di essere difeso anche in campo internazionale.
    L’istituzione del Senato si rivelò un passo falso per Alessandro. La sua autonomia, infatti, era molta, e il re si sentì minacciato. Nel 1903 sospese la Costituzione giusto il tempo per decretare decaduti i senatori più anziani e i consiglieri più indipendenti e per sostituirli con suoi fedelissimi: ciò irritò i partiti e gli uomini politici.
    Consapevole della sua crescente impopolarità, Alessandro meditò di divorziare dalla regina Draga; contemporaneamente, decise di impegnare la Serbia in una campagna militare a fianco della Bulgaria per liberare la Tracia e la Macedonia dal dominio ottomano.

    Assassinio e morte

    Dopo l’estromissione dei senatori e dei consiglieri più critici, Alessandro riuscì a creare un governo che gli fosse fedele. Nonostante avesse stabilito in via provvisoria che un fratello della regina avrebbe preso la corona di Serbia dopo la propria morte, in accordo col governo stabilì che il secondo figlio di Nicola I del Montenegro, il principe Mirko, divenisse il legittimo erede al trono di Serbia nel caso la coppia reale non avesse avuto figli.
    Gli alti ranghi dell’esercito, guidati da Dragutin Dimitrijević, tra i quali si era man mano fatta avanti l’idea di un colpo di Stato, decisero di porre fine all’insicurezza dinastica e alle politiche del sovrano, mettendo sul trono Pietro Karađorđević, figlio del vecchio principe Aleksandar. All’alba dell’11 giugno 1903 i soldati circondarono il palazzo reale, un gruppo di ufficiali appartenenti alla società segreta Mano Nera (Crna Ruka) (Црна рука), guidati dal capitano Dragutin Dimitrijević, vi fecero irruzione e catturarono Alessandro e Draga, che si erano nascosti negli appartamenti privati. I due sovrani furono uccisi, i loro corpi mutilati e i resti gettati a pezzi dalle finestre del palazzo. Furono sepolti nella chiesa di San Marco a Belgrado.

    L’Assemblea nazionale e il Senato ripristinarono la costituzione del 1889 e ratificarono l’ascesa al trono di Pietro I.(fonte)

    [5] Luigi Amedeo di Savoia-Aosta. Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di Savoia, I duca degli Abruzzi (Madrid, 29 gennaio 1873 – Villaggio Duca degli Abruzzi, 18 marzo 1933), è stato un nobile, ammiraglio, esploratore e alpinista italiano. Uno dei più celebri membri della famiglia reale italiana, nel giro di poco più di un decennio, tra il 1897 e il 1909, ha compiuto le spedizioni che lo hanno reso internazionalmente celebre: nel 1897 la prima ascensione del Monte Saint Elias, in Alaska; nel 1900 la spedizione al Polo nord (a bordo della nave Stella Polare) che raggiunse la latitudine Nord più avanzata dell’epoca; nel 1906 l’esplorazione del massiccio africano del Ruwenzori e l’ascesa delle sue cime maggiori; nel 1909 la spedizione nel Karakorum, con il fallito tentativo di ascesa del K2 e il nuovo record mondiale di altitudine.

    Durante la Prima guerra mondiale è stato al comando della flotta alleata. In seguito, si è dedicato fino alla sua morte a un innovativo progetto di sperimentazioni agricole e di cooperazione con popolazioni locali in Somalia.

    Biografia

    1873-1891: infanzia e formazione

    Essendo il primo figlio maschio nato dopo l’ascesa al trono del padre, viene investito del titolo di Infante, ma la sua nascita avviene in un momento critico per il regno di Spagna, in una situazione di massima insicurezza, con il paese sul punto di esplodere. La solenne cerimonia del suo battesimo è in effetti l’ultimo evento ufficiale a cui Amedeo I presenzia nel ruolo di re di Spagna: l’11 febbraio, quando il figlio neonato ha solo quattordici giorni di vita, pone fine al suo regno breve e tormentato con la propria abdicazione.

    La famiglia rientra quindi a Torino e si stabilisce nel palazzo Cisterna. Luigi ha poco più di tre anni e mezzo quando nel novembre 1876 muore, a soli trent’anni, la madre Maria Vittoria, di salute cagionevole. E ne ha appena sei e mezzo quando nell’agosto 1879 viene arruolato come mozzo nella Regia Marina, per ricevere un’educazione militare, come da tradizione per i principi della casa reale, destinati a ricoprire alti gradi nelle forze armate.

    Luigi trascorre gran parte delle sue vacanze in montagna, coltivando una passione condivisa da molti membri della famiglia reale, in particolare dalla principessa Margherita, dal 1878 regina d’Italia, che dedica una particolare cura ai tre nipoti rimasti senza madre. Durante l’estate Amedeo affida i figli allo scienziato e frate barnabita Francesco Denza, che li introduce alla pratica sportiva dell’alpinismo intesa come strumento didattico per l’apprendimento delle scienze naturali e l’arricchimento spirituale.

    Nel dicembre 1884 diviene allievo di prima classe della Regia Accademia Navale di Livorno e si imbarca a bordo della fregata Vittorio Emanuele, condividendo studi e addestramento con un altro figlio illustre, il coetaneo Manlio Garibaldi, figlio dell’eroe risorgimentale, dimostrandosi un buon allievo, con una media di voti sopra i 16/20.

    Nel luglio 1889, a soli sedici anni, viene nominato guardiamarina nel Corpo dello Stato Maggiore generale della Regia Marina e si imbarca sul brigantino Amerigo Vespucci, con cui compie la sua prima navigazione intorno al mondo, durante la quale conosce il tenente di vascello Umberto Cagni, fedele compagno di quasi tutte le sue future esplorazioni. Nel febbraio 1891, al suo rientro in patria dopo un viaggio durato quasi un anno e mezzo, è diventato sottotenente di vascello e, in seguito alla morte del padre avvenuta nel gennaio 1890, è stato nominato da re Umberto I duca degli Abruzzi.

    1892-1896: le salite sulle Alpi, il primo contatto con l’Africa e la seconda circumnavigazione del globo

    Dopo il viaggio del Vespucci, Luigi compie brevi crociere sulla nave scuola Venezia e sulla torpediniera 107 S. Si ritrova ad avere a disposizione abbastanza tempo per poter compiere tra il 1892 e il 1894 numerose impegnative ascensioni sulle Alpi, nel gruppo del Gran Paradiso, del Monte Rosa (Punta Dufour, Punta Gnifetti), nel Massiccio del Monte Bianco (Dente del Gigante, Aiguille du Moine, Petit Dru), accompagnato da guide quali Emile Rey di Courmayeur e Jean Antoine Maquignaz di Valtournenche. La più importante è, nell’agosto 1894, la salita del Cervino lungo la Cresta di Zmutt, insieme ad Albert Frederick Mummery, che aveva aperto la via nel 1879, a John Norman Collie e alla guida Joseph Pollinger, che gli vale la presidenza onoraria della sezione di Torino del CAI e l’ammissione nell’elitario Club Alpino Britannico. Il sodalizio alpinistico con Mummery non potrà però avere seguito, perché il celebre scalatore britannico muore nell’agosto 1895 durante il primo tentativo di ascesa del Nanga Parbat.

    Nel giugno 1893 Luigi è assegnato come ufficiale in seconda alla cannoniera Volturno e nel giro di due mesi è promosso al grado di tenente di vascello. In settembre la nave è inviata in Somalia per sedare dei disordini e rimane a presidiare per un mese il porto di Mogadiscio, concedendo a Luigi la possibilità di avere un primo contatto con una terra di cui si innamora subito e a cui dedicherà gli ultimi anni della sua vita fino a considerarla la sua vera casa e a scegliere di morirvi.

    Il 4 novembre 1894 salpa da Venezia sull’incrociatore Cristoforo Colombo per una missione diplomatica che dura ventisei mesi e che gli consente di compiere la sua seconda circumnavigazione del globo. Nel corso di questo viaggio, sbarcato a Victoria, nella British Columbia, viene a conoscenza dell’esistenza nella regione tra Alaska e Yukon di una cima inviolata di 5.489 metri, il Monte Saint Elias. Durante una sosta di un mese a Calcutta, viaggia attraverso l’India insieme ai colleghi ufficiali Umberto Cagni e Filippo De Filippi arrivando fino alle prime propaggini dell’Himalaya, da cui può vedere a distanza per la prima volta un ottomila, il Kangchenjunga.

    1897-1898: la spedizione al Monte Saint Elias e le nuove ascese sulle Alpi
    el 1897, rientrato dal giro del mondo, Luigi può riprendere l’attività alpinistica. Scomparsa nel 1895 la fidata guida Emile Rey, comincia ad accompagnarsi a un’altra guida di Courmayeur, Joseph Petigax, che lo affiancherà non solo nelle successive ascensioni alpine, scalando insieme cime inviolate, ma anche in tutte le spedizioni extraeuropee, dall’Alaska al Karakorum.

    Il 1º agosto del 1897 la spedizione italiana capeggiata dal Duca degli Abruzzi e comprendente, tra gli altri, Umberto Cagni, Francesco Gonella, Filippo De Filippi e Vittorio Sella raggiunge per la prima volta la cima del Monte Saint Elias.

    Nell’estate 1898 scala due delle cime delle Grandes Jorasses, che battezza punta Margherita e punta Elena in onore, rispettivamente, della zia Margherita e della cognata Elena d’Orléans, e l’Aiguille Sans Nom nel gruppo dell’Aiguille Verte che battezza Aiguille Petigax.

    1899-1900: la spedizione al Polo Nord della nave Stella Polare
    Tra il 1899 ed il 1900 organizza la spedizione verso il Polo nord, che, il 25 aprile 1900, raggiungerà la massima latitudine artica di 86° 33′ 49″ a bordo della nave Stella Polare. A seguito dell’impresa viene promosso al grado di capitano di corvetta.

    1901-1905: la terza circumnavigazione del globo
    Tra il 1902 ed il 1904 affronta, per la terza volta, la circumnavigazione del globo a bordo dell’incrociatore Regia Nave Liguria.
    A Singapore incontrò l’esploratore Giovanni Battista Cerruti di Varazze, e a Tientsin arrivò dopo la Rivolta dei Boxer del 1900.

    1906: la spedizione al Ruwenzori
    Nel 1906, accompagnato dalle guide di Courmayeur Joseph e Laurent Petigax, Joseph Brocherel e César Ollier, esplora le maggiori vette del Ruwenzori, assegnandole i nomi “Margherita”, “Umberto” e “Alessandra”.

    1909: la spedizione nel Karakorum

    Nel 1909, accompagnato dalle guide di Courmayeur Joseph e Laurent Petigax, Joseph Brocherel e César Ollier, partecipa alla spedizione in Pakistan, sul massiccio del Karakorum, verso la vetta del K2.

    All’inizio degli anni venti, il Duca ebbe una relazione molto seguita dalla stampa italiana e d’oltreoceano, sempre attenta agli scandali che riguardavano le teste coronate, con una ricca ereditiera americana, Katherine Elkins figlia del re del carbone e dell’acciaio, il senatore statunitense Davis Elkins, ma il cugino del Duca, il Re Vittorio Emanuele III (e soprattutto la regina madre Margherita) non gli concesse il permesso di sposarla per motivi mai ben chiariti ed oggetto di varie illazioni sulla stampa dell’epoca. Fondamentalmente per non destare il sospetto che un principe di casa Savoia potesse contrarre matrimonio con una donna non di sangue blu per ipotetici motivi di interesse.

    1914-1918: la Prima guerra mondiale

    Sul fronte austriaco, il Duca degli Abruzzi (a sinistra, con divisa della Marina) testimonia il bombardamento della città di Gorizia, in compagnia del Conte di Torino (al centro) e del Duca d’Aosta comandante della III Armata (a destra)

    Allo scoppio della Prima guerra mondiale diviene comandante in capo delle Forze navali riunite con insegna sulla nave da battaglia Conte di Cavour distinguendosi nell’organizzazione dell’evacuazione di 185.000 profughi civili e militari serbi dalla costa albanese di cui 115.000 grazie alla flotta italiana. Viene in seguito rimosso dall’incarico per tensioni all’interno dello stato maggiore dovute a pressioni delle potenze alleate che volevano utilizzare la marina italiana a scopi puramente difensivi contrariamente a quelle che erano le intenzioni del Duca. La perdita di alcune navi, fra cui la corazzata Regina Margherita nel dicembre 1916, dopo l’urto contro due mine mentre tentava di uscire dal porto di Valona, portò alla decisione. La notizia della “rimozione” dall’incarico fu celata adducendo problemi di salute seguiti alla spedizione polare. Nel febbraio del 1918 viene promosso ammiraglio ma di fatto esautorato da incarichi operativi.

    1919-1933: gli anni africani e la sepoltura

    Intraprende in seguito un’operazione di una grande bonifica agraria in Somalia lungo la valle del fiume Uebi Scebeli di cui, nel 1928, nel corso della sua ultima esplorazione, scoprirà le sorgenti. Muore il 18 marzo 1933 nel villaggio “Duca degli Abruzzi” (oggi Johar), in Somalia, senza figli. Sembra che negli ultimi anni della sua vita, il Duca avesse una relazione con una giovane principessa somala di nome Faduma Ali. Secondo le sue volontà viene lì sepolto, sulle sponde del fiume Uebi Scebeli.

    «Preferisco che intorno alla mia tomba s’intreccino le fantasie delle donne somale, piuttosto che le ipocrisie degli uomini civilizzati.»

    (Luigi Amedeo di Savoia-Aosta prima della sua partenza da Napoli il 7 febbraio 1933)

    Nel 1992 la missione militare Restore Hope di supporto ai civili tentò di recuperare i resti del Duca per sottrarli al rischio di profanazione ma infine, su richiesta della popolazione locale (cui acconsentì anche Amedeo d’Aosta), ancora molto legata al ricordo di un uomo che portò loro una vita dignitosa, la tomba fu lasciata in Somalia.(fonte)

    [6] Paolo Thaon di Revel. Grande ammiraglio, cavaliere dell’ordine supremo della santissima Annunziata, commendatore dell’ordine militare di Savoia, grande ufficiale dell’ordine militare di Savoia, cavaliere di gran croce dell’ordine militare di Savoia, croce di guerra al valore militare (tre concessioni), cavaliere di gran croce dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, cavaliere di gran croce decorato del gran cordone dell’ordine della Corona d’Italia, cavaliere di gran croce decorato del gran cordone dell’ordine coloniale della Stella d’Italia, cavaliere dell’ordine civile di Savoia. Ministro della Marina, senatore del Regno.

    Eminente uomo di mare. Brillante stratega.

    Nato a Torino il 10 giugno 1859, entrò nel 1873 alla Scuola di Marina di Napoli per passare due anni dopo a quella di Genova, dove nel 1877 conseguì la nomina a guardiamarina.

    Da ufficiale subalterno, dopo brevi imbarchi sull’ariete corazzato Affondatore e sulla pirofregata corazzata Principe Amedeo, nel periodo 1879-1882 sulla corvetta a elica Garibaldi – al comando del capitano di vascello Enrico Costantino Morin, impegnata in un lungo viaggio di circumnavigazione del globo – maturò un’eccezionale esperienza i cui fatti più salienti furono la guerra fra il Cile e il Perù e il contributo dato alla riapertura del Canale di Suez alla navigazione internazionale durante la crisi provocata dalla rivolta antieuropea di Arabi Pascià.
    Dopo il rimpatrio, fu nel biennio 1882-1884 a bordo della fregata corazzata Venezia e quindi destinato a svolgere l’incarico di ufficiale d’ordinanza del principe Eugenio di Savoia Villafranca, incarico durante il quale fu promosso (1886) tenente di vascello.
    Seguì quindi una serie di imbarchi: ariete torpediniere Giovanni Bausan (1888), nave ausiliaria Città di Genova (1889), incrociatore torpediniere Montebello (1889-1891), con l’incarico di ufficiale in 2a e in comando, la torpediniera-avviso Sparviero (1893-1894), sulla quale si affermarono le sue doti di marinaio e di brillante manovratore, nonché la goletta scuola Palinuro (1894-1895), impegnata in due campagne alla vela dei mozzi e timonieri nel Mediterraneo e in Atlantico, dove mise in luce grande abilità e perizia marinaresca.
    Promosso nel 1895 capitano di corvetta, imbarcò sulla nave reale Savoia, e nel biennio 1895-1896 sull’ariete torpediniere Piemonte come comandante in 2a, durante la campagna nelle acque di Creta in occasione della crisi conseguente all’insurrezione anti turca.
    Dal 1896 al 1900 fu aiutante di campo effettivo del re Umberto, e nel grado di capitano di fregata fu tra il 1900 e il 1904 comandante in 2a della corazzata Ammiraglio di Saint Bon e comandante delle navi scuola Caracciolo Amerigo Vespucci.
    Nel 1904 fu promosso capitano di vascello, e con tale grado, dal 1904 alla fine del 1905, tenne il comando della Scuola macchinisti di Venezia, e quindi, fino al 1907, quello dell’Accademia Navale di Livorno, incarichi nei quali svolse un ruolo di primo piano nella formazione e nell’istruzione del personale della Marina a tutti i livelli.
    Durante tali destinazioni non si allontanò mai troppo dalle navi, in quanto imbarcò insieme agli allievi nelle annuali campagne d’istruzione estive, assumendone personalmente il comando.
    Dal novembre del 1907 al novembre del 1909 fu in comando della nuova corazzata Vittorio Emanuele col compito di seguirne le ultime e più delicate fasi dell’allestimento e di curarne l’entrata in linea nell’ambito della Forza navale del Mediterraneo, importante complesso operativo nazionale.
    Nel dicembre del 1908, in occasione del terremoto calabro siculo, l’equipaggio del Vittorio Emanuele sotto la sua attenta guida partecipò attivamente alle operazioni di soccorso, segnalandosi per la particolare attività nella ricostruzione di Villa San Giovanni e Cannitello, spazzate via dal maremoto; per questa operazione meritò la medaglia d’oro di benemerenza.
    Promosso nel 1910 contrammiraglio, nel febbraio del 1911 fu nominato aiutante di campo generale del re Vittorio Emanuele III, carica che mantenne fino alla fine di settembre per essere poi destinato al comando della 2a Divisione navale.
    Con la Divisione prese parte alla guerra nelle acque libiche: con gli incrociatori corazzati Giuseppe Garibaldi Francesco Ferruccio affondò nel porto di Beirut navi da guerra turche, prese parte al bombardamento di Tripoli e dei forti esterni dei Dardanelli, azioni per le quali meritò la commenda dell’ordine militare di Savoia.
    Dopo la cessazione delle ostilità con la Turchia ebbe la nomina a ispettore delle siluranti, che tenne fino al 1913, quando, nel marzo, dopo quarant’anni di carriera, tre anni di anzianità da contrammiraglio, all’età di soli 54 anni, raggiunse il vertice della gerarchia navale con la promozione a viceammiraglio e la nomina a capo di stato maggiore della Marina.
    In tale incarico impresse un forte impulso all’ammodernamento e potenziamento della Forza Armata, accrescendo la preparazione alla guerra, pose grande impegno nello sviluppo ed efficienza della giovane arma subacquea, migliorò le difese e gli ancoraggi della costa adriatica, in particolare di Brindisi e di Venezia, gettò le basi e seguì sempre da vicino lo sviluppo dell’aviazione navale e dei mezzi insidiosi per un più efficace rendimento bellico nel ristretto bacino dell’Adriatico.
    Entrata l’Italia nella guerra mondiale (24 maggio 1915), nell’ottobre del 1915, a seguito di contrasti sulla condotta della guerra marittima con il comandante in capo dell’Armata, viceammiraglio Luigi di Savoia duca degli Abruzzi e di alcuni sfavorevoli episodi bellici, nella posizione di ministro, che lo rendeva responsabile di una strategia che non condivideva, si dimise dall’incarico, venendo nominato comandante in capo del Dipartimento militare marittimo e della Piazza marittima di Venezia.
    In tale carica affrontò da subito la difesa contro le possibili offese nemiche (aeree, marittime e nel caso anche terrestri), mettendo a punto mezzi più idonei alla strategia che più si confaceva alla lotta nel bacino adriatico: mezzi leggeri e insidiosi – siluranti, M.A.S., mezzi d’assalto – in cui meglio si identificava la concezione della guerriglia navale da lui propugnata.
    Il 9 febbraio del 1917 riassunse l’incarico di capo di stato maggiore della Marina e di comandante in capo delle Forze navali mobilitate, potendo in tal maniera dare ampio sviluppo a quel tipo di guerra di cui aveva già gettato le prime basi e alla quale non erano mancati i primi efficaci risultati.
    Al ripiegamento sul Piave (novembre 1917) propugnò il mantenimento del possesso della laguna veneta, appoggiando con vigore la partecipazione della Brigata Marina sul fronte terrestre dell’ala a mare della III Armata.
    Fu tenace assertore dei diritti dell’Italia in Adriatico e irriducibile rivendicatore del comando italiano in questo mare, sventando con risolutezza i tentativi di un eventuale comando alleato.
    Senatore nel 1917, ammiraglio il 6 novembre 1918, fu il riconosciuto artefice della vittoria tutta italiana sul mare, per la quale meritò i riconoscimenti conferitigli, tra i quali, i più importanti, due croci di guerra al valore militare e la gran croce dell’ordine militare di Savoia.
    Alla fine del conflitto prese parte come rappresentante della Marina alla conferenza della pace; il 24 novembre del 1919 nuovamente e volontariamente si dimise da capo di stato maggiore e da comandante in capo delle Forze navali mobilitate e fu nominato ispettore generale della Marina e quindi, maggio 1920, presidente del Comitato ammiragli.
    Nell’ottobre del 1922 fu nominato ministro della Marina, rimanendo in carica fino al maggio del 1925.
    Come ministro si dedicò, in un periodo non facile dal punto di vista politico, sociale ed economico, all’opera di ristrutturazione della Marina, e in speciale modo al programma delle nuove costruzioni: sotto il suo ministero vennero infatti progettati i primi incrociatori tipo “Washington”, i due “Trento” e i primi grandi sommergibili.
    Quando nel 1923 fu costituita la Regia Aeronautica, che assorbì sotto un unico comando i mezzi e l’organizzazione delle Forze aeree della Marina e dell’Esercito, si prodigò per ottenere una consistente aliquota di mezzi aerei da porre sotto il controllo della Marina per la lotta sul mare.
    Nel 1923 gli fu conferito il titolo di “Duca del mare” e la croce di cavaliere dell’ordine supremo della santissima Annunziata, e nel 1924 fu promosso grande ammiraglio, unico nella storia della Marina a rivestire tale altissimo grado, rimanendo in tal modo in servizio a vita con un proprio ufficio al ministero, anche dopo aver cessato dall’incarico di ministro.
    Alla caduta del regime al governo – 25 luglio 1943 – fu dal Re nominato presidente del Senato, e alla proclamazione dell’armistizio (8 settembre 1943) le alte autorità della Marina trovarono nel suo consiglio l’appropriato appoggio morale che il momento storico richiedeva per le gravi e straordinarie decisioni da prendere.
    Dal gennaio del 1944 al giugno 1945 fu costretto a rifugiarsi in luogo sicuro fuori Roma per sal­vaguardare la propria libertà d’azione dalle forze germaniche occupanti e dalle autorità della R.S.I.

    Morì a Roma il 24 marzo 1948.

    Uomo fedele alle Istituzioni di cui fu profondo assertore e leale servitore.
    Dopo l’armistizio del settembre 1943 si ritirò in assoluto riserbo, in cui chiuse gli ultimi anni della sua vita.
    Mirabile figura di marinaio e di combattente che racchiuse nella sua lunga e operosa vita dedizione a abnegazione assoluta agli ideali di Patria e di Nazione.(fonte)