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Il tradimento di Graziani, dal Risorgimento Liberale, 1944

    Il Tradimento di Graziani, 1944
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    IL TRADIMENTO DI GRAZIANI

    Ecco un documento che rivela il contatto criminoso tra il maresciallo Graziani e il Comando militare tedesco per il disarmo e la deportazione in massa dei Reali Carabinieri di stanza a Roma, dopo l’occupazione della città da parte di Kesselring[1].

    Si tratta della circolare n. 1/1 di prot. riservata, in data 6 ottobre 1943, avente per oggetto il disarmo dei Carabinieri della città aperta di Roma, diretta ai Comandi della 2.a Divisione Carabinieri Podgora, della 4.a Brigata Carabinieri, delle Legioni Roma, Lazio, Allievi, delle caserme San Lorenzo in Lucina Podgora, Pastrengo, Saintfont, Scuola Colombo, Lamarmora, Giacomo Acqua, Scuola Ruspoli, Vittorio Emanuele, al Comando Gruppo interno ed esterno, ai Comandi Guerra, Marina, Aeronautica e per conoscenza al maresciallo Graziani e al generale Presti del Comando delle forze di polizia di Roma.

    La circolare riservata n. 1/1

    La circolare porta la firma del generale di brigata Casimiro Delfini. Eccone il testo:

    In conformità dei tassativi ordini di S. E. lì Maresciallo d’ Italia, Ministro della Difesa nazionale, Rodolfo Graziani[2], e di seguito agli accordi presi con le Autorità germaniche interessate, dispongo quanto segue :

    Ritengo doveroso premettere che l’ inadempimento delle disposizioni che seguono importa per i responsabili, esecuzione sommaria e arresto immediato delle loro famiglie.

    a) Alle ore 8.15 di domani 7 corr. tutti i militari in forza e presenti presso tutte le Caserme e stazioni della Città Aperta di Roma dovranno essere disarmati (nelle armi debbono essere comprese le bombe, munizioni, sciabole).

    b) Le armi dovranno essere tutte raccolte — comprese quelle delle armerie in adatto locale e poscia, con apposito specchio numerico, dovranno essere al comando di un ufficiale e con mezzi delle rispettive legioni (Roma – Lazio – Allievi) versate subito alla Caserme Castro Pretorio alle autorità tedesche ivi presenti previo rilascio di apposita ricevuta.

    c) Tutti i militari disarmati dovranno essere trattenuti, a cura dei Comandanti delle rispettive Caserme nei loro alloggiamenti e gli ufficiali dovranno tenersi — nessuno escluso — entro le predette caserme.

    d) Per eseguire il disarmo di cui sopra si eseguiranno le seguenti norme:

    1) Saranno del pari raccolti in caserma entro i limiti di tempo sopra fissati tutti i militari ammogliati, ufficiali compresi, domiciliati fuori caserma in modo da poter eseguire l’adunata tempestiva di tutti i presenti in caserma senza armi indosso. Poscia con apposite squadre di persone di fiducia saranno riuniti nel modo anzidetto tutte le armi.

    2) Alle ore 3 del mattino del 7 andante, dieci ufficiali, a cura della legione di Roma si troveranno pronti ad uscire dalla Caserma Podgora. Saranno ivi rilevati alla predetta ora da automobili della P. A. I. e condotti a Ponte Milvio, ove si troverà una autocolonna di trenta autocarri tedeschi. Con tali mezzi e sotto le direttive e responsabilità di ufficiali in parola dovranno eseguire il rilievo presso le stazioni dell’ Arma della Città Aperta di Roma di tutti i militari ivi tempestivamente raccolti a cura dei comandanti di gruppo interessati, per accompagnarli alle stazioni in parola a cura della P, A. I.

    3) Per le ore 8,45 infallantemente i singoli comandanti le Caserme comunicheranno per telefono al Comau(n)do Generale con fonogramma precedenza assoluta, l’andamento delle operazioni ed il numero delle armi già ritirate e degli uomini già disarmati. Per le ore li infallantemente gli stessi comandi riferiranno con eguale mezzo, le cifre definitive (uomini disarmati e armi raccolte).

    4) Le autorità tedesche sulla base del numero degli uomini disarmati invieranno direttamente i viveri (q)uel quantitativo necessario per la giornata.

    5) Per raggiungere il numero esatto dei militari in forza ai rispettivi reparti tutti— dicesi tutti — i servizi della Città Aperta di Roma dovranno essere soppressi nel corso della notte e non si dovrà in modo alcuno nè dare il cambio nè effettuare alcuna sostituzione. Di guisa che alle ore 8 del mattino nessun militare dell’Arma — compresi gli ufficiali — di qualunque grado esso sia devrà prestare servizio in Romu(a). Il Comando Generale funzionerà come al consueto. I militari del detto Comando saranno pero anch’essi disarmati a cura della Legione Combattenti..

    6) E’ implicito che tutti gli Ufficiali dell’Arma delle Tre Legioni e Comandi in indirizzo dovranno essere presenti constantemente ai loro Reparti, uffici o Comandi dal quale dipendono. Senza questo specifico incarico. Quelli senza specifico incarico o impiego sì riuniranno ai rispettivi capoluoghi di legione. I militari della divisione « Podgora » e IV Brigata resteranno disarmati nei loro uffict(i) sotto la responsabilil(t)à dei capi uffici.

    7) I fondi delle stazioni saranno ritirati dai rispettivi Comandi anche se interinali, e versati ai signori Comandanti delle Caserme presso cui verranno accentrati.

    8) Si precisa che all’esterno delle Caserme ove saranno raccolti i nostri militari e di fronte alle singole uscite saranno posti alle ore 8,15, ai guardia a cura delle autorità germaniche, speciali reparti di paracadutisti tedeschi i quali hanno l’ordine di far fuoco contro chiunque tentasse di evadere. A tutte le porte di uscita di ciascuna caserma (da tenersi chiusa) ed all’interno saranno comandati a turno ufficiati di guardia coadiuvati da adeguato numero di sottufficiali. Al senso «di responsabilità e di dignità militare e di ciascun comandante e degli ufficiali tutti raccomando l’esecuzione rigorosa degli ordini così impartiti. Dal testo sopra riportato risulta evidente la responsabilità diretta di Graziani nel vergognoso episodio della consegna in massa dei carabinieri sospetti di non essere fedeli al regime neofascista e non nutrire sentimenti di amicizia verso gl’ invasori della loro patria.

    Gli esecutori del bieco ordine

    I nomi di coloro che diresse l’azione criminosa si possono in prima linea così designare: generale Delfini, colonnello Tabellini, maggiore Petrella e maggiore Bonitatibus. Essi ed altri, che parteciparono al tradimento, per il sopraggiunto rimorso si scolparono narrando che dal Comando tedesco avevano ricevuto ordine di formare dei battaglioni per la repressione dei militare sbandati a seguito dei fatti dell’8 settembre. Questi battaglioni però avevano per il 70 per cento disertato, irritando le autorità tedesche d’ occupazione al punto di decidere il disarmo dei carabinieri di Roma e provincia, non essendo più sicuri della fedeltà ai loro ordini. Aggiunsero che ad essi era stato assicurato trattarsi di disarmo e non di soppressione e tanto peggio di deportazione, che se ciò fosse stato da loro intuito, avrebbero agito diversamente.

    Tutto dimostra che gli ufficiali come sopra tradirono; e ciò che finsero d’ ignorare i capi lo intuirono invece i non pochi carabinieri che precedentemente al misfatto disertarono le caserme, mentre i Comandanti di corpo colonnello Mauteri e Bentivoglio, zelantemente facevano piovere ai Tribunali militari le denuncie per diserzione.

    Le caserme depredate

    Alcuni particolari dell’ infame impresa, sono davvero edificanti. Il maggiore Grimaldi, comandante la caserma Pastrengo, dà ordini dragoniani perchè tutti i carabinieri compresi n(u)fficiali e sottufficiali si trovino alle 7 del mattino del 7 ottobre inquadrati nel cortile della caserma; e così più tardi, con il preventivo accerchiamento della caserma da parte del nemico, lo zelante maggiore poteva presentare al completo tutti i suoi uomini agli ufficiali tedeschi seguiti da diecine di autocarri. Lo stesso dicasi per la Legione Allievi la cui caserma era al comando del ten. col. Chirico. Con lo stesso rigore si agiva alla caserma Podgora, il cui tenente col. Linfozzi ordinava al sottotenente Valentino di fare buona guardia all’ uscita perchè nessuno evadesse, ordine che questo ufficiale eseguiva con il massimo scrupolo e non senza minacce, Il maggiore Di Dato invece disponeva egli stesso le sentinelle tedesche intorno alla caserma; ed a funzioni del genere partecipavano il capitano Fabi squadrista, sansepolcrista, moschettiere del duce. Altri ancora come i marescialli Giurgola Carmelo, squadrista, Russo Giuseppe, Pier Giovanni accompagnavano i tedeschi negli angoli più reconditi della caserma per rintracciare i militari che vi si fossero nascosti. Alla caserma San Lorenzo in Lucina sede lella Legione il comandante col. Maucer seguito dal suo aiutante maggiore Denti, si era fatto annunciare ai suoi dipendenti fatti riunire nella sala di mensa dal maresciallo Bedetti. Ma gli ufficiali non si fecero vivi, mentre alla porta, il capitano squadrista Teseo, violentemente opponendosi ad ogni tentativo di evasione riceveva i tedeschi ai quali consegnava gli uomini.

    Così fecero in altre caserme il maggiore Pecci, il maggiore Quarantelli, il maggiore Rossi Domenico, i capitani Lombardo, Malli Sebastiano, Spatafora e Santocchi Barba il quale oltre agli uomini consegnava ai tedeschi 20 mila metri di panno turchino e 5 mila paia di scarpe! Il capitano Baroni nella caserma « Ferdinando di Savoia », si opponeva alla evasione dei suoi dipendenti con la rivoltei(l)la in mano. A  questi criminali aggiungiamo il capitano Monello e tralasciandone altri che ci sfuggono, aggiungiamo il caso del tenente di Marco, comandante la tenenza Macao, scrupoloso esecutore degli ordini del suo capitano Teseo, che dopo preventivi ordini emanati ai dipendenti comandi di stazione perchè tutti i militari si trovassero adunati nelle rispettive caserme, fece da guida ai tedeschi per tutte le stazioni. Alla stazione Nomentana, il maresciallo Grimaldi doveva confessare che solo dieci uomini non erano riusciti a fuggire per il suo tempestivo intervento mentre gli altri avvisati da una donna che aveva visto catturare i carabinieri da altra caserma, avevano preso il largo. Tuttavia il maresciallo Grimaldi ha meritato la libertà perchè già troppo aveva esercitato la sua autorità per noi: aver fatto evadere quegli uomini che consegnava. E molti altri sarebbero gli episodi. Gli ufficiali spergiuri e venduti che concorsero a consegnare i carabinieri alla deportazione godettero la più ampia libertà ed i vari Mauceri, Denti, Bentivoglio, Chirico, Delfini, Teseo ecc. rimasero all’ Ufficio stralci ad arruolare uomini stretti dal bisogno nella Guardia repubblicana ed inviarli là dove essi dicevano esserci l’ Italia libera.

    Contro costoro la Giustizia dovrà procedere inflessibile perchè occorre rivendicare l’ onore di un’ arma o(c)he nella sua miglior parte ha riconfermato anche questa volta il diritto a essere chiamata la benemerita.

    Dal “ Risorgimento Liberale ,,

    Tip  Italianissima – Napoli

    L. 2


    Note

    [1] Albert Kesselring. Generale tedesco (Metz 1885 – Bad Nauheim 1960); dapprima ufficiale dell’esercito, passò poi (1935) nell’aeronautica, di cui divenne (1938) capo di Stato Maggiore. Nella seconda guerra mondiale ebbe il comando della seconda flotta aerea, che guidò nell’offensiva contro la Gran Bretagna, nella campagna di Mosca, nell’Africa settentrionale. Nel 1942 fu nominato comandante in capo di tutte le forze tedesche nel Mediterraneo; nel 1943 divenne capo del gruppo di armate Sud, dislocato nell’Italia meridionale. Dopo i suoi successi sulla linea Gustav contro gli Alleati, fu nominato capo di tutte le forze tedesche in Italia, e pertanto responsabile delle forme e dei modi dell’occupazione. Nel 1945 fu chiamato ad assumere il comando del fronte occidentale. Processato quale criminale di guerra, fu condannato a morte nel 1947 da un tribunale alleato, ma la condanna fu poi commutata nel carcere a vita. Nel 1952 fu amnistiato dagli Alleati; dopo l’uscita dal carcere pubblicò Soldat bis zum letzten Tag (1953), Gedanken zum zweiten Weltkrieg (1955). © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani – Riproduzione riservata(fonte)

    [2] Rodolfo Graziani. Generale italiano (Filettino 1882 – Roma 1955). Dopo aver partecipato alla guerra del 1915-18, fu a lungo in Libia, dove condusse la campagna per la riconquista della Tripolitania e della Cirenaica. Generale di corpo d’armata dal 1932, nel 1935 fu nominato governatore della Somalia; quale comandante designato d’armata, nel conflitto italo-etiopico comandò vittoriosamente le forze del fronte sud, guadagnando il grado di maresciallo d’Italia e il titolo di marchese di Neghelli. Dal giugno 1936 al nov. 1937 fu viceré d’Etiopia, dopo il maresc. Badoglio, caratterizzando in senso dispotico il suo governo. Nel 1939 divenne capo di Stato Maggiore dell’esercito; allo scoppio delle ostilità contro l’Inghilterra assunse il comando delle operazioni nell’Africa settentr., e guidò le truppe fino a Sīdī el-Barranī (sett. 1940). Costretto alla ritirata dall’offensiva del gen. A. P. Wavell, fu sostituito dal generale I. Gariboldi nel comando e nella carica di capo di S. M. (marzo 1941). Ritiratosi per circa due anni a vita privata, dopo l’armistizio dell’8 sett. 1943 assunse il ministero della Difesa della Repubblica Sociale Italiana. Consegnatosi agli Alleati (1945), fu poi processato (1948) e condannato per collaborazionismo. Liberato per l’amnistia (1950), partecipò alla vita politica come presidente onorario del MSI, dal quale però uscì nel 1954. © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani – Riproduzione riservata (fonte)