FILM SENZA…
“LUCE”-SEMISTORICO
IN 50 SONETTI
ROMANESCHI –
GIRATO A ROMA
DAL 1922 AL 1945
PROTAGONISTI:
E? RE – ER DUCE –
L’ITALIA – L’ALLEATI –
ER POPOLO –
REGISTA:
GINO CASTELLANI[1]
Da la “MARCIA SU ROMA”
a le “FILIPPE MÒRISE”
ARTI GRAFICHE BRUNO FOGAR
ROMA 1945
PREFAZIONE
Non ho cercato una grande firma per vergare
questa prefazione. Avrei probabilmente influen-
zato, in modo favorevole o sfavorevole, pubblico
e critico, più il primo che il secondo, essendo il
critico ben corazzato da tali espedienti reclami-
stici.
Al termine della mia modesta fatica — benchè
io esageri chiamando fatica una collana di 50 sonet-
ti scritti tutto d’un’ fiato — mi sono posto tre interro-
gativi: «Ho raggiunto lo scopo? », « Ho detto quan-
to desideravo dire? », « Ho saputo nella forma ti-
ranna del smetto essere abbastanza comuni-
cativo?».
Al primo interrogativo rispondo senz’altro af-
fermativamente, giacche il mio scopo era sola-
mente quello di far vivere o rivivere, anche col
passar degli anni, il calvario che avventurieri in-
coscienti hanno fatto salire, dal ’22 al ’45, a que-
sta povera Italia.
Al secondo, se « ho detto quanto desideravo
dire » credo arduo da parte mia pronunciarmi. Pe-
rò posso tranquillamente affermare che, a tinte più
o meno vive, e con meno pennellate possibili, ho
cercato di pitturare per il popolo i soli quadri più
salienti degli avvenimenti succedulisi negli ulti-
mi cinque sciagurati
Ed eccomi al terzo ed ultimo interrogativo:
« Ho saputo nella forma tiranna del sonetto essere
3
abbastanza comunicativo? ». Lo spero. Perchè un
poeta nato dal popolo e vissuto tra il popolo, pos-
siede per il suo arco tutte le frecce da far pene-
trare, senza artifici, nel cuore del popolo stesso.
Per concludere mi sia concessa una breve au-
tocritica: l’ortografia dialettare difetto? Si. c’è
qualche inversione, e c’è qualche aggettivo non
prettamente dialettale, ma tali imperfezioni si con-
tano sulle dito di una mano. Avrei potuto facil-
mente evitarle, ma sacrificando la sostanza e l’ef-
ficacia di qualche sonetto; cosa che non ho credu-
to opportuna. Quanto al valore complessivo del
mio lavoro, non spetta a me giudicare. Io non sono
che un modesto poeta dialettale che, tornato final-
mente a respirare a pieni polmoni l’aria pura del-
la libertà, e conservando, seppure avvolte in un ve-
lo di tristezza le tre doti caratteristiche del popola-
no romano: « Satira, umorismo e bontà », ha vo-
luto ricordare, con settecento versi, ventitrè anni
di malinconie.
GINO CASTELLANI
INDICE
Prefazione . . . . . . . Pag. 3
La presa de Roma . . . . . . . » 7
Lo squadrismo . . . . . . . » 7
Addio libbertà . . . . . . . » 8
L’iscrizzione ar Partito . . . . . . . » 8
Er discorso der duce . . . . . . . » 9
Er problema demografico . . . . . . . » 9
La politica in famija . . . . . . . » 10
Er posticino ar sole . . . . . . . » 10
Lo spazzio vitale . . . . . . . » 11
Scintille de guera . . . . . . . » 11
Ual – Ual . . . . . . . » 12
Addio pace . . . . . . . » 12
La guera d’Africa . . . . . . . » 13
L’Autarchia . . . . . . . » 13
L’asse Roma – Berlino . . . . . . . » 14
La guera de Spagna . . . . . . . » 14
L’Asse in funzione . . . . . . . » 15
l° Settembre 1939 . . . . . . . » 15
Vincere e Vinceremo . . . . . . . » 16
10 Giugno 1940 . . . . . . . » 16
Du’ parole ar duce bonanima . . . . . . . » 17
L’oscuramento . . . . . . . » 17
5
L’allarmi . . . . . . . pag. 18
Li bombardamenti . . . . . . . » 18
La fame . . . . . . . » 19
Bòtte e risposte . . . . . . . » 19
Bòtte… senza risposte . . . . . . . » 20
Lo sbarco in Sicilia . . . . . . . » 20
L’urtima seduta der «Gran Consiglio» . . . . . . . » 21
L’urtimo colloquio tra e’ Re o er duce . . . . . . . » 21
L’aresto der duce . . . . . . . » 22
25 Luglio 1943 . . . . . . . » 22
Festa Nazzionale . . . . . . . » 23
L’armistizzio . . . . . . . » 23
Lo sbarco de. l’alleati a Nettuno . . . . . . . » 24
Fede romana . . . . . . . » 24
Inverno 1943 . . . . . . . » 25
La fuga de li tedeschi . . . . . . . » 25
In attesa de l’alleati . . . . . . . » 26
Le chiacchiere a l’osteria . . . . . . . » 26
Durante la fila . . . . . . . » 27
L’arivo de l’alleati . . . . . . . » 27
L’entusiasmo der popolo . . . . . . . » 28
Er popolo . . . . . . . » 28
L’ajuti de l’alleati . . . . . . . » 29
L’arivo de li partiti . . . . . . . » 29
La verità . . . . . . . » 30
Che libbertà! . . . . . . . » 30
Povera Italia . . . . . . . » 31
… E adesso? . . . . . . . » 31
6
LA PRESA DE ROMA
E’ stata presa! – dissi a Caterina.
– Che? – fece. – Roma! – Roma? E chi la presa?
– L’ha presa er duce! – E quanno? – Stammatina!
– E la popolazzione? – Embè s’è aresa!
– E e’ Re che fà? – Che vôi che te combina!
A un Re je piace sempre annà pe’ scesa!
Bûtta magari un popolo in cantina,
basta che la corona nu’ je pesa!
Difatti, lui, incartata la corona,
je fece ar duce: – Commannate voi!
basta che me tassate ‘sta portrona…
E er duce je rispose: – Và benone!
S’affacciò da la loggia e disse: – A noi!
E… A noi! rispose un popolo fregnone!
LO SQUADRISMO
E da quer giorno sàrvete fratello!
Vedevi in gira squadre de fascisti
co’ la camicia nera e er manganello
pe’ fa, de li partiti, un ripulisti.
E li capipartito? Che macello!
co’ un quarto d’ojo in corpo e l’occhi pisti,
fecero, zitti, zitti, er fagottello
e s’annettero a fà… seminaristi…
Pe’ loro fu ‘ria bella fregatura!
Predicaveno: – Vincere o Morire –
Ma, da morì, ciavéveno paura!
E er popolo, che in Iern aveva fede,
sempre aspettanno er sol de l’avvenire
pe: quattro lustri e più se mise o séde!
7
ADDIO LIBBERTÀ
E l’Italia fu bella e sistemata!
Su la Democrazia se fece sera,
la Fratellanza venne fucilata,
la Libbertà nun fece più cariera!
E la Pace? La, Pace fu spojata;
je fu infilata la camicia nera
e dar fascismo fu ribbattezzata
co’ ‘artro nome, un boia nome : guera!
Mi maje, quanno er giorno armavo via,
me dava un bacio e — Attenta sa, Righetto,
nun te scordà che tenghi ‘na famia !
Saluta sempre, sa, e cor braccio arzato,
speciarmente si incontri er gajardetto,
sinnò fini ci pe’ morì ammazzato!!
L’ISCRIZZIONE AR PARTITO
Poi me scrissi ar partito! Capirai,
me decisi a d retta a Caterina!
— Scrìvete! — rne diceva — sà, che fai?
che te voi giocà er posto a l’officina?
Ma quanno ‘na domenica matina,
stava in camicia nera e me specchiai,
m’intesi come un brivido a la schiva
e lo confesso, me ne vergognai!
Annetti ar Gruppo e, tutti in processione,
s’annò a Piazza Venezia, indove er duce
doveva fà un discorso dar Barcone.
E lì che scena, ahò! dovevi véde !
E canti, e strilli, e siSni, e filme luce
e… sbaviji de fam da nun crede!!
8
ER DISCORSO DER DUCE
Venne ar Barcone tutto soridente
e appoggiò le du’ mano_ ar davanzale
a un modo che me dissi, finarmente
lo vedo quanno fa la verticale!
Ma poi cambiò de posa come gnente,
e incjambellò le braccia a un modo tale,
che, da lontano, ·a di Ila francamente,
me faceva l’effetto d’un pitale!
Poi fece un ber discorso, così chiaro,
che la … platea rimase un po’ commossa,
Che voce, ahò, pareva un ombrellaro!
Che capo! e chi l’avrebbe immagginato
che lui, co’ ‘na capoccia così grossa,
un ber giorno ciavrebbe rovinato?!
ER PROBLEMA DEMOGRAFICO
Er discorso, fu proprio un discorsone,
parlò de razza e de demografia
e disse Rami secchi a le persone
poco disposte a métte su famìa …
Insomma fu er discorso der montone
che un po’ ignorante de filosofia
rivorgeva un invito a la nazzione
pe’ fa’ più spesso quarche porcheria!
E le donne? A sentì qu-e’ le parole,
— specie le zitellone ·vecchie e racchie —
daje a cucì’ scuffiette e bavarole!
Ma l’ommini, eruditi dar progresso,
ar discorso risposero a pernacchie,
… benchè Ii fiji vennero lo stesso!!
9
LA POLITICA IN FAMIJA
A casa, Caterina eh ‘è smaniosa
de sapé’ tutto, disse: — Come annamo?
— Eh — feci — nu’ je basta che se sposa
mò vò’ addrittura che … prolificamo!
— Be’ — fece — nun cià torto su ‘sta cosa!
Risponneremo tutti a ‘sto richiamo!
E me guardò co’ un’aria scivolosa
come pe’ dimme: quanno cominciamo?
Sì, je volevo dì, manco a parlanne!
avecce un fijo è bello, se capisce,
lo smammi, l’istruisci, lo fai granne …
Ma qùanno speri ‘na soddisfazzione
viè’ un duce, e er fijo sai come finisce?
finisce come carne da cannone!!
ER POSTICINO AR SOLE
E difatti, un ber giorno, li giornali,
a noi italiani co’ le… musarole,
ce cominciorno a rompe li stivali
co’ ‘na serie d’articoli — ciriole .
E a li mali s’aggiunsero artri mali,
così che tra li giochi de parole
se parlò de << bisogni nazzionali »
e de diritti ~ un « posticino ar sole».
Un posto ar sole! E lui lo pretenneva
da chi, pe’ lui, viveva tra li guai,
dar popolo, ma er popolo diceva:
— Attenta, che te giochi la cariera!
Tu cerchi un posto ar sole, ma vedrai
che trovi un posto … a I’ ombra, sottotera !
10
LO SPAZZIO VITALE
Ma guarda si che robba s’à da vede!
Ma guarda si che straccio de proggetto!
Te pija tutto un. popolo de petto
de dietro ar paravento de ‘na fede …
Chiede li fiji; er popolo è costretto
a mette sù famija, a dovè cede,
poi dice: – Semo troppi ! E allora chièdo
d’allargà lo stivale perchè è stretto!
Vabbè — c’era da dije — a lo stivale!
Fàmoje puro … le tomaje nôve
ma è corpa tua si è stretto e ce fà male!
…Tua-, che te fai le scarpe e sarvognuno,
porti er quaranta e compri er trentanove,
invece de compratte er quarantuno!!!
SCINTILLE DE GUERA
Ma basta; dopo appena quarche mese,
sempre fra discorsetti e discorsoni,
er duce prese un prospero e l’accese
contro la Socetà de le Nazzioni.
E scavò ner diciotto! E sputò offese!
Trattò l’americani da buffoni,
nun prese più pe’ purga er sale inglese
e pulì cor petrojo li cannoni.
Ormai se profilava così chiaro;
che da l’Italia se spanneva intorno,
‘na puzzetta de porvere da sparo,
Che dissi a Caterina: – Quarche giorno,
si er Padreterno nun ce pia riparo,
famo la fine de l’abbacchio ar forno!
11
UAL – UAL
E un ber giorno successe er patatrà !
E successe pe’ via che Mussolini
– sempre pe’ lo stivale d’allargà –
annava in cerca d’attaccà’ rampini.
Così ner trentaquattro, a Ualuà,
siccome quarche vorta l’abbissini
che annavano a li pozzi a abbeverà
passaveno ‘gni tanto li confini:
Er duce disse Porco a Sellassiè
Selassiè disse ar duce Baccalà
… onde, poscia, percui; quindi, checchè,
Er Porco annò a Ginevra a protestà …
Er Baccalà se consi jò co’ e’ Re…
e e’ Re je disse: – Dàrnese da fà’ ! !
ADDIO PACE
Però la Società de re Nazzioni,
co’ l’articolo sedici a la mano,
Je disse, ar duce: – Senti, vacce piano,
nu’ rompe a l’artri stati … l’illusioni!
Te credi d’esse un Césere, un Trajano,
ma confonni li rospi a li leoni,
percui nun te fa rode er tamburlano
e lassa sta li tappi a li cannoni!
Ma er duce disse: – Tireremo dritto
Diceva tireremo mica tiro,e er popolo doveva stasse zitto!
Così da I’ Abbissinia e da l’Italia,
la pace prese er volo in un sospiro,
e mamma Civirtà ritornò a balia!
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LA GUERA D’AFRICA
Abbracci tra gerarchi e gerarchetti
sventolìo de bandiere e bandierole,
passò romano, sarve de moschetti,
mari d’inchiostro e fiumi de parole …
… E accidenti mannati, a denti stretti,
da un popolo ridotto senza sôle
amante più de pace e de spaghetti,
che de ‘na guera… per un posto ar Sole!
Eppure, rinuncianno a onore e stima,
annò in Etiopia, conquistò l’Impero,
tornò e rimase schiavo come prima.
É e’ Re? Se mise in testa la corona,
prese ‘n atteggiamento de gueriero,
e se tornò a sdrajà su la portrona …
L’ AUTARCHIA
E l’Impero fu fatto, ma pe’ via
che da la Società de le Nazzioni,
pe’ facce cresce fame e carestia,
ce vennero applicate le sanzioni,
Se cominciò a studià su l’Autarchia !
E acciderba che straccio d’invenzioni !
Te potevi fa un paro de carzoni
co’ un mucchio de capelli quarsisìa.
Da la legna ce usciva la benzina …
co’ llatte ce facévano la lana …
co’ la cipria e cor gesso la … farina !
E un gerarca inventò che un pedalino,
tenuto addosso quarche settimana,
poteva tirà fôri er pecorino …
13
L’ ASSE ROMA-BERLINO
Hitlere, intanto, che ner trentatrè,
er popolo tedesco imbavajò,
ner trentasei s’intese u’ nun socchè
tra li reni e er cervello, s’ammalò!
Reni, cervello, reni, avvenne che
ripensò a la Renania e … l’occupò!
Allora er duce se lo strinse a sé
lo prese pe’ li baffi e lo baciò!
E nacque l’Asse! Nacque l’Asse, ma
fatto cor fero autarchico, perciò
Hitlere disse ar duce: – Areggerà?
Er duce je rispose: – E come no!
Su’ st’asse tutto er monno girerà …
Hitlere aricciò er naso e stranutò !. ..
LA GUERA DE SPAGNA
Nun c’è due senza tre. Cosl in lspagna
ecco Caino terzo sortì fôra,
e er duce cortivò que la campagna
che ce disonorò e ce disonora!
E Franco annò ar potere. La montagna
lanciò n’artro brigante: er terzo! E allora
là indove c’era scritto «Alla Cuccagna»
ce se scrisse, cor sangue: Ammazzatora.
Che còrrida ! Er caudiIlo a vedè e’ rosso
s’inferociva peggio d’un torello
e tirava cornate a più nun posso!!
Ahò, chi vede e’ rosso e te l’attacca,
nun c’è più dubbio, o è padre d’un vitello …
o p’er lo meno è fijo de ‘na vacca.
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L’ ASSE IN FUNZIONE
– E’ l’ora de forgiasse li destini,
– disse er fûnchere ar duce – presto attacco!
– Dove? In Polonia – Varco li confini
zompo su li polacchi e te l’acciacco!
– E li francesi? – Quelli stànno fini!
Te li vojo trità com’er tabacco!
– E io che faccio? – chiese Mussolini –
– Adesso gnente,!- Adesso ::i reggi er sacco …
– Ma – fece er duce – gnente, proprio gnente?
E si la Russia poi je va in soccorso?
– Mbè – je rispose – allora è diferente !
Er duce, soddifatto der discorso,
sorise, salutò romanamente,
e fece: – Auguri, Adolfo … in bocca a l’Orso!
1° SETTEMBRE 1939
Cosi scoppiò la guera. Er giorno stesso
a casa litigai co’ Caterina!
– Vedi – me fece – vedi ch’è successo
pe’ nun daje du’ … cammere e cucina?
E io: – Ma và ! Si avessero concesso
Hitlere ripeteva la moina
e chiedeva, un salotto, un bell’ingresso,
‘na bottega, un cortile e ‘na cantina!
E lei ce s’ arabbiò ! Me disse matto,
io je dissi sei vôta de cervello,
lei fece er gesto de tiramme un piatto!
Potevo sopportalla? Nun sia mai !
Me arzai, girai, cercai, trovai er cappello …
lo presi, aprii la porta e me n ‘annai !
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VINCERE E VINCEREMO
Er duce, da la rabbia de stà in pace
se mozzicava !’unghie de le mana;
Embè se sa chi nasce rangutano
nun pò mica dormì su la banbace !
E un giorno ce buttò ne la fornace;
così che, da quer giorno, ormai lontano,
‘sto disgrazziato popolo italiano
cascò da la padella ne la brace !
Diceva: – Il dado è tratto! Il ghiaccio è rotto!
Vincere! e vinceremo e nu’ spiegava
si se vinceva in guera oppure a’ llotto…
Che vôi! Così agitato nun pensava
che contro l’alleati der diciotto,
lui disponeva e l’oro commannava.
10 GIUGNO 1940
E se partì co’ l’acido ner còre,
senza entusiasmo e senza convinzione,
pe’ fà’ ‘na guera insipida e incolore,
imposta da un regime a la nazzione.
Così, dopo tant’anni de terore,
d’infamie, d’ingiustizzie e de finzione,
s’aggiunse disonore a disonore,
e la musica trista der cannone.
Er duce te mannò ar combattimento
sfiniti, scarzi, ignudi, e male armati
e quello lì fu er primo tradimento!
Povera Italia, e poveri sordati !
Che guera ! Fu ‘na corsa a inseguimento!
Noi sempre avanti. .. e appresso l’alleati!
16
DU’ PAROLE AR DUCE BONANIMA
Mica che l’italiano, voi o nun voi,
nun era bono a ‘regge er paragone
cor sordàto de quarsisia nazzione
e nun fosse un eroe fra tanti eroi.
Ma come te poteva fà e ll eone
quanno che tu dar diciannove in poi
me l’avevi ridotto un pecorone
e si faceva « Bèe », striIlavi A noi?!
E poi – coscenza a parte – ma te pare
che co’ quattro barchette e du’ areoplani
se vincheno le guere d’ortremare?
Speravi ner tedesco? Pôro scemo!
Ih ! Un Romolo framezzo a noi romani!…
Eh da quer di che diventavi Remo!
L’ OSCURAMENTO
Dovevi vède Roma si che d’era
quanno la sera se faceva scuro?
chi sbatteva er … cocommero per tera,
chi sbatteva la testa addosso ar muro!
E le coppie? .. .” Faceveno in maniera
de trovasse un ricovero sicuro,
lontano da l’insidie de la guera,
lontano da la bomba e dar siluro!
– On Dio – diceva lei – bombarderanno?
nun senti la sirena corne sôna?
E lui je risponneva sospiranno: .
– Eh, si! Bombarderanno e moriremo!
Viè, côre mio. strignemese … sta bôna!
Dàmose da fà adesso che potemo!!
17
L’ ALLARMI
Che nottate! ‘Gni tanto la sirena
ce svejava co’ un urlo maledetto!
E via, de corsa, tutti giù da’ lletto
co’ !’occhi spaventati e er côre in pena!
E pianti! E strilli! – Vèstete Ninetto !
Arzete Giulia! Sverta Madalena !
E er sangue se gelava in ogni vena
e er core s’aggitava in ogni petto!
Che scene! Senza lampade e cannele,
tutti in cantina a diggerì er diggiuno
tra sorci, bagarozzi, e ragnatele …
… E quelli li chiamavéno ricoveri
ma nun ereno artro, sarvognuno,
che er supplizio notturno de li poveri!!
LI BOMBARDAMENTI
Poi, tutto un bòtto, da le vie der cielo
piovéveno le bombe a cento a cento,
e su l’umanità scenneva un velo,
de morte, de dolore e de spavento! .
Quanti fiori strappati da lo stelo
tra un urlo de dolore e tra un lamento!
Su tutto e tutti serpeggiava er gelo
de la morte arivata a tradimento!
Guera moderna: stragge e distruzzione !
Eh, puro l’areoplano ce voleva,
n ‘abbastava er fucile cor cannone!
La Civirtà? lndò stava? In un cantone!
E Marte novecento je faceva
le boccacce e li baffi cor carbone …
18
LA FAME
Ner mentre tutto annava a la rovina,
er popolo italiano digiunava
– Ciò ‘na fame – diceva Caterina
e io je risponnevo: – Ciò ‘na bava!
La panza se toccava co’ la schina,
lo stommoco, languiva e se lagnava,
le pile: s’ ammuffiveno in cucina
e er gabinetto poco lavorava …
lntanto gerarconi e gerarchetti
dormiveno davero sur … guanciale
e faceveno stragge de spaghetti
Mentre er fascista – quello onesto – quello,
a pranzo se magnava l’ideale,
e a cena rosicava er manganello!
BÒTTE E RISPOSTE
La guera intanto nun ciaveva soste:
la Germania avanzava, e in che maniera!
Polonia, Belgio e Olanda messe a tera,
Francia e lnghirtera immezzo a le batoste .
Poi la Francia fu invasa, e I’ lnghirtera
prese la strada de le propie coste,
le forze sue nun ereno disposte
a giôcasse er prestiggio … e la cariera !
E la Russia? La Russia tal’ e quale!
Fu presa a tradimento, e daje a córe …
te dico fu ‘na sbiossa generale!
Ma poi, capiscj , se sgonfiò … er pallone,
se mise in marcia e Rullo compressore
e addio tedeschi! Presero er fugane!
19
BÒTTE … SENZA R ISPOSTE
E noi? Per carità! Dovevi vède !
Nun sapevamo più come sarvasse:
dopo quarch’anno già stavamo a sede
senza speranza de risollevasse! …
E così, bônafede o malafede,
pe’ noi che ce rimasero? Le tasse,
‘na gran palla de piombo stretta ar piede
e un po’ de ruzza sotto a le ganasse.
E addio Abbissinia ! Addio Tripolitania !
– Ah, va bè – Borbottava. Caterina –
pe’ fortuna ce ajuta la Germania!
Eh! ce ajutava, sì! Lo vedevamo!
Ce ajutava a ‘nnà verso la rovina
e a rubbacce quer po’ che ci avevamo!
LO SBARCO IN SICILIA
Ma venne er giorno che li siciliani
te viddero le navi a centinara,
scortate da mijara d’areoplani,
piombà in Sicilia come ‘na fiumara.
‘Na fiumara che scese monti e piani
e arivò come un’onda d’acqua chiara
ner côre de mijoni d’italiani
stanchi e avviliti da ‘na vita amara.
Er duce la chiamava un’invasione:
ma er popolo chiamava st’avanzata
la marcia santa de libberazione!
E Roma, Roma nostra, martoriata
da quattro lustri e più de reclusione
nun sognava che d’esse’ libberata!
20
L’URTIMA SEDUTA DER GRAN CONSIGLIO
– Le cosè quà cammineno pe’ storto!
– disse er duce – nun vanno pe’ la quale!
E Grandi, sottovoce: – Se n’è accorto!”
E Ciano, a mezzà bocca: – Mancomale !
– Ma si quarch’uno quà fa er beccamorto
e prepara ar fascismo er fùnerale …
Farinacci interruppe: – E’ un ômo morto!
… E appuntò sotto ar tavolo er pugnale!
Che: lotta! Fu ‘na lotta a tutt’ortranza!
poi Grandi fece un ordine der giorno
che fu approvato da la maggioranza
‘E er duce? Nun fiatò, se guardò intorno,
se grattò in testa, s’allisciò la panza,
annò da’ Re e nun fece più ritorno!
L’URTIMO COLLOQUIO tra e’ RE e er DUCE
Nun fece più ritorno perché quanno
da’ Re, nonchè cugino, fu chiamato
e’ Re je fece, quasi borbottanno,
– Che ber servizio che m’ha’ combinato!
E er duce: – Che vo’ fa, ripara er danno !
Datte da fa un po’ te, che si fregato!
Ripija la bacchetta der commanno,
puntella er trono e quer ch’è stato è stato!
– E – fece e’ Re – que la vittoria? Quella
che promettessi de portà a la reggia?
– Eh – fece er duce – ancora sta in padella..
– E quanno è cotta? Er duce prese fiato
e disse: – Mò, co’ I’ ojo che scarseggia
ho paura che pija d’abbruciato!!
21
L’ ARESTO DER DUCE
– E va be’, fece e’ Re, riguardo a l’ojo
lo mannerò a comprà a la borza nera …
nun vojo dispiaceri, e manco vojo,.
rovinamme er prestiggio e la cariera
Ma intanto, co’ l’ajuto de Badojo,
aveva già studiato la maniera,
pe’ uscì a la meno peggio da l’imbrojo,
d’agguantà er duce e méttelo in galera!
Er duce uscì, e com’ era naturale,
trovò li carbinieri, e, vôi o nun vôi,
ner vedesse arestà rimase male!
– Questi, disse, so scherzi da vijacchi !
E un brigadiere fece: – duce, A noi!
C’è un … posticino ar sole, ar sole a scacchi!
25 LUGLIO 1945
Era de Luglio, stavo pe’ annà a letto
quanno intesi un socchè, ‘na confusione:
canti, strilli, sbattute de portone,
e che succede, Cristo benedetto?!
Poi bùsseno : bum – bum – Chi è? – Giggetto!
– Che te s’è sciorto? – Porco san mucchione!
S’è rotto er fascio! Er duce và in pensione …
scenni ! – Mò scenno! – Sbrighete, t’aspetto!
Scesi. Che festa ahò, dovevi véde!
Strillàveno: lndò’ stanno li fascisti!
Ma nun c’ereno più, me devi crede!
S’èreno fatti, ne la notte fonna,
tutti repubblicani e communisti !
… la politica è peggio de ‘na donna!!
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FESTA NAZZIONALE
Se fece giorno. Roma te pareva
‘na gran sala da ballo: tutti in festa!
la gente finarmente sorideva,
la libbertà riarzava su la gresta !
De quà e de là ‘gni tanto se vedeva
quarche corteo co’ le bandiere in testa:
er sole finarmente risplenneva
dopo vent’anni e passa de tempesta!
Ce fu pure la nota divertente:
quarche fascista usci in camicia nera
pe’ via che ancora nun sapeva gnente.
Ma addio spavarderia da rodomonte
dovette tornà a casa de cariera
nudo … a la mèta, e co’ li bozzi in fronte!
L’ ARMISTIZZIO
‘Na rivorta così, senza giudizzio,
nun poteva levacce ogn! cordojo! !
… A capo der governo annò Badojo,
li partiti ripresero servizzio …
Ma poi, Badojo, fece un’armistizzio,
– co’ la speranza de sbrojà l’imbrojo –
che lì per lì annò liscio come l’ojo,
ma poi ce ribbuttò ner precipizzio!
Difatti che successe? La Germania
trovanno er campo libbero c’invase
dall’arta Italia fino a la Campania …
E’ Re impugnò la spada e … scappò via !
Badojo eguale, e er popolo rimase …
Requieme schiatta in pace, e così sia!!
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LO SBARCO DE L’ALLEATI A NETTUNO
Nove mesi durò l’occupazzione !
Nove mesi de lutto, de tortura,
de furti, ammazzamenti, e distruzione:
se moriva de piombo o de paura!
Poi, tutto un botto, la libberazzione
der duce – n’artra bella fregatura –
Così er fascismo, ritornò in funzione
e spuntò ‘na repubblica addrittura !
…’Na repubblica … autarchica, composta
de sei parti: ‘na ·parte d’ambizzione,
due de scemenza, e tre de faccia tosta!
L’Italia, era de tutti e de’ nessuno!
Ma intanto l’alleati, pe’ risposta
che fecero? sbarcarono a Nettuno!
FEDE ROMANA
A Roma, intanto, sàrvete fratello!
Dilagava un’ondata de terore :
nun se parlava più cor manganello
ma co’ le bombe e cor mitrajatore …
E’ romano, però, restava quello
disposto a dà la vita pe’ l’onore:
viveva su la punta d’un cortello
e accumolava l’odio in fonno ad côre …
Razzie, torture, infamie, tradimenti,
l’affrontava così, romanamente,
e strigneva li pugni co’ li denti …
L’ômo lo pôi ammazzà l’istesso a un cane
ma che concludi? Nun concludi gnente !
Ammazzi l’ômo, ma l’idea rimane …
24
INVERNO 1943
E la guera ‘gni giorno più feroce,
metteva in tutto e tutti lo scompìo:
in ogni casa ‘na tortura atroce:
– Mamma – Che vôi? – Ciò fame! – Fijo mio!
– Mamma, ciò fame! – Mamma, puro io!
Pôra madre! pregava a bassa voce
guardanno un quadro, un quadro dove lddio
cascava sotto er peso de la croce …
Je pareva, in quer quadro, d’intravède
se stessa e tutto er popolo italiano,
ma conservava, limpida, la fede
ne la Patria, sfinita, ma capace
de fa sboccià dar sangue, a piano a piano,
tutte le rose bianche de la pace …
FUGA DE LI TEDESCHI
Intanto se sentiva in lontananza
sempre più forte e’ rombo der cannone
che spalancava er côre a ‘na speranza,
‘na gran speranza: la libberazzione !
E er tedesco? Er tedesco addio aroganza !
se preparava pe’ pijà er fugone
accompagnato da la ripugnanza
de tutta quanta la popolazzione!
Maggio: tra viòle, rose, e violacciocca,
quell’ommini dar core come un sasso
– cor sangue a l’occhi e co’ la schiuma in bocca –
Scappaveno più presto che potéveno
e li martiri nostri, da Via Tasso
e le Cave Ardeatine, risorgéveno …
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IN ATTESA DE L’ALLEATI
– Veranno, st’alleati, o nun veranno?
– Come nu l’hai saputo? Stànno a Arbano
– Ancora a Arbano? E quanno ariveranno?
– Chi và piano va sano e va lontano!. ..
– E, dico, da magnà che porteranno?
– Tutto! Formaggio, carne, latte, grano,
e sta tranquillo che ciaffogheranno
de scatole e preciutto americano!!
– Da magnà ce l’avremo da spregasse!
– Bè, da spregasse no, ma in abbondanza …
– Che dichi, sarà er caso da purgasse?
– Purgasse? Embè sarebbe esaggeranza ..
ma insomma … si nun artro pe’ levasse
le ragnatele che ciavremo in panza!
LE CHIACCHIERE A L’OSTERIA
– Sora Nunziata, mezzo litro asciutto!
c’è gnente da magnà? – Nu’ ne pariamo!
– E que le pagnottelle cor preciutto,
sora Nunziata, quanno le rifamo?
– Eh, presto! Ormai è passato er punto brutto!
appena ariveranno le rifamo!
– Che porteranno? – Porteranno tutto! –
– Se sbrigassero! è un pezzo che aspettamo!
Londra che dice? – Parla a note chiare …
– Ortre a bombe e cannoni, porteremo
carne, legumi, e grano … – Che te pare!
Se sbrigassero ahò, nun vedo l’ora
Mannaggia che magnate se faremo
si a ciancicà saremo bôni ancora !!
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DURANTE LA FILA
Armercato le donne tal’e quale,
tutte quante a parlà de l’alleati :
– Ma indò ‘stanno? – A le porte! – Mancomale!
Finarmente saremo libberati !
-Li viveri veranno? – E’ naturale!
Chissà quanti n’avranno già sbarcati!
Ce ne daranno ‘n’abbondanza tale
che dovremo magnà come sfonnati !
– Davero?· – E come no, ce giurerebbe
– E dopo, nun faremo più la fila?
– La fila? E’ mejo, si, ce mancherebbe!
… Ormai è passata la ventata brutta!
– Madonna mia! Ma che dirà la pila
quanno vedrà rifà la pasta asciutta!!
L’ ARIVO DE L’ALLEATI
– Arìveno – je feci – Caterina!
Vedrai sÌ che magnate se faremo …
porteranno le navi de farina!
– Si – me rispose – aspetta! Pôro scemo!
E er cinque Giugno, quanno la matina
vennero a Roma, feci: – E mò ce semo!
Leva e’ lucchetto ar cesso e a la cucina
prepara, a Caterì, che magneremo!
Poi scesi giù pe’ strada: e canti e evviva
– Ahè – je feci a certi americani –
ma ‘sta farina ariva o nun ariva?
Ma poi· fra canti, strilli, e sbattimani,
quanno vidi che proprio nun veniva,
dissi, pazienza, ariverà domani!!
27
L’ENTUSIASMO DER POPOLO
Intanto, tra l’evviva, l’alleati
veniveno così, come saette,
su cannoni, autoblinde, cari armati,
camiònne, cari anfibi e camionette …
E nojantri? Felici e entusiasmati,
libberi da bavajj e da manette,
daje a dì: Evviva! Evviva! … E li sordati
daje a tiracce giù le sigherette !
Che sigherette, ahò, rer fumo loro
vedevamo – fumanno a panza vôta –
armate de spaghetti ar pommidoro …
Divisioni de polli stracinati…
squadrije de galline a bassa quota …
e brigate d’abbacchi… corazzati!!
ER POPOLO
Passò un giorno, du’ giorni, un artro giorno,
ma da magnà, macchè nun arivava !
Al’alleati je importava un corno
si er popolo magnava o nun magnava !
E poi che vô ‘ajutà, si tutt’intorno
er fòco de ia guera divampava
e mezzo monno te pareva un forno
dove l’umanità ce s’abbruciava?!
Ma er popolo è lo stesso a la polenta!
E la polenta, a diIla a la romana,
se sà che presto tira e presto allenta …
Così, fra tutte quante le campane,
a spatoccà nimase ‘na campana
che ripeteva: quanno ariva er pane?!
28
L’ AJUTI DE L’ ALLEATI
Ma er pane, si, arivava a mollichelle
e I’ artra robba poco se vedeva !
Er bottegaro in mostra ce metteva
fusaje, bruscolini e mosciarelle!
E la stoffa? La stoffa se venneva,
ma Ii prezzi arivavenò a le stelle!
E le paghe? Le paghe, sempre quelle!
E Caterina daje che rideva!
Rideva e me diceva: – Quà s’imbroja
Ce lèveno la sete cor preciutto,
e un giorno gireremo co’ la foja …
E io: – Quer che se pianta s’ariccoje !
Porteremo la foja ! … Starà brutto
quanno, d’autunno, cascheno le foje ! !
L’ ARIVO DE LI PARTITI
Poi, ched’è che nun è, vennero fôri,
arivati dar Sudde, lì Partiti
co’ tanto de programmi stabbiliti
pe’ carmacce la fame e li dolori.
E spuntarono, in tanti e tanti siti,
manifesti de tutti li colori
pieni d’eloggi a li lavoratori
sfruttati, scarzi, laceri e sfiniti.
‘Gni Partito parlava d’Uguaglianza.
Sputava inzurti su la borghesia.
Predicava Giustizia e Fratellanza.
Ma capirai, tra fame e carestia,
potéveno lo stommoco e la panza
pijà sur serio la Democrazia?
29
LA VERITÀ
Ormai, l’Italia, aveva ereditato
dar fascismo, miseria e disonore;
e er popolo scontava quer peccato,
ma – in coscienza – nun era un peccatore!
L’ armistizzio j’aveva riportato
‘na speranza, ma tutto nasce e môre;
l’alleato, nun era un alleato!
l’alleato era solo un vincitore!
L’alleanza era tutto un porpettone,
impastato d’imbrojo e de pietà,
dato dar giornalismo a la nazzione !
Nun esisteva che ‘na verità:
quella de la Carota e der Bastone!
E … l’illusione de la Libbertà !!
CHE LIBBERTÀ !
Che libbertà! Ma te pareva gnente!
Potevi dì mezzana a la portiera
che rimediava er negro a la cliente
sventolànno la libbera bandiera!
Poteva commercià’ … libberamente
er borzarolo de la … borza nera;
e avè la libbertà ‘gni delinguente
d’aggreditte e spojatte in prima sera!
Ecco che libbertà ! Le ragazzette
daje a fa’ l’orgia insieme a l’alleati
ne li ritrovi e su le camionette.
Eh, capirai! ‘Na vorta libberati,
tutti se lo potèveno permette
d’infangacce d’infamie e de peccati!!
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POVERA ITALIA
Autunno! E manco e’ llume de ‘na stella!
Povera Italia fôri de ‘na chiesa,
coperta co’ ‘no straccio de mantella
– Pietà – diceva :- co’ la mano stesa …
L’alleati? Imbriachi, in carozzella,
piedi per aria e sigheretta accesa
passàveno dicenno: – Poverella!
e giù ‘na lira! Offesa sopra offesa …
Grazie ar fascio così s’era ridotta!
Striciante, sottomessa, e riverente,
pe’ avé, da l’alleati, ‘na pagnotta …
Libbera? Si! Ma libbera sortanto
de chiede l’elemosina a la gente,
de dì mea curpa e d’ asciuttasse er pianto!
… E ADESSO ?
E adesso se va avanti, se cammina,
e se sta attento indò’ ‘se mette er piede:
‘na buca, un passò farzo, e pô succede
che invece de salì se va in cantina!
Se cerca er più possibile da crede
che se pô costruì su la rovina
que la strada che forse c’incammina
verso un sole che c’è, ma nun se vede …
Nun se vede, ma spunta in lontananza
– su l’orizzonte de l’umanità –
‘na schiarita ch’è tutta ‘na speranza …
Speranza che quer sole sorgerà
pe’ scrive ‘na parola: FRATELLANZA
su la bandiera de la LIBBERTA’.
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PREZZO LIRE 35
(Varese)
Note
[1] … il poeta dialettale che parla con la lingua del popolo e al popolo stesso si indirizza riportandone i pensieri, non può che condannare, sia con la satira, sia col sentimento, qualsiasi evento e maggiormente quelli indesiderabili come appunto il conflitto bellico. Ed eccolo riferirsi con la poesia mordace ad argomenti che sono in margine alla guerra e si riflettono sulla vita sofferta tutti i giorni dai cittadini in mezzo alle più dolorose privazioni che il poeta sottolinea, talvolta con agro dolce ironia e con quell’umorismo che nasconde sempre una filosofia amara e dolente. Per esempio, Gino Castellani (spentosi negli ultimi giorni dello scorso febbraio) che pubblicò nel 1945 un prezioso libretto di 31 pagine dal titolo « Da la marcia su Roma a le Filippe Mòrise » contenente 62 sonetti fra cui molti satirici, scrisse, ricordando la fame di quel tempo, il seguente sonetto: LA FAME
E ancora, ecco la descrizione dei dialoghi, piuttosto illusori che si svolgevano in mezzo al popolo quando si estenuava ogni giorno di più nell’attesa dell’agognato arrivo a Roma degli alleati anglo-americani che il 22 gennaio 1944 sbarcarono ad Anzio; ma per ben quattro mesi vi furono inchiodati dai tedeschi e ciò fino al 25 maggio dello stesso anno quando riuscirono a sfondare l’esercito germanico: IN ATTESA DE L’ALLEATI. Da “La poesia romanesca in tempo di guerra” di FRANCESCO POSSENTI. Gruppo Romanisti, 1988 parte 2° pp.330-623 (fonte)
Su “RUGANTINO”. Anno 127° N.13071. Martedì 11 novembre 2014, Pagina 3 (fonte)