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Liverotti
Data: 1890 c.a
Autore:
Soggetto: uomo in costume di Soldato Romano [1]
B/N Colore: virato seppia
Dimensioni: 7 x 14 cm (supporto primario)
Materiale: cartoncino
Tecnica: carta all’albumina[2]
© Archivio Sacchini
Note
[1] Il tema della foto in costume storico a Roma, alla fine dell’800 trova un interessante approfondimento nel testo di Edoardo Maggi: Quadri viventi e mascherate romane nelle fotografie di fine Ottocento. Attilio Simonetti, Henri Le Lieure e i fratelli Primoli. Uno degli aspetti sicuramente più peculiari della Roma eclettica e ‘decadente’ di fine secolo, per quanto ancora poco indagato nei suoi dettagli, oltre che nelle sue premesse o ripercussioni antropologiche, fu il gusto per il travestimento, drammatizzazione di un interesse per il costume (sia storico che contemporaneo, popolare o antiquario) che poteva estremizzarsi fino a diventare finzione pittoresca quasi caricaturale, farsa revivalistica animata da un giocoso desiderio di rievocazione performativa. Si trattava in fin dei conti dell’evoluzione di un’usanza già radicata nelle ritualità della Roma papalina, pratica che a diffusione della fotografia contribuì in maniera decisiva a formalizzare dal punto di vista estetico e a divulgare attraverso una documentazione visiva, sia diretta che indiretta, delle sue principali manifestazioni: le feste in costume e le mascherate pubbliche, specialmente quelle carnevalesche, che periodicamente avevano luogo in città e nei suoi dintorni..(fonte)
[2] Introdotta nel 1850 da Louis Désiré Blanquart-Evrard, la carta all’albumina fu il procedimento di stampa fotografica più diffuso dell’Ottocento e la prima a essere prodotta industrialmente. Pur se gradualmente sostituita dagli aristotipi e dalle carte alla gelatina a sviluppo, la carta albuminata continuò a essere prodotta e commercializzata fino al 1920. Rispetto alla tecnica precedente, la carta salata, la stampa all’albumina offriva maggiore nitidezza e brillantezza. La carta – di grammatura molto leggera – veniva preparata con una miscela di cloruro di sodio o ammonio e albumina, una proteina ricavata montando a neve le chiare d’uovo. A volte venivano aggiunti dei coloranti rosa o azzurri per neutralizzare il successivo ingiallimento della carta. Prima di essere usata la carta veniva poi sensibilizzata facendo galleggiare i fogli su una soluzione di nitrato d’argento; era il fotografo che eseguiva questa operazione trasformando albumina e nitrato in albuminato e cloruro d’argento e rendendo insolubile lo strato di albume. L’immagine si otteneva per contatto facendo cioè aderire il negativo direttamente al foglio ed esponendolo in un torchio alla luce del sole per diversi minuti. L’immagine si formava quindi per l’azione diretta della luce sulla carta, cioè per “annerimento diretto”. Una volta ottenuta l’immagine, la carta subiva un trattamento di viraggio all’oro che, oltre a darle stabilità, aggiungeva delle ricche tonalità bruno-porpora. La stabilizzazione finale si otteneva poi con un bagno di fissaggio al tiosolfato di sodio e un lavaggio finale. I trattamenti di finitura potevano comprendere la lucidatura, la coloritura e l’applicazione di vernici protettive. Data l’estrema sottigliezza della carta, la stampa così ottenuta veniva spesso incollata su un supporto di cartone per evitare che si arrotolasse dando così origine ai principali prodotti fotografici dell’ottocento: gli album di viaggio con le vedute dei monumenti e dei paesaggi, gli album dei ritratti, le stereoscopie, le carte de visite, il formato gabinetto ed i formati più grandi.(fonte)