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Palazzo Venezia. Roma. 1885 ca

    Palazzo Venezia. Roma. 1885 ca - particolare
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    264. ROMA – Palazzo Venezia – costruito da Bernardo di Lorenzo e Giacomo da Pietrasanta (XV Secolo).


    Data: 1885 c.a

    Autore: VASARI & MILANO ROMA[1].

    Soggetto: Roma – Palazzo Venezia [2]

    B/N Colore: Seppia

    Dimensioni: 24,5 x 19 cm (supporto primario)

    Materiale: cartoncino

    Tecnica:  al bromuro argento stampata in  positivo

    © Archivio Sacchini


    Note

    La foto proviene dalla collezione di Enrico D’Ancona e fu realizzata dalla Edizione Inalterabile di Firenze. Carlo Brogi, uno dei promotori della Società Fotografica Italiana, commercializzò stampe fotografiche di paesaggi e opere d’arte italiane sotto il marchio Edizione Inalterabile. L’attività cessò intorno al 1950.(fonte)
    Enrico D’Ancona (1901-1982), marito di Beatrice Gulì, era figlio di Antonio D’Ancona, fondatore dell’Atelier Antonio D’Ancona a Fiume (Rijeka), situato presso l’AntikvariJat Mali Neboder in Ciottina 20B, Croazia, attivo già intorno al 1900.

    Antonio D’Ancona, fotografo di Fiume nell’Impero austro-ungarico, operò dal 1890 ed è menzionato nelle raccolte fotografiche del Museo Marittimo e Storico del Litorale Croato di Fiume (Museo Fiume). Il suo studio si trovava in Piazza Andrassy, come testimoniato da fotografie del 1904 conservate in album di famiglia locale (Coll. H. Conighi).(fonte)

    [1] Lo Studio fotografico Vasari è una delle più antiche dinastie italiane operanti nel campo della fotografia.
    Lo studio è conosciuto per la sua specializzazione in fotografie architettoniche e di opere d’arte e per aver documentato negli anni la trasformazione della Roma del ventennio e del dopoguerra.
    Collezioni delle foto Vasari sono custodite presso International Museum of Photography and Film at George Eastman House di Rochester (New York), il più antico museo del mondo dedicato alla fotografia, presso l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, e al Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) dell’Università degli Studi di Parma.
    Storia
    Il capostipite Cesare Vasari (Arezzo, 30 maggio 1846 – Roma, 31 maggio 1901) si trasferisce a Roma nel 1860 dove inizia la sua attività nel campo, lavorando inizialmente per fotografi professionisti. Diventa collaboratore della vedova di Tommaso Cuccioni, Isabella Bonafede; nel 1875 apre uno dei primi atelier per la produzione di fotografie d’arte ed architettura.
    Dopo che Cesare si trasferisce a Firenze, l’atelier romano passa al nipote Alessandro (Roma, 1° luglio 1866 – 18 marzo 1929); il figlio di Alessandro, Tommaso (Roma, 21 marzo 1894 – 25 agosto 1971) documenta la vicenda artistica ed architettonica della Roma del Ventennio, diventando fornitore della Casa Reale, e completando la sua opera fotografica nella ricostruzione del dopoguerra.
    All’inizio il laboratorio per lo sviluppo e stampa delle fotografie si trovava a via della Mercede successivamente trasferito a via Ludovisi ed infine a via Condotti, dove venivano effettuate tutte le lavorazioni di trattamento dei negativi, la successiva stampa e ritoccatura finale
    A Tommaso, che ebbe due figli Laura e Giorgio, succederà Giorgio, dottore in chimica (Roma, 11 settembre 1931 – Filettino, 3 luglio 2004). Con Giorgio l’attività si sviluppa nei settori d’arte, architettura ed industria, tra cui la documentazione fotografica delle opere pubbliche per le Olimpiadi del 1960, le sedi delle maggiori aziende del “boom economico” italiano, oltre a edizioni che trattano le più importanti basiliche, chiese e gallerie romane d’arte e antiquariato.
    Successivamente i figli di Giorgio (Alessandro, Andrea e Francesco) hanno continuato l’attività dello studio, costituendo l’Archivio
    Fotografico Vasari ed arricchendolo attraverso campagne fotografiche su commissione da parte di enti statali, musei, collezioni private e editori nazionali ed internazionali.
    Oggi l’attività fotografica è condotta da Alessandro Vasari (Roma, 25 febbraio 1957).

    I Vasari e l’architettura
    «Le foto di cantiere, circa 800 in bianco e nero, sono opera dello studio Vasari, fornitore della Real Casa e fotografo ufficiale delle trasformazioni di Roma. Il grande formato, la qualità della stampa e l’accuratezza delle riprese fanno di questi documenti una fonte preziosa»
    La specializzazione nella fotografia di architettura inizia da subito con Cesare Vasari, ma saranno Tommaso e Giorgio a dare un forte impulso a questo genere di riprese prestando la loro opera per importanti architetti come Enrico Del Debbio, Pier Luigi Nervi, Luigi Walter Moretti e Giuseppe Vaccaro.

    L’Archivio fotografico
    L’archivio storico dei Vasari composto da 5.024 lastre (in vetro 21×27 cm. ed altre 13×18 cm.), è attualmente consultabile presso la Calcografia-Istituto Nazionale per la Grafica.
    Dal 2023, 998 lastre in vetro di Alessandro Vasari (1866 – 1929), sono state catalogate e messe online per la visione pubblica.
    La produzione “conto terzi” dal 1910 ca. all’immediato dopoguerra, che consiste di 350.000 tra lastre e negativi in bianco e nero e a colori, è conservata presso il Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) dell’Università degli Studi di Parma.
    Un’ultima porzione più eterogenea consiste nell’archivio privato dei Vasari (circa 90.000 tra pellicole di vari formati positive, negative bianco/nero e colore, e file digitali ad alta risoluzione), questo fondo, in continua espansione, comprende la produzione fotografica dei Vasari ad oggi ed è consultabile su un database di ricerca per soggetto, autore ed ubicazione tramite il sito dello studio fotografico.(fonte)

    [2] Palazzo Venezia

    Palazzo Venezia o Palazzo Barbo è un edificio storico di Roma compreso tra piazza Venezia e via del Plebiscito. Ospita il Museo nazionale di Palazzo Venezia e la sede dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte (INASA), con l’importante biblioteca di archeologia e storia dell’arte, fa parte, insieme al Vittoriano dell’Istituto VIVE, uno degli undici istituti di rilevante interesse di livello generale del Ministero della Cultura dotati di autonomia speciale, istituito nel 2019 e divenuto operativo dal 2 novembre 2020, sotto la direzione di Edith Gabrielli.
    Storia

    Fu costruito tra il 1455 e il 1467 su commissione del cardinale veneziano Pietro Barbo, che in seguito divenne papa con il nome di Paolo II. Venne utilizzato travertino proveniente dal Colosseo e dal Teatro di Marcello.

    La paternità del progetto del palazzo, che rappresenta uno dei primi e più importanti edifici civili della Roma rinascimentale, è incerta; per alcuni è da riferire a Leon Battista Alberti (che però fu molto critico sui cantieri romani dell’epoca), per altri a Giuliano da Maiano, che sicuramente scolpì il portone principale del palazzo, per altri a Bernardo Rossellino che però era già morto nel 1464.

    È tuttavia più accreditata dalla critica più recente l’attribuzione a Francesco del Borgo, già attivo a Roma come architetto della corte papale presso Niccolò V.

    Quello che è certo è che il Barbo, divenuto papa, dispose l’ampliamento del palazzo nel 1466, affidandone la costruzione all’architetto Bernardo di Lorenzo di Firenze, sotto la conduzione dello scrittore apostolico Francesco del Borgo S. Sepolcro; tali lavori includevano la realizzazione del portico innanzi alla basilica di San Marco ed il collegamento tra il nuovo edificio e l’esistente palazzo cardinalizio. Insieme con questi, il contratto veniva sottoscritto anche dal marmorario e scultore Jacopo da Pietrasanta.

    Secondo Giuseppe Merzario – che conferma il ruolo di Giacomo da Pietrasanta, il quale dal 1468 era definito “presidens” della fabbrica del palazzo apostolico – larga parte vi ebbero nella realizzazione dell’edificio i Maestri comacini, capeggiati da Manfredo di Antonio di Como. A questi si aggiungevano gli architetti e scalpellini, Meo del Caprino di Firenze e Nuccio de Risis di Narni.

    Durante il pontificato di Paolo II, che vi abitò per gran parte del suo pontificato, adibendolo a palazzo apostolico, la costruzione dell’edificio venne realizzata fino al portale sull’attuale via del Plebiscito (1468-1471), come testimoniano le finestre crociate recanti lo stemma dei Barbo, essendo costruito il restante tratto in epoca successiva ad opera del cardinale Marco Barbo.

    Nel 1564, apprezzando la pronta accettazione degli esiti del Concilio di Trento da parte della Repubblica di Venezia, in segno di riconoscenza papa Pio IV le dona il palazzo perché lo utilizzasse come sede dei suoi ambasciatori ed oratori presso la Santa Sede: da ciò ne derivò il nome, divenendo la prima sede stabile di ambasciata a Roma.

    Dal 1797 passò con Venezia agli austriaci, divenendo sede dell’Ambasciata dell’Impero d’Austria (dal 1867 ambasciata dell’Impero austro-ungarico) presso la Santa Sede; e dal 1916 passò allo Stato italiano, in seguito ad espropriazione come rappresaglia per il bombardamento di Venezia da parte dell’esercito asburgico.

    Il 16 settembre 1929 il dittatore fascista Benito Mussolini stabilì a Palazzo Venezia la sede del proprio quartier generale, nella sala del mappamondo; per tutti i successivi anni in cui il fascismo restò al potere, la luce di questa stanza non venne mai spenta, a significare che il Governo non riposava mai. Dal 1923 al 1943 fu sede delle riunioni del Gran consiglio del fascismo.
    Fu dal balcone di questo palazzo che Mussolini arringò la folla in alcune delle occasioni più importanti del regime fascista: ad esempio il 5 maggio 1936 proclamò la nascita dell’Impero, l’8 dicembre 1937 annunciò l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni ed il 10 giugno 1940 annunciò che l’Italia aveva dichiarato guerra alla Francia ed al Regno Unito.

    Utilizzo

    Palazzo Venezia ospita ora il Museo Nazionale di Palazzo Venezia, dove tra le altre opere si possono osservare sculture in terracotta di Gianlorenzo Bernini, e la biblioteca di archeologia e storia dell’arte, punto di riferimento a livello mondiale per gli studi di archeologia e storia dell’arte. La biblioteca comprende buona parte del piano terra, i piani dal primo al quarto e tutta la cosiddetta “Torre della Biscia”.

    Dal dicembre 2014 vi ha sede il Polo museale del Lazio, organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali incaricato di gestire i musei statali nel territorio della regione del Lazio. In una ulteriore riforma del dicembre 2019, il Polo museale ha cambiato nome in Direzione regionale Musei: sempre per la medesima riorganizzazione, il Museo nazionale di Palazzo Venezia è stato unito al Vittoriano entro un’unica amministrazione, creando un nuovo ente dotato di autonomia speciale.

    Architettura

    Il palazzo, che venne costruito inglobando edifici precedenti, era essenzialmente articolato su due corpi di fabbrica: il Palazzetto, affacciato tra piazza Venezia e via San Venanzio, costruito dal 1455, e il corpo principale di ampiezza pressoché doppia e racchiuso tra la piazza, via del Plebiscito e via degli Astalli. All’angolo sulla piazza faceva da cerniera tra le due facciate l’alta “Torre della Biscia”. Nel 1909, nell’ambito del piano di sistemazione di Piazza Venezia, fu decisa la demolizione del Palazzetto, che, smontato dalla sua posizione all’angolo sudorientale del Palazzo, venne ricostruito addossandolo alla sua facciata meridionale, fra piazza San Marco e via degli Astalli. La ricostruzione del Palazzetto non fu fedele, poiché ne fu regolarizzata la pianta trapezoidale e venne ridotto il numero delle arcate prospicienti il cortile interno.

    Il palazzo è l’esempio paradigmatico del gusto sviluppatosi in architettura agli inizi del rinascimento romano. Il portale su piazza Venezia è attribuito a Giovanni Dalmata. Nel cortile del Palazzetto si trovano elementi ripresi dall’architettura romana, combinati però senza rigore filologico, privilegiando la funzionalità all’aderenza rigida al modello. Esso riprende il modello del viridarium e si ispira al Colosseo negli ordini architettonici sovrapposti e nel cornicione con fregio a mensole. L’ampiezza degli archi però è diminuita e semplificata, per non farli sembrare troppo imponenti rispetto agli spazi che racchiudono. Nel cortile si ebbe inoltre un tentativo di soluzione al problema della conformazione dell’angolo, dove alle esili colonne si sostituiscono robusti pilastri; l’elemento angolare è così formato da un pilastro ad “L”. La facciata esterna invece è caratterizzata dall’uso di finestre a tutto sesto al piano terra, mentre al primo piano, quello nobile vennero predilette eleganti finestre a croce guelfa, tipiche del rinascimento quattrocentesco, realizzate in marmo, alcune delle quali murate ed alterate nel corso del XVII e XIX secolo, riemersero dopo l’imponente restauro iniziato a metà Ottocento. Il terzo e ultimo piano è caratterizzato dall’uso di semplici quadrotte, il tutto è coronato da una merlatura.

    Nel palazzo vero e proprio (costruito dal 1466) si ebbe una ripresa più fedele dei modelli antichi, che testimonia una graduale comprensione più in profondità. Il vestibolo con volta a lacunari registra il primo esempio di utilizzo nell’architettura moderna del getto di calcestruzzo all’antica, su centine e casseforme, ripreso dal Pantheon o dalla basilica di Massenzio.
    La loggetta nel cortile principale riprende in maniera fedele lo schema del paramento esterno del Colosseo o del Teatro di Marcello, con ordini sovrapposti e semicolonne addossate sui pilastri tra gli archi.
    Nell’angolo destro della facciata venne sistemata, nel 1911, una cappella contenente l’immagine di una Madonna considerata miracolosa e molto cara al popolo, detta la Madonnella di San Marco o delle Grazie, proveniente dal Palazzetto smontato e ricostruito verso via degli Astalli.(fonte)

    Piazza Venezia

    Piazza Venezia è una celebre piazza di Roma. È situata ai piedi del Campidoglio, dove si incrociano cinque fra le più importanti strade della capitale: via dei Fori Imperiali, via del Corso, l’asse via C. Battisti-via IV Novembre-via Nazionale, l’asse via del Plebiscito-corso Vittorio e via del Teatro di Marcello.

    Descrizione

    La piazza è dominata dal Vittoriano, uno dei simboli patri italiani; tre palazzi monumentali la circondano negli altri lati. Il più antico è il quattrocentesco Palazzo Venezia, che dà il nome alla piazza e che è sede dell’omonimo museo nazionale. Gli altri palazzi sono il secentesco Palazzo Bonaparte e il Palazzo delle Assicurazioni Generali, costruito nei primi anni del Novecento.
    Su piazza Venezia si incontrano i confini di tre rioni: ad ovest di essa si estende il rione Pigna, ad est il rione Trevi e a sud il rione Campitelli.
    Le cinque importanti strade che si dipartono da piazza Venezia ne fanno un nodo fondamentale del tessuto urbano. La più antica è la centralissima via del Corso, che collega la piazza con la zona settentrionale della capitale. Il tracciato di via del Corso risale al 220 a.C. e ricalca quello della via Lata, tratto urbano della via Flaminia.
    Nel periodo post-unitario furono tracciate due nuove strade convergenti sulla piazza. Nel 1879 fu aperta via Nazionale per collegare il centro con la zona della Stazione Termini e con i quartieri orientali della città; l’asse di via Nazionale raggiunge la piazza attraverso via Cesare Battisti. Nello stesso periodo fu aperto anche corso Vittorio, che conduce verso il Vaticano e i quartieri nord-occidentali; questo corso raggiunge la piazza attraverso la breve via del Plebiscito.
    Nel ventennio fascista furono aperte altre due strade di grande comunicazione urbana, con inizio da piazza Venezia: la prima è via del Teatro di Marcello, aperta nel 1927, collega la piazza con il Tevere e costituiva il primo tratto della via del Mare, diretta verso i quartieri sud-occidentali, l’EUR e il litorale di Ostia. Nel 1933 fu aperta via dell’Impero, oggi via dei Fori Imperiali, diretta verso il Colosseo, il Laterano e i quartieri sud-orientali. Con l’apertura delle nuove quattro strade, piazza Venezia si trovò ad assumere l’attuale ruolo di snodo delle comunicazioni tra le varie parti della capitale.

    Toponimo

    Prima di assumere il nome attuale, la piazza ebbe due altre denominazioni. Inizialmente era detta “di San Marco”, per la vicinanza dell’omonima basilica.

    Nel 1455, il cardinale Pietro Barbo fece costruire per sé un monumentale palazzo sul lato occidentale della piazza, demolendo gli edifici che ospitavano i cardinali del titolo di S. Marco. Il cardinale, poi divenuto papa con il nome di Paolo II, decise di collocare al centro della piazza una grande vasca di granito ritrovata alle Terme di Caracalla; da quel momento il luogo fu chiamato “piazza della Conca di San Marco”. Papa Paolo III, della famiglia Farnese, nel 1545 fece spostare la vasca di granito in piazza Farnese, per riunirla a quella simile già lì presente.

    Nel 1560, l’edificio fatto costruire da Pietro Barbo fu donato da papa Pio IV alla Repubblica di Venezia, che ne fece la sede della propria ambasciata presso lo Stato Pontificio, e per questo motivo da allora fu denominato Palazzo Venezia: la piazza assunse allora il suo nome attuale.

    L’ampliamento

    Originariamente la piazza si estendeva solo nella metà occidentale di quella attuale e via del Corso iniziava dal suo angolo nord-orientale. Il suo aspetto odierno deriva largamente dagli interventi di demolizione e ricostruzione realizzati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in seguito alla costruzione del Vittoriano, costruito a cavallo dei due secoli, dedicato al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II. Il monumento è spesso identificato, per sineddoche, con l’Altare della Patria, che ne è la parte centrale e che accoglie dal 1921 il Milite ignoto.

    Il primo concorso che fu indetto per il Vittoriano non ebbe seguito, anche perché il bando non aveva prescritto il luogo dove erigere il monumento. Era seguito un acceso dibattito per decidere il luogo di costruzione; scartando le altre proposte (piazza della Rotonda, piazza Esedra, piazza dei Cinquecento), nonostante la contrarietà di eminenti personalità della cultura del tempo si decise infine di costruire il monumento a ridosso del Campidoglio, luogo che da millenni era rappresentativo del potere romano. Ciò, infatti, avrebbe reso il Vittoriano non solo il memoriale del primo re d’Italia, ma il simbolo della Roma capitale (la terza Roma), vero contraltare di San Pietro, emblema della Roma papale, e del Colosseo, icona della Roma imperiale. Stabilito il luogo, fu quindi indetto un secondo concorso per il Vittoriano, vinto da Giuseppe Sacconi, che ebbe anche la direzione dell’immenso cantiere.

    L’imponente monumento richiedeva uno spazio antistante di conveniente ampiezza; si decise quindi di ampliare piazza Venezia e di renderla simmetrica rispetto all’asse di via del Corso. L’ampliamento fu progettato nelle sue linee generali da Giuseppe Sacconi e definito poi da Guido Cirilli.

    Dato che la piazza è dominata dalla bianca mole marmorea del Vittoriano, è necessario ricordare che il progetto originario del monumento prevedeva in realtà l’utilizzo di due pietre diverse: il marmo di Carrara per il sommoportico e il travertino per la restante parte. Il marmo di Carrara era previsto per richiamare i marmi bianchi che gli antichi romani usavano nelle costruzioni più rappresentative, e il travertino era parimenti pietra tradizionale degli edifici dell’antica Roma. Tuttavia, al momento della realizzazione, fu impiegato un solo marmo: il botticino, più facilmente modellabile e più economico del marmo di Carrara, il cui uso avrebbe comportato una spesa giudicata troppo elevata dalla Commissione Reale incaricata di seguire la realizzazione del monumento.[8] La sostituzione delle due pietre scelte da Sacconi con il più economico botticino generò molte polemiche, anche perché il marmo proveniva dalle cave della provincia di Brescia, di cui era originario il ministro Giuseppe Zanardelli, che aveva apertamente dichiarato di voler favorire le industrie della zona.[9]

    L’allargamento e la simmetrizzazione della piazza non comportarono modifiche né sul lato nord né sul lato ovest, occupati rispettivamente da Palazzo Bonaparte e da Palazzo Venezia. Si decise invece la modifica del lato est della piazza: gli edifici presenti furono abbattuti e, su una linea più arretrata, fu costruito il Palazzo delle Assicurazioni Generali. Fu inoltre necessario intervenire anche sul lato sud, dove sorgeva il Palazzetto Venezia, che si decise di demolire e ricostruire nelle vicinanze, per permettere la visione del Vittoriano dalla piazza e da via del Corso. I lavori iniziarono alla fine dell’Ottocento e si conclusero nel 1911, anno in cui furono inaugurati sia il Palazzo delle Assicurazioni Generali, sia il Vittoriano.

    Palazzi demoliti o ricostruiti nelle vicinanze

    Per realizzare l’ampliamento fu demolito Palazzo Bolognetti-Torlonia, che si affacciava sulla piazza ed era ritenuto uno dei più belli di Roma. I Torlonia lo avevano fatto erigere pochi decenni prima (nel 1827) al posto di Palazzo Bolognetti, a sua volta abbattuto. Il nuovo edificio era stato edificato in forme grandiose ed era stato fatto affrescare da uno dei più celebri pittori dell’epoca, Francesco Podesti; gli affreschi più significativi furono strappati dalle pareti e oggi sono conservati al Museo di Roma a palazzo Braschi. Il palazzo conteneva anche il gruppo scultoreo Ercole e Lica di Antonio Canova, oggi alla Galleria nazionale d’arte moderna della capitale.

    Sullo stesso lato della piazza sorgevano altri due palazzi: il Paracciani-Nepoti e il Frangipane-Vincenzi, sullo stesso allineamento della palazzata orientale di via del Corso.

    Tra gli edifici demoliti vi era la casa dove visse e morì Michelangelo Buonarroti; l’edificio non si trovava in piazza Venezia, ma nelle sue immediate vicinanze, in piazza Macel de’ Corvi, anch’essa scomparsa nel corso della sistemazione dell’area. Nel 1871 era stata apposta una targa sulla casa che ospitò Michelangelo; dopo la sua demolizione fu spostata sul Palazzo delle Generali, sul lato che guarda verso il Vittoriano.[10] Nella piazza è presente anche un’altra targa, che commemora Cesare Battisti; fu posta nel 1916 all’imbocco del primo tratto di via Nazionale, che in concomitanza fu intitolato al patriota ucciso dagli austriaci.

    Il Palazzetto Venezia era originariamente saldato all’angolo sudorientale di Palazzo Venezia, a destra della facciata della Basilica di San Marco. Poiché impediva la visione del Vittoriano dalla piazza, rappresentava un problema. Trattandosi di un edificio di grande valore storico ed artistico, non lo si volle però distruggere: il palazzetto fu smontato pezzo per pezzo e ricostruito con un intervento di anastilosi a sinistra della basilica. I lavori furono completati poco prima dell’inaugurazione del Vittoriano, nel 1911.

    Nel corso della sistemazione dell’area furono demolite anche la casa di Giulio Romano e quella ove aveva sede la bottega di Pietro da Cortona, che sorgevano non direttamente nella piazza, ma nelle sue immediate vicinanze.

    Interventi degli anni 1930

    Dopo l’ampliamento, la piazza divenne contigua a piazza della Madonna di Loreto e a piazza San Marco; si creò così un unico ambiente urbano, articolato nelle tre piazze.

    All’inizio degli anni 1930, in occasione dell’apertura di via dei Fori Imperiali e di via del Teatro di Marcello, tutta questa vasta area fu sistemata, così come gli imbocchi delle due nuove vie. L’architetto paesaggista Raffaele De Vico, in collaborazione con l’archeologo Corrado Ricci, sistemò questi spazi a giardini, riuscendo a stabilire una simmetria rispetto all’Altare della Patria, nonostante la spiccata irregolarità degli spazi.

    In particolare, furono quattro le zone verdi realizzate da De Vico: due in piano, di forma quadrangolare, davanti alle chiese di San Marco e della Madonna di Loreto, due ad esedra, con gradoni di travertino e pini italici, nei pressi degli imbocchi delle due nuove vie.

    Il giardino pianeggiante di fronte alla chiesa della Madonna di Loreto è stato eliminato nel corso dei lavori della linea C della metropolitana, suscitando alcune polemiche.[11] Ora al posto del giardino c’è una zona archeologica, con i resti dell’Athenaeum di Adriano.

    I palazzi della piazza attuale

    Il lato ovest della piazza è costituito dalla facciata di Palazzo Venezia, che fu inizialmente sede pontificia: papa Giulio II assisteva dal balcone del palazzo alla corsa dei cavalli barberi, che fino al 1883 si disputava lungo via del Corso e terminava nei pressi della piazza, nella scomparsa via della Ripresa dei barberi. Successivamente, dal 1564 al 1797, ospitò la rappresentanza veneziana presso lo Stato Pontificio; il suo nome attuale risale a quest’epoca.

    Quando il Congresso di Vienna assegnò agli Asburgo i territori della Serenissima, anche il palazzo seguì la stessa sorte e fu sede dell’ambasciata dell’Impero austro-ungarico fino al 1915, quando fu confiscato dallo Stato italiano.

    Nel 1929 Benito Mussolini lo scelse come sede della Presidenza del Consiglio dei ministri; dal balcone pronunciava i suoi discorsi alle “adunate oceaniche” fasciste. Per questa ragione, la piazza, che in quegli anni era sentita come il centro della città, fu proclamata “Foro d’Italia”[12] ovvero “Foro Italico”.[2] Dal balcone del palazzo, verso la piazza gremita di folla, furono annunciati alla nazione alcuni eventi che hanno segnato la storia italiana del Novecento: il 9 maggio 1936 la proclamazione dell’Impero e, il 10 giugno 1940, l’entrata nella Seconda guerra mondiale.

    Oltre a Palazzo Venezia, della sistemazione originaria della piazza si è conservato sul lato nord il Palazzo Bonaparte, dove visse dal 1818 fino alla morte Letizia Ramolino, madre di Napoleone. Dietro il balconcino coperto (detto “mignano”) che ancora oggi si nota sull’angolo con via del Corso, la vecchia signora – che faceva vita ritiratissima – passava le giornate osservando la vita della piazza sottostante (allora assai più stretta e irregolare). Quando, in età avanzata, divenne cieca, non rinunciò al suo passatempo, e si faceva raccontare la vita di strada dalla sua governante.[13]

    A Giuseppe Sacconi, oltre che la forma attuale della piazza, si deve anche l’idea iniziale del Palazzo delle Assicurazioni Generali, situato di fronte a Palazzo Venezia, da cui riprende l’altezza, la larghezza, il tipo di coronamento e la presenza della torre, per ragioni di simmetria. Il progetto del palazzo fu poi elaborato da Guido Cirilli, che disegnò l’aspetto neorinascimentale delle facciate, originale rispetto al palazzo che lo fronteggia. Anche i dettagli in ferro della facciata, ossia i candelabri, i lampioni e le inferriate del piano terra, sono dovuti al disegno di Cirilli, così come gli arredi originali dei negozi del piano terra, compresi quelli del famoso “Gran Caffè Faraglia”, che con il suo modernismo liberty divenne un modello per i caffè di tutto il paese. Si trovava all’angolo tra la piazza e via Battisti e chiuse nel 1933.

    L’edificio è ornato da un grande leone marciano di età rinascimentale, un tempo collocato sul torrione del Portello Novo delle mura di Padova a simbolo del dominio della Serenissima su quella città; nel 1797 le milizie francesi lo lanciarono nel canale sottostante la fortificazione e da lì venne recuperato decenni dopo, per poi essere acquistato e collocato sulla facciata, ad ornamento di questa piazza romana.

    Nella cultura di massa

    Durante il periodo delle festività natalizie, nell’aiuola al centro della piazza è collocato un grande albero di Natale, che a causa dei lavori di costruzione della nuova linea metropolitana dal 2006 al 2012 è stato invece allestito in piazza del Colosseo, di fronte all’uscita della metro Colosseo.

    All’incrocio con via del Corso si trova una pedana rialzata per i vigili urbani, che è stata elemento di ispirazione per molti film e spot pubblicitari, da Vacanze romane di William Wyler (1953) a To Rome with Love di Woody Allen (2012); quest’ultimo ha diretto la scena iniziale con Pierluigi Marchionne, effettivo vigile della Polizia di Roma Capitale.

    In previsione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia, che si celebrò nel 2011, all’inizio di settembre 2009 era stato proposto un nuovo nome per la piazza, che sarebbe divenuta «piazza dell’Unità d’Italia»; la proposta fu poi bocciata.(fonte)