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Zaragoza, 1938

    001

    479
    412
    Campanile de El Codo
    Zaragoza – Maggio 38[1]

    002

    480
    Saragozza – 24-5-38
    Lupex

    003

    481
    401
    Maggio 1938
    Zaragoza – plaza de España 

    004

    482
    333
    Maggio 1938
    Zaragoza – Chiesa del Pilar[2]

    005

    483
    360
    Zaragoza – Motivi moreschi di El Ceo[3]

    006

    484
    427
    Zaragoza – El Ceo
    Maggio 38

    007

    485
    400
    Maggio 1938
    Plaza de España a Zaragoza

     008

    558
    À mi guer
    amigo Mario[4]
    como prueba de
    amistad sincera.
    aef. Montonero

    009

    560
    Zaragoza Osped. N . 9[5]
    Luglio 38

    010

    561
    Zaragoza Osped. N . 9
    Luglio 38

    011

    561
    Zaragoza Ospedale N . 9
    Luglio 38 .
    Don Luis Mountusé

    012

    563
    463
    Zaragoza Ospedale N . 9
    Giugno 38 .

    013

    565
    464
    Zaragoza
    Giugno 38 .


    Note

    [1] Battaglia d’Aragona. La battaglia d’Aragona fu un episodio bellico della guerra civile spagnola successiva alle battaglie di Teruel, dopo la quale i repubblicani avevano perso numerosi veterani e l’appoggio in armi dell’Unione Sovietica; i franchisti, forti della superiorità in mezzi, delle fiorenti industrie basche e dell’appoggio italo-tedesco, riuscirono a conquistare ampie zone del Levante Spagnolo e dell’Aragona.
    L’offensiva franchista iniziò il 7 marzo, preceduta da bombardamenti e attacchi aerei; l’armata franchista divisa in tre parti penetrò subito nelle difese repubblicane sull’Ebro: mentre gli spagnoli prendevano Belchite il 10 marzo, le truppe italiane entravano in Rudilla. Le difese repubblicane crollarono quando gli italiani entrarono in Alcañiz, le truppe repubblicane, eccettuate le Brigate Internazionali, si diedero alla fuga in massa: il 22 marzo cadde Saragozza, mentre ai primi di aprile i repubblicani persero Gandesa.
    La decisione di Francisco Franco di non attaccare immediatamente Barcellona diede ai repubblicani il tempo di opporsi a nazionalisti ed italiani nella difesa del fiume Segre.(fonte)

    [2] Basilica di Nostra Signora del Pilar. La basilica di Nostra Signora del Pilar, o semplicemente basilica del Pilar (in spagnolo Catedral-Basílica de Nuestra Señora del Pilar, in aragonese Basilica de Nuestra Sinyora d’o Pilar), è una chiesa cattolica che si trova a Saragozza, in Spagna. Nel 1948 è stata insignita del titolo di Basilica minore. La basilica è dedicata alla Vergine Maria, sotto il suo titolo di Nostra Signora del Pilar celebrata come Madre dei popoli ispanici da papa Giovanni Paolo II. Viene considerata la chiesa dedicata alla più antica apparizione mariana della storia.
    La basilica di Nostra Signora del Pilar è uno dei più famosi santuari di Spagna e secondo la tradizione è stata fondata da Giacomo il Maggiore dopo che Maria, ancora vivente a Gerusalemme, gli era apparsa non in spirito ma nel suo corpo, seduta su un pilastro (pilar). L’attuale chiesa è un edificio di proporzioni gigantesche dotato di grande cupola centrale, altre dieci cupole minori e quattro campanili; fu eretta a partire dal 1681 su progetto di Francisco Herrera il Giovane. All’interno cappelle e volte decorate da affreschi di noti artisti, di marmi, bronzi e argenti e nella santa capilla, cappella barocca a forma di tempietto ellittico, la piccola statua lignea della Madonna del XIV secolo vestita di paramenti preziosi posta su una colonna di alabastro. La Santa Cappella è racchiusa nella parte centrale dell’edificio, trasformata nel 1765 da Ventura Rodriguez: è il cuore del Pilar, con l’immagine della Vergine. Sul retro ai fedeli è concesso di toccare la pietra originale. Agli affreschi della cattedrale ha lavorato anche Goya, al quale nel 1772 fu affidato l’incarico di dipingere la Volta del Coreto di fronte alla Santa Cappella. Il tema scelto fu “L’Adorazione del Nome di Dio”. In questa opera Goya fonde la scenografia tardo barocca romana con il rococó: su diverse masse di nuvole dispone angeli, musicisti e cantori, che lodano la Gloria di Dio. La grande sensazione di profondità dello spazio è ottenuta mediante contrasti di luci e sottili effetti di chiaroscuro. Gli angeli nelle estremità della composizione catturano l’attenzione, guidando lo spettatore verso il triangolo luminoso del fondo, che rappresenta Dio nelle tre persone della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
    Nel 1780 Goya venne eletto membro della Reale Accademia di Belle arti di San Fernando e, quando tornò a Saragozza, diede avvio alla sua grande opera murale con la Regina Martyrum, ossia la decorazione di una cupola nella navata nord della Basilica del Pilar trovandosi a dipingere per la prima volta una superficie semisferica. Nella Basilica possono ammirarsi i bozzetti che Goya realizzò per la cupola Regina Martyrum. Sull’altare maggiore si trova il retablo dell’Assunzione di Damiàn Forment realizzato dall’artista dal 1509 al 1518.
    La basilica di Nostra Signora del Pilar è una delle due basiliche della città di Saragozza, ed è la concattedrale della città insieme alla vicina cattedrale di San Salvador. Tradizionalmente in onore della Madonna del Pilar si celebrano grandi feste dall’11 al 18 ottobre, in cui si balla l’antichissima jota, danza sacra e popolare.
    Il bombardamento. All’interno della basilica, appese a una parete, spiccano due bombe d’aereo. Si tratta di due dei tre ordigni sganciati sulla chiesa la notte del 3 agosto 1936 da un trimotore repubblicano decollato da Barcellona nei primi mesi della guerra civile spagnola, quando la Catalogna era schierata con i Repubblicani mentre l’Aragona era in mano ai Nazionalisti.
    Il rapporto ufficiale riferisce di una bomba caduta sul selciato, a circa otto metri dalla facciata, che attualmente è indicata da una lapide, mentre le altre due bombe perforarono il tetto della basilica cadendo rispettivamente davanti all’altare della Vergine e nel coro. Inspiegabilmente, nessuna delle tre bombe esplose e i danni furono limitati a un modesto foro nella cornice(fonte)

    [3] La Seo o Cattedrale di San Salvador a Zaragoza. La cattedrale del Salvatore (in spagnolo: Catedral de El Salvador de la Seo) è una delle due cattedrali metropolitane di Saragozza, assieme alla basilica e cattedrale del Pilar. Abitualmente chiamata “la Seo” in contrapposizione a “el Pilar”. La cattedrale sorge sul sito dell’antico foro romano di Augusto e della moschea maggiore della Taifa di Saragozza, del cui minareto perdura l’impronta nella torre attuale. L’edificio fu iniziato nel XII secolo in stile romanico ed è stato oggetto di molti cambi e ampliamenti. L’attuale aspetto esterno è caratterizzato da una facciata neoclassica e da una grande torre campanaria, realizzata dal 1683 su disegni inviati da Roma dall’architetto barocco Giovan Battista Contini, in sostituzione di una precedente torre in stile mudèjar.(fonte)

    [4] La 4ª Divisione fanteria “Littorio” o Divisione d’assalto Littorio fu una divisione italiana del Regio Esercito, operativa durante la guerra civile spagnola.
    Costituita da volontari del Regio Esercito la 4ª Divisione fanteria “Littorio” fu una divisione di fanteria completamente motorizzata. Si costituì come una delle quattro divisioni che andarono a formare il Corpo Truppe Volontarie durante la guerra civile spagnola.
    Al suo rientro in Italia fu utilizzata per costituire la 133ª Divisione corazzata “Littorio”.(fonte)

    [5] Nelle Sezioni di Sanità e negli Ospedali da Campo veniva sorvegliato quasi quotidianamente il lavoro, che vi si svolgeva durante le operazioni.
    In tempo di riposo i Cappellani, oltre ad assistere i Legionari del proprio Reparto, attendevano anche alla cura spirituale dei Reparti vicini, privi di Cappellano, od aiutavano i Confratelli dei Reparti combattenti. Invece i Cappellani degli Ospedali Legionari e normalmente anche quelli degli Ospedali della Croce Rossa avevano assorbita la loro attività nei rispettivi Reparti, che funzionavano in permanenza; la loro consegna era di non lasciare uscire alcun degente senza che avesse ricevuti i Sacramenti della penitenza e
    dell’Eucaristia, ed avevano la comodità per farlo, trovando anche valido aiuto nelle Suore o nelle Crocerossine ivi in servizio. La controprova si aveva nelle confessioni ascoltate nei Reparti combattenti: i Legionari, che erano stati ricoverati in qualche Ospedale, facevano ascendere sempre a quel tempo l’ultima confessione da loro fatta. Da: L’intervento del clero militare italiano nella Guerra civile spagnola. La relazione del cappellano capo don Aristide Baldassi (1939) Mimmo Franzinelli.(fonte)

    La Guerra civile spagnola è l’emblema di un’epoca che vede il confronto di tre modelli di organizzazione della vita sociale: quello democratico occidentale, quello comunista e anarchico, quello fascista innestato sulla forza delle tradizioni militari e religiose della Spagna. L’esito, tra il 1936 e il 1939, è un lunghissimo e sanguinoso conflitto armato che si risolve per il decisivo contributo in armi e uomini che la Germania nazista e l’Italia fascista sono in grado di offrire al caudillo Franco, mentre il governo repubblicano non solo può contare su risorse e aiuti assai limitati da parte sia delle potenze occidentali che dell’URSS (sostanzialmente costituiti dalle brigate antifasciste internazionali), quanto soprattutto è costretto a una conduzione della guerra in cui le lacerazioni profonde della sinistra (come quella tra anarchici e comunisti) rendono difficoltosa la coesione delle operazioni contro i falangisti.

    I disordini politici e il colpo di Stato di Franco: scoppia la guerra civile

    L’avvio di una delle vicende politico-militari, la guerra civile spagnola, che più di ogni altra contraddistingue la spinta dell’Europa verso la Seconda guerra mondiale, è probabilmente da ricercare nel fallimento dell’esperimento politico del dittatore Miguel Primo de Rivera (1870-1930). Le opposizioni alla sua politica e il fallimento di tutti i suoi sforzi lo spingono a lasciare il potere nel gennaio 1930, mentre anche il re Alfonso XIII (1886-1941), profondamente coinvolto nell’esperienza autoritaria di de Rivera, è costretto ad allontanarsi dalla Spagna dopo la vittoria elettorale dei partiti Repubblicano e Socialista nel 1931.

    La formazione di un governo di sinistra repubblicano-socialista, presieduto da Manuel Azana (1880-1940), proprio nella fase di maggiore incertezza economica, poiché i settori più vitali del sistema economico sono colpiti dalla grande crisi economica del 1929, produce il tentativo di introdurre riforme di tipo liberal-democratico che rafforzano la modernizzazione del Paese: una riforma agraria, che assume un carattere moderato e non punitivo per la proprietà, come invece vogliono gli anarchici; la laicizzazione del sistema scolastico, che viene sottratto all’influenza della Chiesa; il riconoscimento dell’autonomia catalana; un nuovo diritto di famiglia; l’introduzione del suffragio universale. Le difficoltà per il governo Azana nascono sia per la resistenza dei ceti colpiti da quei provvedimenti, sia per l’insoddisfazione dei partiti rivoluzionari che li ritengono insufficienti. La vita politica spagnola, mentre la crisi economica contribuisce a creare masse di sbandati e di disoccupati, inizia a caratterizzarsi per gli scontri armati tra le milizie di partito delle due ali estreme. In particolare, all’estrema destra José Antonio Primo de Rivera, figlio del dittatore, fonda la Falange spagnola, un movimento che richiama i partiti nazional-fascisti europei, mentre un forte movimento cattolico-reazionario è guidato da José María Gil Robles (1898-1980). Alla fine di novembre 1933, le elezioni politiche segnano la vittoria dei partiti di centrodestra, i quali provvedono immediatamente a vanificare buona parte delle riforme del governo Azana. Alla reazione dei partiti di estrema sinistra – che nelle Asturie si trasforma in una vera e propria rivolta dei minatori anarchici – il governo risponde con una violenta repressione che produce 3000 morti. In una situazione così radicalizzata interviene agli inizi del 1936 la nuova vittoria elettorale del fronte delle sinistre, di cui per la prima volta fanno parte anche comunisti e anarchici. La guida del governo tocca al socialista Francisco Largo Caballero (1869-1946). Si rinnovano immediatamente le violenze degli estremisti di destra, che non accettano il responso delle urne, cui i gruppi armati delle sinistre rispondono con attentati a personalità guida dell’estrema destra. Il 3 luglio viene assassinato il fondatore della Falange spagnola, de Rivera, e l’episodio serve a fine luglio alle truppe del generale Francisco Franco (1892-1975), insediate in Marocco, per un nuovo pronunciamento dell’esercito. L’esercito dei rivoltosi, che ha dalla propria parte i quadri militari, riesce a passare nel continente, grazie anche all’assistenza militare dell’Italia e della Germania che riconoscono subito il nuovo governo che Franco costituisce a Burgos, nella parte occidentale della Spagna, mentre il governo repubblicano riesce a mobilitare la resistenza popolare e i quadri militari rimastigli fedeli e soprattutto a disporre delle forze di polizia e delle masse di volontari delle regioni industriali, ma risente notevolmente dell’indisciplina delle milizie operaie imbevute di anarchismo. L’URSS invia ai repubblicani tecnici, materiale bellico e aiuti finanziari, incomparabilmente minori di quelli offerti, prima segretamente poi apertamente, dai governi italiano e tedesco. Inizia così la guerra civile spagnola.

    Una guerra civile che coinvolge tutta l’Europa

    Dal punto di vista militare la guerra di Spagna rappresenta il banco di prova delle armi e delle tecniche nuove, utilizzate nella Seconda guerra mondiale. L’aiuto delle potenze fasciste alla Spagna franchista assume un forte significato ideologico, per cui in tutto il mondo occidentale le forze politiche che colgono il pericolo dell’espansionismo fascista si schierano con i repubblicani. Si formano brigate internazionali di democratici, socialisti, comunisti e anarchici che vanno a combattere per la repubblica e particolarmente significativa è la presenza degli antifascisti italiani, mentre vengono deluse le speranze che il governo repubblicano ha posto nella Francia e nell’Inghilterra, poiché queste adottano una politica di non intervento. L’esito della guerra civile non è affatto scontato, malgrado il massiccio intervento a favore dei franchisti delle truppe italiane (sotto forma di volontari) e della tecnologia bellica, soprattutto aviatoria, tedesca. Mentre la conduzione della guerra da parte dei franchisti è sufficientemente coerente, nella parte repubblicana la guerra civile produce una forte divaricazione tra democratici e comunisti, da una parte, e anarchici e trozkisti – i comunisti sostenitori delle teorie del grande rivoluzionario russo hanno creato una quarta internazionale – dall’altra. Questi ultimi infatti ritengono che la guerra civile debba trasformarsi immediatamente in rivoluzione sociale. In Aragona e Catalogna, dalla metà di luglio alla fine di agosto 1936, i lavoratori e i contadini collettivizzano i trasporti urbani e ferroviari, le industrie metallurgiche e tessili, il rifornimento d’acqua e alcuni settori del grande e piccolo commercio. Circa 20 mila imprese industriali e commerciali sono così espropriate e gestite direttamente dai lavoratori e dai loro sindacati. Un Consiglio dell’economia viene costituito per coordinare l’attività dei diversi settori della produzione. È nel settore agricolo che la collettivizzazione è più radicale con misure quali la creazione di salari familiari e la messa in comune degli attrezzi e dei raccolti. Così, andando assai oltre i progetti politici dei repubblicani, vengono create Comuni rivoluzionarie in un clima di violenza contro i ceti borghesi e contro le strutture ecclesiastiche, e vengono assassinati circa 7mila preti e monache. A questi eccidi i nazionalisti rispondono con esecuzioni in massa (a Saragozza, a Badajoz); il poeta García Lorca (1898-1936) cade sotto i colpi della guardia civile franchista. La pericolosità dell’azione insurrezionale degli anarchici in un momento di scontro militare con il fascismo internazionale viene colta in particolare da Stalin (1879-1953), che fa pressione, tramite la terza Internazionale e, direttamente sul capo del governo repubblicano, Caballero sottolineando l’insostenibilità di un’azione difensiva della Repubblica, che consegna agli avversari interi ceti sociali spaventati dagli esperimenti rivoluzionari degli estremisti. Di fronte alla debolezza del governo Caballero nei confronti delle iniziative degli anarchici e dei trozkisti, i comunisti sostengono un nuovo ministero repubblicano, mentre le iniziative anarchiche vengono represse nel sangue. Intanto i franchisti danno una vernice fascista al loro movimento, adottando il 19 aprile 1937 il progetto politico dei falangisti, che raccoglie in un partito unico la Falange spagnola tradizionalista e le giunte d’offensiva nazional-sindacalista. Franco aggiunge alle sue funzioni di generalissimo, dall’agosto 1937, quelle di Capo dello Stato. Dal punto di vista militare i nazionalisti con la presa di Badajoz (14 agosto 1936) riescono a riunire le loro forze dislocate a ovest e a sud del Paese, minacciando Madrid, difesa eroicamente dai repubblicani e dalle brigate internazionali, che riescono a fermare l’assalto dei franchisti. La resistenza di Madrid si prolunga per 28 mesi. Tuttavia, già alla fine del 1936 Franco controlla ormai più di metà della Spagna, con tutta la frontiera ispano-portoghese, che rappresenta un vantaggio per ricevere i suoi rifornimenti. L’ultima offensiva degli antifascisti è del gennaio 1938, che porta alla conquista di Teruel, vittoria senza esito poiché la città viene ripresa dai nazionalisti dopo appena un mese. Questo successo effimero contribuisce solo a ritardare la grande offensiva progettata da Franco, che comincia il 23 dicembre 1938, sostenuta da potenti forze aeree e motorizzate. Viene sfondato rapidamente il fronte della Catalogna e il 26 gennaio 1939 viene presa Barcellona, retta dal maggio 1937 da un governo filocomunista, guidato da Juan Negrin (1887-1956), il quale, sempre appoggiato dai comunisti, cerca di continuare la resistenza a Valenza. Dopo aver infranto con parecchi giorni di combattimento l’opposizione dei comunisti, la giunta franchista si prepara a negoziare la resa della capitale, che viene occupata senza resistenza dalle truppe di Franco il 28 marzo 1939. Sono molti i profughi che decidono di passare il confine francese e il governo consente l’entrata in Francia dei profughi civili: “Le donne, i bambini e i vecchi possono essere accolti. I feriti verranno curati. Gli uomini in età di portare le armi devono essere respinti”. Saranno accolti 240 mila civili e 10 mila feriti. La guerra può considerarsi perduta per i repubblicani, tanto che buona parte delle truppe italo-tedesche e degli aiuti militari sovietici lasciano il Paese. I volontari delle brigate internazionali, provenienti da 52 Paesi dei cinque continenti, sono circa 40 mila e la metà è morta in combattimento, dispersa o ferita. Altri 5000 uomini hanno combattuto in unità dell’esercito repubblicano e almeno altri 20 mila hanno lavorato nei servizi sanitari o ausiliari. Il conflitto che ha causato circa 400 mila morti, si conclude e il primo aprile Radio Burgos diffonde l’ultimo bollettino di guerra: “Oggi, dopo aver fatto prigioniero l’esercito rosso e averlo disarmato, le truppe hanno raggiunto i loro obiettivi militari. La guerra è terminata”.
    Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani – Riproduzione riservata(fonte)