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Fontana Paolina. Roma. 1890 ca

    Fontana Paolina. Roma, 1890 ca - particolare
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    230. ROMA Fontana Paolina – opera del Fontana e Maderno (XVI Secolo).

    Timbro VASARI & MILANO ROMA DEPOSE


    Data: 1890 c.a

    Autore: VASARI & MILANO ROMA[1].

    Soggetto: Roma – Fontana Paolina[2]

    B/N Colore: Seppia

    Dimensioni: 24,5 x 19 cm (supporto primario)

    Materiale: cartoncino

    Tecnica:  al bromuro argento stampata in  positivo

    © Archivio Sacchini


    Note

    La foto proviene dalla collezione di Enrico D’Ancona (1901-1982), marito di Beatrice Gulì, era figlio di Antonio D’Ancona, fondatore dell’Atelier Antonio D’Ancona a Fiume (Rijeka), situato presso l’AntikvariJat Mali Neboder in Ciottina 20B, Croazia, attivo già intorno al 1900. Antonio D’Ancona, fotografo di Fiume nell’Impero austro-ungarico, operò dal 1890 ed è menzionato nelle raccolte fotografiche del Museo Marittimo e Storico del Litorale Croato di Fiume (Museo Fiume). Il suo studio si trovava in Piazza Andrassy, come testimoniato da fotografie del 1904 conservate in album di famiglia locale (Coll. H. Conighi).(fonte)

    [1] Lo Studio fotografico Vasari è una delle più antiche dinastie italiane operanti nel campo della fotografia.
    Lo studio è conosciuto per la sua specializzazione in fotografie architettoniche e di opere d’arte e per aver documentato negli anni la trasformazione della Roma del ventennio e del dopoguerra.
    Collezioni delle foto Vasari sono custodite presso International Museum of Photography and Film at George Eastman House di Rochester (New York), il più antico museo del mondo dedicato alla fotografia, presso l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, e al Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) dell’Università degli Studi di Parma.
    Storia
    Il capostipite Cesare Vasari (Arezzo, 30 maggio 1846 – Roma, 31 maggio 1901) si trasferisce a Roma nel 1860 dove inizia la sua attività nel campo, lavorando inizialmente per fotografi professionisti. Diventa collaboratore della vedova di Tommaso Cuccioni, Isabella Bonafede; nel 1875 apre uno dei primi atelier per la produzione di fotografie d’arte ed architettura.
    Dopo che Cesare si trasferisce a Firenze, l’atelier romano passa al nipote Alessandro (Roma, 1° luglio 1866 – 18 marzo 1929); il figlio di Alessandro, Tommaso (Roma, 21 marzo 1894 – 25 agosto 1971) documenta la vicenda artistica ed architettonica della Roma del Ventennio, diventando fornitore della Casa Reale, e completando la sua opera fotografica nella ricostruzione del dopoguerra.
    All’inizio il laboratorio per lo sviluppo e stampa delle fotografie si trovava a via della Mercede successivamente trasferito a via Ludovisi ed infine a via Condotti, dove venivano effettuate tutte le lavorazioni di trattamento dei negativi, la successiva stampa e ritoccatura finale
    A Tommaso, che ebbe due figli Laura e Giorgio, succederà Giorgio, dottore in chimica (Roma, 11 settembre 1931 – Filettino, 3 luglio 2004). Con Giorgio l’attività si sviluppa nei settori d’arte, architettura ed industria, tra cui la documentazione fotografica delle opere pubbliche per le Olimpiadi del 1960, le sedi delle maggiori aziende del “boom economico” italiano, oltre a edizioni che trattano le più importanti basiliche, chiese e gallerie romane d’arte e antiquariato.
    Successivamente i figli di Giorgio (Alessandro, Andrea e Francesco) hanno continuato l’attività dello studio, costituendo l’Archivio
    Fotografico Vasari ed arricchendolo attraverso campagne fotografiche su commissione da parte di enti statali, musei, collezioni private e editori nazionali ed internazionali.
    Oggi l’attività fotografica è condotta da Alessandro Vasari (Roma, 25 febbraio 1957).

    I Vasari e l’architettura
    «Le foto di cantiere, circa 800 in bianco e nero, sono opera dello studio Vasari, fornitore della Real Casa e fotografo ufficiale delle trasformazioni di Roma. Il grande formato, la qualità della stampa e l’accuratezza delle riprese fanno di questi documenti una fonte preziosa»
    La specializzazione nella fotografia di architettura inizia da subito con Cesare Vasari, ma saranno Tommaso e Giorgio a dare un forte impulso a questo genere di riprese prestando la loro opera per importanti architetti come Enrico Del Debbio, Pier Luigi Nervi, Luigi Walter Moretti e Giuseppe Vaccaro.

    L’Archivio fotografico
    L’archivio storico dei Vasari composto da 5.024 lastre (in vetro 21×27 cm. ed altre 13×18 cm.), è attualmente consultabile presso la Calcografia-Istituto Nazionale per la Grafica.
    Dal 2023, 998 lastre in vetro di Alessandro Vasari (1866 – 1929), sono state catalogate e messe online per la visione pubblica.
    La produzione “conto terzi” dal 1910 ca. all’immediato dopoguerra, che consiste di 350.000 tra lastre e negativi in bianco e nero e a colori, è conservata presso il Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) dell’Università degli Studi di Parma.
    Un’ultima porzione più eterogenea consiste nell’archivio privato dei Vasari (circa 90.000 tra pellicole di vari formati positive, negative bianco/nero e colore, e file digitali ad alta risoluzione), questo fondo, in continua espansione, comprende la produzione fotografica dei Vasari ad oggi ed è consultabile su un database di ricerca per soggetto, autore ed ubicazione tramite il sito dello studio fotografico.(fonte)

    [2] La fontana, o fontanone, dell’Acqua Paola, nota anche come fontanone del Gianicolo, è una fontana monumentale situata sul colle Gianicolo, a Roma. Costruita su progetto di Giovanni Fontana e Flaminio Ponzio come mostra terminale dell’acquedotto Traiano tra il 1610 e il 1614 per volere di papa Paolo V, assunse l’attuale aspetto con l’intervento di rifacimento portato avanti sul finire del XVII secolo da Carlo Fontana che sostituì le cinque vasche preesistenti con un bacino unico a forma di emiciclo.

    Storia

    All’inizio del XVII secolo le aree della riva destra del Tevere, in particolare i rioni Borgo e Trastevere e il colle Vaticano, erano ancora scarsamente approvvigionate d’acqua, e questo fu uno dei primi problemi affrontati da papa Paolo V appena eletto. Il pontefice promosse quindi il restauro dell’acquedotto Traiano, portato avanti tra il 1608 e il 1610. Per celebrare questa opera il papa commissionò agli architetti Giovanni Fontana e Flaminio Ponzio la realizzazione di una fontana monumentale posta nella parte terminale nei pressi di porta San Pancrazio. Per volere dello stesso pontefice gli architetti si ispirarono alla fontana dell’Acqua Felice, progettata tra l’altro da Fontana stesso, che a sua volta traeva ispirazione dall’antico arco di trionfo.

    La costruzione della fontana si protrasse fino al 1614 e furono impiegati come materiali di costruzione anche marmi di spoglio, provenienti dal Foro Romano e dal tempio di Minerva, e granito, proveniente dalla vecchia basilica di San Pietro in Vaticano.

    Il progetto originale prevedeva che l’acqua venisse raccolta in cinque vasche posizionate in corrispondenza dei vari archi, ma nel 1690 papa Alessandro VIII commissionò a Carlo Fontana (nipote di Giovanni) la realizzazione di un progetto di ampliamento dell’opera. La versione definitiva, oltre all’ampliamento del finestrone centrale, prevedeva una grande conca a semicerchio sporgente da una vasca rettangolare piuttosto stretta e lunga tutta la larghezza della fontana. Anche l’uscita dell’acqua è stata modificata: le larghe bocche che versavano direttamente nelle conche sottostanti ora gettano acqua in piccoli catini che sversano nel bacino sottostante. In occasione dello stesso intervento si provvide anche alla creazione, con opere di terrazzamento, dell’ampio piazzale antistante la fontana, che fino ad allora era quasi a strapiombo sul costone del Gianicolo.

    Un primo restauro fu compiuto nel 1859, per riparare ai danni causati dieci anni prima dai francesi durante la riconquista della Repubblica Romana. I successivi si tennero nel 1934, nel corso degli anni ’50, tra il 2002 e il 2004 e nel 2019.

    Dal 1901 agli anni ’30 la fontana alimentò la prima centrale idroelettrica di Roma.

    Descrizione

    La struttura della fontana riprende in larga parte la più piccola fontana dell’Acqua Felice.

    La metà inferiore è occupata da tre grandi archi centrali e due laterali più piccoli dei primi, leggermente arretrati, tutti separati da colonne poste su alti piedistalli. Le sei colonne che la ornano, quattro di granito rosso e due laterali di granito bigio, provenivano dall’antica basilica di San Pietro. Esse poggiano su basi molto alte e i capitelli sono posti a sorreggere l’architrave. La metà superiore dei tre archi centrali, anziché contenere statue, è occupata da grossi finestroni rettangolari aperti, in modo da consentire una parziale visibilità del giardino botanico che, all’epoca, si trovava dietro il fontanone.

    L’acqua, che sgorga dalle cinque bocche poste negli archi, si riversa in una larga vasca a forma di semicerchio poggiato su un rettangolo. La vasca è delimitata da alcune colonnine sulle quali è posto lo stemma pontificio di Paolo V. Le bocche degli archi centrali riversano la propria acqua in tre piccole vasche semicircolari mentre quelle laterali, incastonate in due statue ritraenti un ibrido lupo-drago, sgorgano direttamente nella vasca principale.

    La parte superiore del monumento, per tutta la lunghezza delle tre nicchie maggiori, è occupata da una grande iscrizione in lingua latina a testimonianza della realizzazione dell’acquedotto, sormontata dall’enorme stemma pontificio di Paolo V, sorretto da due angeli scolpiti da Ippolito Buzio, inserito in un’edicola ad arco molto elaborata.

    L’intera opera è ornata di volute ai margini e di draghi e aquile araldiche, simbolo della famiglia del pontefice: i Borghese.

    L’iscrizione recita:

    (latino)

    «PAVLVS QVINTVS PONTIFEX MAXIMVS

    AQVAM IN AGRO BRACCIANENSI

    SALVBERRIMIS E FONTIBVS COLLECTAM

    VETERIBVS AQVAE ALSIETINAE DVCTIBVS RESTITVTIS

    NOVISQVE ADDITIS

    XXXV AB MILLIARIO DVXIT

    ANNO DOMINI MDCXII PONTIFICATVS SVI SEPTIMO»

    Essa, tuttavia, presenta un errore storico in quanto l’acquedotto restaurato non era l’Alsietino ma il Traiano, che già all’epoca della costruzione aveva inglobato e sostituito l’altro. L’errore è ribadito anche in una simile iscrizione posta su un arco di sostegno dell’acquedotto che attraversa la via Aurelia, a poca distanza dalla fontana, in cui si parla erroneamente del ripristino dell’acquedotto costruito dall’imperatore Augusto (l’Alsietino, per l’appunto).

    A memoria dell’intervento portato avanti sul finire del XVII secolo, nella volta dell’arco centrale, venne posizionato lo stemma di papa Alessandro VIII e una lunga iscrizione commemorativa:

    (latino)

    «ALEXANDER VIII OTTHOBONVS VENETVS P M

    PAVLI V PROVIDENTISSIMI PONT BENEFICIVM TVTATVS

    REPVRGATO SPECV NOVISQVE FONTIBVS INDVCTIS

    RIVOS SVIS QVEMQVE LABRIS OLIM ANGVSTI CONTENTOS

    VNICO EODEMQVE PER AMPLO LACV EXCITATO RECEPIT

    AREAM ADVERSVS LABEM MONTIS SVBSTRVXIT

    ET LAPIDEO MARGINE TERMINAVIT ORNAVITQVE

    ANNO SALVTIS MDCLXXXX PONTIFICATVS SVI SECVNDO»

    Nel dicembre del 1787 lo scrittore e poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe durante il suo secondo soggiorno a Roma vide la fontana e ne lasciò una lunga descrizione entusiasta riportata nel suo saggio Viaggio in Italia:

    «Sulla piazza di S. Pietro in Montorio salutammo la cascata dell’Acqua Paola, che, scrosciando in cinque getti dalle arcate e dalle porte d’un arco di trionfo, riempie fino all’orlo una vasca di grandezza piuttosto notevole. Incanalata in un acquedotto fatto restaurare da Paolo V, la massa d’acqua, zigzagando bizzarramente secondo il tracciato imposto da un alternarsi di colline, compie un percorso di venticinque miglia dal lago di Bracciano fin qui e provvede ai bisogni di parecchi molini e opifici, per poi espandersi nel quartiere di Trastevere.

    I cultori d’architettura presenti lodarono l’idea d’aver costruito per quelle acque un’entrata trionfale, visibile a tutti: quelle colonne e archi, cornicioni e attici ricordano gl’ingressi sfarzosi da cui entravano un tempo i vincitori di guerre; con altrettanta forza e potenza entra qui il più pacifico dei nutritori, e per la fatica della lunga corsa riceve espressioni di gratitudine e

    d’ammirazione; e, come ci dice la scritta, la preveggenza benefica d’un papa della dinastia Borghese può vantarsi d’avere in questo luogo la sua eterna, ininterrotta e imponente apoteosi.»

    (Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia)(fonte)