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Corazzata Caio Duilio. 1940 ca

    Corazzata Caio Duilio. 1940 ca
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    retro:

    Agfa

    Data: 1940 c.a

    Autore:

    Soggetto: Marinai con strumenti musicali sul ponte di una nave militare [1]

    B/N Colore: virato seppia

    Dimensioni: 9 x 14 cm (supporto primario)

    Materiale: cartoncino

    Tecnica:  carta fotografica Agfa

    © Archivio Sacchini


    Note

    [1] Nella foto, scattata sulla poppa di una nave militare italiana, forse l’Andrea Doria o, più probabilmente, la Caio Duilio, una squadra di marinai con strumenti musicali attende un segnale per iniziare a suonare sul ponte. In alto si vedono le torrette con i cannoni. Sembra trattarsi di una manifestazione per celebrare un avvenimento.

    Forse la scena si riferisce al 15 luglio 1940, quando, poche settimane dopo l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, le corazzate Andrea Doria e Caio Duilio rientrarono in servizio dopo essere state sottoposte a radicali lavori di ammodernamento tra il 1937 e il 1940. Tuttavia, la datazione dell’immagine non è ancora verificata con certezza, e potrebbe riferirsi a un altro evento celebrativo avvenuto in un periodo differente.

    La foto, incorniciata, fa parte di una serie di immagini di famiglia appartenenti ai discendenti dell’ammiraglio e duca del mare Paolo Thaon di Revel.

    Sulla Corazzata Duilio: La Duilio, frequentemente indicata anche come Caio Duilio, è stata una nave da battaglia che ha prestato servizio per oltre 40 anni, prima nella Regia Marina e successivamente nella Marina Militare italiana.

    La nave con l’unità gemella Andrea Doria faceva parte della classe Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour.

    La nave, varata nel 1913 e diventata obsoleta, venne sottoposta a radicali lavori di riammodernamento tra il 1937 e il 1940 ed in questa nuova configurazione partecipò alla Seconda guerra mondiale.

    Al termine del conflitto entrò a far parte della Marina Militare Italiana arrivando a ricoprire il ruolo ammiraglia della flotta, compito nel quale si è avvicendata con l’Andrea Doria, prestando servizio fino al 1956.

    Costruzione

    La costruzione della nave avvenne nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia dove lo scafo venne impostato sugli scali il 24 febbraio 1912.

    La nave in allestimento a Genova

    Dopo il varo, avvenuto il 24 aprile 1913 lo scafo rimase all’ancora nella darsena del cantiere navale di Castellammare di Stabia, mentre a bordo venivano portati a termine i lavori di pertinenza del cantiere.

    Il completamento dell’allestimento venne affidato, in base a contratto in data 9 agosto 1913, alla Gio. Ansaldo e C. che lo eseguì nelle sue “Officine Allestimento Navi” di Genova con l’applicazione delle piastre di corazzatura, la sistemazione dell’impianto elettrico e di tutti i congegni per l’esercizio, la manovra e la sicurezza della nave, oltre all’imbarco delle dotazioni fisse e dell’armamento. La stessa ditta ha anche realizzato e montato l’apparato motore delle due unità classe.

    Il contratto per la fornitura e la sistemazione a bordo delle artiglierie principali venne siglato il 24 maggio 1912 con la ditta Armstrong che le realizzò nel suo stabilimento di Pozzuoli.

    I lavori procedettero speditamente, tanto che la nave venne sottoposta alle prove di collaudo con tre mesi di anticipo rispetto alla data del 30 giugno 1915 prevista dalle clausole contrattuali entrando in servizio il 10 maggio 1915.

    Prima guerra mondiale

    La cerimonia della consegna della bandiera di combattimento era prevista per il 28 maggio, ma essendo l’Italia entrata in guerra quattro giorni prima, la bandiera, donata da un comitato di donne romane, presieduto dal Principe Prospero Colonna sindaco di Roma, venne consegnata al comandante dell’unità in forma privata. Il cofano per la conservazione della bandiera sarebbe stato consegnato solamente il 14 aprile 1932 nel corso di una solenne cerimonia pubblica in Campidoglio.

    Durante il conflitto la nave compì in tutto quattro missioni di guerra per 268 ore di moto, ed esercitazioni per 512 ore di moto, dislocata sempre a Taranto, ad eccezione del periodo tra il 29 novembre 1916 e il 21 gennaio 1917 in cui venne trasferita a Corfù.

    Attività fra le due guerre

    Dopo la fine della guerra, il 10 novembre 1918, le corazzate Duilio, Doria e Giulio Cesare raggiunsero per un periodo di esercitazioni Corfù, dove la corazzata Duilio vi rimase fino al 26 gennaio 1919 mentre l’Andrea Doria vi rimase fino al successivo 19 febbraio.

    La corazzata Duilio a Trieste liberata

    Rientrata in Italia l’unità il 25 aprile si trasferì da Taranto a Smirne, rimanendovi fino al 9 giugno raggiungendo poi a Costantinopoli l’Andrea Doria, passando alle dipendenze della Seconda Divisione Navi da Battaglia che, dal 1º luglio 1919 assunse la denominazione di Squadra del Levante.

    La permanenza di unità della Regia Marina in quelle zone fu conseguenza della vittoria delle forze dell’Intesa sugli Imperi Centrali di cui faceva parte l’Impero ottomano, che venne diviso in zone di occupazione e di influenza, con i vincitori che tendevano a stabilizzare le loro occupazioni territoriali. L’Italia aveva particolare interesse alla zona di Smirne, dove operava il corpo di spedizione italiano. L’unità fece ritorno a Smirne dove il 9 settembre venne avvicendata dal Giulio Cesare rientrando il 12 settembre a Taranto dove venne messa in riserva per essere successivamente riarmata nel giugno 1920, per essere inviata nelle acque albanesi, dove rimase a tutela degli interessi italiani, fino al settembre successivo.

    La presenza di unità navali a Valona era dovuta alle clausole del Patto di Londra firmato il 26 aprile 1915 secondo le quali per l’intervento a fianco della Triplice Intesa, l’Italia a guerra finita, avrebbe dovuto avere Valona, con il suo entroterra, e l’isola di Saseno. Tuttavia, nei primi mesi del 1920 con l’affermarsi in Albania di un movimento indipendentista che chiedeva l’amministrazione delle località occupate dagli italiani, la situazione si deteriorò fino a sfociare in un’aperta rivolta e a luglio il governo Giolitti, per evitare uno scontro militare fece un accordo con gli indipendentisti albanesi in base al quale all’Italia restava solamente l’isola di Saseno.

    Sul finire dell’anno l’unità prese parte nel blocco di Fiume, e nel bombardamento della città, nei giorni che sarebbero passati alla storia come Natale di sangue. Nel corso del bombardamento della città si contarono diverse vittime, fra cui ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili.

    Nel 1921 il Duilio prima fu sede del Comando Navale del Dodecaneso per poi fare ritorno fino alla fine dell’anno a Costantinopoli alle dipendenze della Squadra del Levante e svolgere l’anno successivo una notevole attività addestrativa.

    Nell’agosto del 1923, in seguito all’eccidio di Giannina, scoppiò con la Grecia la crisi di Corfù con l’invio delle Duilio e delle Cavour che bombardarono l’isola di Corfù. La crisi si concluse con il rientro a Taranto delle unità a settembre.

    Nel 1924, in occasione della visita in Spagna del Re d’Italia, l’unità effettuò una crociera nei porti spagnoli insieme a Cavour e a Dante Alighieri.

    L’unità, l’8 aprile 1925 nel corso di un’esecuzione di tiro al largo di La Spezia ebbe un’esplosione nell’elevatore munizioni della torre la centrale e la nave dopo i lavori conseguenti all’esplosione rientrò in servizio nel 1928 effettuando, fino al 1932, numerose crociere nel Levante, visitando porti greci, egiziani, turchi e del Dodecaneso. Nel 1932 venne passata in riserva a Taranto, per essere poi riarmata per esercitazioni e il 15 agosto 1933 diventare sede del Comando Forza navale di Riserva a Taranto, ruolo che ebbe fino alla fine del 1936.

    La ricostruzione

    Il 19 marzo 1937, la nave lasciò Taranto per dirigersi a Genova, dove il 1º aprile fu sottoposta a lavori di ricostruzione presso i Cantieri del Tirreno.

    Il progetto seguì la linea adottata per la ricostruzione delle precedenti unità della classe Cavour, ma risentì dell’influenza della contemporanea costruzione delle corazzate della classe Littorio.

    Le modifiche principali riguardarono lo scafo, che fu allungato con l’aggiunta di una sezione di 10 metri, la sovrastruttura, che venne accentrata a mezzanave, e l’apparato motore, potenziato di oltre il 250%. Anche l’armamento subì significative trasformazioni.

    Le modifiche strutturali e propulsive furono analoghe a quelle delle Cavour, compresa la riorganizzazione dell’armamento principale: la torre centrale da 305 mm fu eliminata, mentre i restanti cannoni da 305/46 mm furono riadattati a 320/44 mm. L’armamento secondario, invece, si ispirò in parte a quello delle Littorio. Rispetto alle Cavour, furono eliminate le sei torrette binate da 120 mm intorno al ridotto centrale e sostituite con quattro torri trinate, posizionate ai lati delle torri principali di prua. Attorno al ridotto vennero invece collocati dieci pezzi antiaerei da 90/50 mm.

    Questa configurazione era innovativa per l’epoca, poiché la minaccia aerea per le corazzate non era ancora considerata una priorità dagli strateghi militari, sebbene lo sarebbe diventata pochi anni dopo. Tuttavia, il pezzo da 90 mm, pur essendo eccellente, fu penalizzato dall’impiego di un affusto inadeguato, rendendo l’intuizione iniziale solo parzialmente efficace.

    Di particolare interesse era la protezione subacquea, nota come “Cilindri Pugliese”, dal nome dell’ingegnere e generale del Genio Navale che la ideò. Questo sistema, la cui reale efficacia rimane oggetto di dibattito, consisteva in due cilindri deformabili installati lungo le murate, all’interno di una paratia solida. Il loro scopo era assorbire e disperdere, all’interno del cilindro, l’energia dell’onda d’urto generata dall’esplosione di un siluro o di una mina. Nella sezione centrale della nave, dove il diametro dei cilindri raggiungeva quasi 4 metri, la protezione risultava efficace, ma si riduceva sensibilmente a prua e a poppa, dove le dimensioni dovevano essere necessariamente ridotte.

    Seconda guerra mondiale

    Rientrata in servizio il 15 luglio 1940 la nave venne inquadrata nella V Divisione Corazzate ed ebbe il suo primo impegno bellico nell’Operazione Hats.

    Durante l’attacco inglese alla base di Taranto dell’11 novembre 1940 venne gravemente danneggiata.

    La nave venne colpita intorno alla mezzanotte da un siluro lanciato da circa 400 metri. L’esplosione causò uno squarcio di circa 11 x 7 metri vicino al deposito munizioni prodiero. Nell’esplosione tre componenti dell’equipaggio persero la vita.[4] Alle 4.45 del mattino del 12 novembre, la nave venne portata ad incagliare in acque basse per evitarne l’affondamento. La manovra venne svolta da Piero Calamai che si meritò una medaglia al valore militare; lo stesso che 16 anni dopo dovette abbandonare il transatlantico Andrea Doria al suo tragico destino. Durante il periodo novembre-gennaio partecipò attivamente alla difesa contraerea della piazzaforte. La corazzata Duilio il 26 gennaio 1941 lasciò Taranto e due giorni dopo raggiunse Genova entrando in bacino il 3 febbraio e dopo essere stata sottoposta alle necessarie riparazioni, il 3 maggio 1941 rientrò a Taranto riprendendo servizio nel luglio successivo.

    Dopo il rientro in servizio la nave venne utilizzata principalmente come scorta pesante dei convogli italiani diretti verso la Libia. Nel dicembre 1941, con a bordo l’ammiraglio Bergamini, partecipò alla prima battaglia della Sirte e dal 3 al 5 gennaio 1942 partecipò all’operazione M43 che aveva la finalità di far giungere contemporaneamente in Libia tre convogli, sotto la protezione diretta ed indiretta della maggior parte delle forze navali, in quella che fu l’ultima missione operativa del Giulio Cesare. Nell’occasione il “Duilio” faceva parte della scorta indiretta.

    Dopo un’altra missione di scorta svolta tra il 21 e il 24 febbraio per tutto il resto del 1942 l’unità effettuò uscite in mare unicamente per esercitazioni e venne dislocata fra le basi di Taranto e Messina, mentre nel 1943 rimase ferma a Taranto, partecipando alla difesa antiaerea della base, anche in conseguenza dell’esaurimento delle scorte di nafta che dalla seconda metà del 1942 paralizzò l’attività delle maggiori unità della Regia Marina.(fonte)

    Sulla Corazzata Andrea Doria: L’Andrea Doria è stata una nave da battaglia della Regia Marina che con la gemella Duilio faceva parte della classe Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour.

    Varata nel 1913, la nave svolse una modesta attività nel corso della Prima guerra mondiale, operando poi intensamente nel primo dopoguerra.
    Tra il 1937 e il 1940 venne sottoposta a radicali lavori di riammodernamento, eseguiti presso i cantieri di Trieste. In questa nuova configurazione partecipò al secondo conflitto mondiale.
    Finita la guerra ed entrata a far parte della Marina Militare Italiana, svolse anche il ruolo di nave ammiraglia, andando in disarmo nel 1956.

    Costruzione
    La costruzione della nave avvenne all’Arsenale di La Spezia, dove il suo scafo venne impostato sugli scali il 24 marzo 1912.
    Il varo dell’Andrea Doria

    L’allestimento dell’Andrea Doria a La Spezia
    La nave, varata il 30 marzo 1913, all’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale era ancora in allestimento e le operazioni di completamento avevano già accumulato un ritardo di circa quindici mesi. Ciò era dovuto al fatto che la ditta Vickers-Terni, costruttrice dei pezzi di grosso calibro, era in enorme ritardo con l’approntamento dei cannoni della corazzata Cavour; per questo venne deciso di imbarcare su di essa le artiglierie già pronte per l’Andrea Doria.

    Prima guerra mondiale
    La nave entrata in servizio il 13 giugno 1916 venne inquadrata insieme alla gemella Duilio, nella Prima e poi della seconda Divisione Navale, come nave insegna della Divisione, e fu anche sede del Comando in Capo della Squadra da Battaglia, rimanendo sempre a Taranto, tranne un breve periodo un cui venne dislocata a Corfù.

    Alla fine della guerra aveva totalizzato solo 70 ore di moto per missioni e 311 ore in attività addestrativa, senza quindi essere mai impiegata in azioni di combattimento a causa della politica passiva adottata dalle Marine italiana ed austriaca.

    Periodo tra le due guerre
    Al termine del conflitto, il 10 novembre 1918, insieme a Duilio e Cesare raggiunse Corfù per un periodo di esercitazioni. Il 9 giugno 1919 insieme alla gemella Duilio, proveniente da Smirne, raggiunse Costantinopoli. La presenza di unità della Regia Marina in quelle zone fu conseguenza della vittoria sugli Imperi Centrali di cui faceva parte l’Impero ottomano, che venne diviso in zone di occupazione e di influenza, con i vincitori che tendevano a stabilizzare le loro occupazioni territoriali; l’Italia aveva particolare interesse alla zona di Smirne, dove operava il corpo di spedizione italiano e per appoggiare tali interessi la presenza di grandi navi da battaglia era determinante. Le due unità erano alle dipendenze della Seconda Divisione della Squadra da Battaglia che, dal 1º luglio 1919 assunse la denominazione di Squadra del Levante. Le due corazzate compirono crociere nel Mar Nero, il Doria toccò Sebastopoli, mentre il gemello Duilio si recò a Batumi. La corazzata Dulio tornò poi a Smirne, dove il 9 settembre venne sostituito dal Cesare, facendo rientrò a Taranto il 12 settembre, mentre il Doria lasciò definitivamente il Bosforo il 9 novembre, facendo rientro a Taranto e successivamente a La Spezia.
    Alla fine del 1920 in seguito all’Impresa di Fiume di Gabriele D’Annunzio Doria e Duilio presero parte al blocco di Fiume, e al bombardamento della città, nei giorni che passarono poi alla storia con il nome di Natale di sangue.

    Nel 1923 le due unità insieme alle Cavour attaccarono l’isola greca di Corfù, come rappresaglia per l’uccisione di rappresentanti italiani a Giannina. Il 27 agosto 1923 la missione militare italiana, presieduta dal generale Tellini e incaricata dalla Conferenza degli Ambasciatori della delimitazione del confine greco-albanese, era stata trucidata in un’imboscata ed il capo del governo italiano Mussolini chiese che la flotta greca in un’apposita cerimonia rendesse gli onori alla bandiera italiana. La proposta era stata rifiutata dal governo greco e Mussolini replicò inviando una divisione navale composta dalle corazzate Cavour, Cesare, Doria e Duilio ad occupare Corfù. Dopo che le navi italiane bombardarono il 29 agosto il vecchio forte della città, il governo greco dovette accettare l’imposizione degli onori alla bandiera italiana che la Squadra navale italiana ricevette al Falero, uno dei porti presso Atene.
    Il 30 settembre 1923 le navi rientrarono a Taranto e la nave nello scorcio dell’anno effettuò ancora una intensa attività partecipando, fra l’altro, alla scorta d’onore in occasione dell’arrivo e della partenza dei reali di Spagna.

    Fra il 1919 ed il 1924 il numero dei cannoni da 76 mm venne ridotto, ed alcuni cannoni da 76/50mm sostituiti da sei più moderni cannoni da 76/40 mm sviluppati durante la guerra; dal 1925 in poi l’armamento minore era configurato in 13 cannoni da 76/50mm, 6 cannoni antiaerei da 76/40 mm disposti in coperta tre per lato, 2 mitragliere Vickers da 40/39mm in funzione antiaerea. Le apparecchiature per la direzione del tiro su dopo il conflitto vennero potenziate con la sistemazione di centrali di tiro, telemetri ed apparecchi di punteria.
    Nel 1925, analogamente all’unità gemella Duilio e alle Cavour, venne imbarcato un idrovolante da ricognizione Macchi M.18, che venne sistemato sul cielo della torre centrale, in un’apposita sella brandeggiabile per poter orientare, secondo la direzione del vento, il velivolo, che veniva messo in mare ed issato a bordo per mezzo di un albero di carico. Nel 1926 per il lancio dell’idrovolante era stata anche installata una catapulta.

    Nel 1925 la nave andò a Lisbona, per rappresentare l’Italia alle celebrazioni del 4º centenario della nascita di Vasco de Gama, rientrando a La Spezia il 7 febbraio per essere sottoposta a lavori di ammodernamento e rientrando in servizio a giugno, partecipò alle manovre estive, classificandosi prima nelle gare di velocità e di tiro fra le grandi navi. Il 5 novembre partì per il Levante assieme ad una squadriglia di cacciatorpediniere per proteggere gli italiani residenti in Siria, durante la rivolta scoppiata nel Gebel Druso contro i francesi, che avevano il mandato sull’intera regione. Rimase a Lero fino al 12 dicembre, per fare rientro in Italia, giungendo a La Spezia il 5 gennaio 1926, dopo aver toccato Patmo, Calino, Coo, Limassol, Giaffa, Alessandria d’Egitto, Tobruch e Bengasi.

    La nave prese parte alla grande rivista navale di Ostia del 1926 e 1927, alle quali non partecipò invece la gemella Duilio, che coinvolta nel 1925 in un incidente fece rientro in squadra solo nel 1928. Dal 1º agosto 1926 era al comando del Capitano di vascello Giulio Valli fino all’8 dicembre successivo.
    Nel settembre del 1927 la nave fece visita, assieme alla corazzata Dante Alighieri e ad altre unità minori, la città di Zara; nel 1928 visitò Zante, Falero, Argostoli; nel 1929 la Cirenaica, l’Egitto, la Palestina, la Turchia e l’Egeo, e nel 1930 e 1931 prese parte a crociere nel Mediterraneo orientale, toccando il Dodecaneso e la Libia.
    Collocata in riserva nell’agosto del 1932, il 26 marzo 1937 lasciò La Spezia per trasferirsi ai Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Trieste, dove l’8 aprile ebbero inizio i lavori di ricostruzione, che avrebbero radicalmente trasformato la nave.
    Il progetto, che seguì la falsariga di quello per la ricostruzione delle precedenti Cavour, risentì della concomitante costruzione delle Littorio.
    La nave venne modificata nella pianta dello scafo (inserimento di una sezione aggiuntiva di 10 metri di lunghezza), nelle sovrastrutture (concentrate a mezza nave), nell’apparato motore (potenziato di più del 250%) e nell’armamento.
    Le modifiche allo scafo, all’apparato motore e a buona parte delle sovrastrutture furono le stesse delle Cavour, così come anche la ristrutturazione dell’armamento principale (eliminazione della torre centrale da 305, ri-tubazione dei rimanenti cannoni da 305 mm in 320 mm), mentre l’armamento secondario fu ispirato, in buona parte, a quello delle Littorio. Così rispetto alle Cavour mancano le sei torrette binate da 120 mm intorno al ridotto centrale, sostituite da 4 torri trinate concentrate ai fianchi delle torri principali di prua. Tutt’intorno al ridotto sono invece sistemati i 10 pezzi antiaerei da 90/50 e si può notare come questa soluzione fosse molto avveniristica, in quanto la minaccia aerea alle corazzate non era tenuta in grande considerazione negli ambienti militari dell’epoca, come sarà invece pochi anni dopo. Tuttavia, l’ottimo pezzo da 90 mm vedeva le sue prestazioni inficiate da un affusto non adatto, il che rese l’intuizione iniziale della minaccia un’occasione in buona parte mancata.

    La protezione subacquea, conosciuta come “cilindri assorbitori modello Pugliese”, prendeva il nome dall’ingegnere e generale del Genio Navale che la ideò. Questo sistema, la cui effettiva efficacia è ancora oggetto di dibattito e non è stata definitivamente provata dagli eventi bellici, si basava sull’impiego di due cilindri deformabili disposti lungo le murate, racchiusi all’interno di una paratia solida. Il loro scopo era mitigare la forza d’urto provocata dall’esplosione di un siluro o di una mina, assorbendone l’energia e disperdendola all’interno della struttura cilindrica.

    Seconda guerra mondiale
    Rientrata in servizio il 15 luglio 1940, venne usata principalmente come scorta pesante dei convogli italiani verso la Libia. Nel dicembre 1941 partecipò alla prima battaglia della Sirte e dal marzo 1942 rimase a Taranto partecipando alla difesa antiaerea della base. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 raggiunse Malta l’11 settembre con il resto della squadra navale[3], ritornando in Italia nel giugno del 1944.

    Nel dopoguerra
    Al termine della guerra entrata a far parte della Marina Militare Italiana, insieme alla gemella Caio Duilio, fu una delle due navi da battaglia concesse all’Italia dalle condizioni del trattato di pace, svolgendo principalmente compiti di addestramento e di rappresentanza e venne sottoposta a lavori di ammodernamento fino al 1949. Dal 10 novembre 1949 al dicembre 1950 e dal marzo 1951 al maggio 1953 fu sede del Comando in Capo delle Forze Navali,[4] alternandosi nel compito di ammiraglia della flotta proprio con la gemella Duilio. Utilizzata come nave da addestramento fino al 16 settembre 1956, il 1º novembre 1956 venne messa in disarmo e successivamente, tra il 1957 e il 1958 demolita.

    Successivamente, dopo la sua demolizione, venne ricavato materiale dai cannoni dell’omonima nave per la realizzazione del fonte battesimale del Tempio della fraternità a Cella di Varzi, località presso Pavia.

    Nome
    La nave porta il nome dell’ammiraglio e uomo di stato genovese Andrea Doria. Il motto della nave fu la frase latina Altius Tendam (tradotto in italiano: “Miro sempre più in alto”).(fonte)