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Bice D’Ancona. 1947

    Salomone - Bice D'Ancona. 1947
    « di 2 »

    auguri cordialissimi
    per un ottimo soggiorno
    frm. Salomone

    Roma 27 luglio ‘47

    Signora Bice D’Ancona[1]
    Albergo delle Alpi
    (Sondrio) Sondalo

    ROMA – Il Pincio – Panorama della Basilica di S. Pietro

    FOTO ALTEROCCA – A. O. R.

    affrancatura

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    POSTE ITALIANE

    ROMA
    15-16
    29 . VII
    1947[2]
    FERROVIA


    Data: 1941

    Autore: Vittore Antonio Cargnel (il quadro)

    Soggetto: TRIESTE – Riva Nazario Sauro

    B/N Colore: colore

    Dimensioni: 9 x 14 cm (supporto primario)

    Materiale: cartoncino

    Tecnica: cromolitografia 

    © Archivio Sacchini


    Note

    Nella cartolina è raffigurato un suggestivo panorama in bianco e nero di Roma, visto dal Pincio. L’atmosfera tersa e sospesa, tra quiete e magia, invita lo spettatore a contemplare la bellezza senza tempo della Città Eterna. Sulla sinistra spicca la Basilica di San Pietro, protagonista di un dettaglio intrigante: l’immagine, probabilmente rielaborata in studio, sembra volutamente enfatizzarne la presenza, facendola apparire molto più vicina di quanto non sia nella realtà. Infatti, osservando Roma dal Pincio, la Basilica risulta decisamente più distante rispetto a come viene rappresentata nella fotografia.

    [1] ] Beatrice Gulì è nata il 7 gennaio 1902 a Roma. Frequenta il liceo classico Tasso, dove consegue la maturità nel 1921. La sua formazione classica le resterà per tutta la vita, permettendole di declamare in greco e in latino. La sua aspirazione sarebbe stata iscriversi a Medicina, ma l’opposizione del padre la spinge ad orientarsi per la facoltà di Matematica. Mentre segue i corsi scientifici, conosce Enrico D’Ancona e insieme si iscrivono alla Scuola di Applicazione per Ingegneri. Originario di Fiume, Enrico vive a Roma con i fratelli per frequentare l’università. Beatrice ed Enrico si laureano entrambi nel novembre 1927 e si sposano un mese dopo. Avranno quattro figli: Fabrizio (1928) avvocato; Bruno (1929) Ingegnere; Annamaria (1933) e Giuliana (1935) entrambe si sono occupate di scienze naturali come lo zio Umberto D’Ancona. Poco dopo la laurea trova lavoro presso le Assicurazioni d’Italia, a tempo pieno fino al 1942, quindi come consulente del ramo furto/incendio fino al 1980. Nel suo lavoro è molto apprezzata per l’accuratezza e l’approfondimento con cui porta a termine le perizie di cui è incaricata. Affronta e supera l’esame di Stato nel 1937, con lo scopo di firmare i progetti elaborati in coppia con il marito. Tra i loro lavori: la casa di famiglia a Monteverde (1930) e la casa al mare a Tor Vajanica (1958), oltre ad alcuni piccoli incarichi ottenuti da amici. Beatrice ha una bellissima grafia ed è un’abile conversatrice. Estroversa e motivata, si impegna a fondo e ottiene risultati soddisfacenti in tutte le sue attività. Ha attitudine alla ricerca e all’apprendimento che cerca di soddisfare in tutto il corso della vita. Coltiva interessi letterari: scrive poesie, declama in greco e in latino. Dopo il pensionamento si iscrive all’università della Terza Età, per seguire corsi di medicina e poi latino, greco e letteratura.«… L’aspetto ingegneristico era supportato dall’aspetto umanistico, che era la sua vera passione. Ma ancora più importante è stato essere riuscita a prendere una laurea in ingegneria ed esercitare, che all’epoca non dev’essere stato facile. Di mia nonna ricordo una personalità di grande carisma.» (Laura D’Ancona, nipote, durante l’intervista)
    FONTI: Annuari della Scuola di Applicazione per Ingegneri; Intervista condotta il 25/02/2019 da Chiara Belingardi e Claudia Mattogno al figlio ing. Bruno D’Ancona, alla nipote Laura D’Ancona, all’amica ing. Marina Torre. Ricerca di Ateneo Tecniche Sapienti tecnichesapienti.ingegneria@uniroma1.it Scheda a cura di Chiara Belingardi (fonte)


    [2] Era un anno talmente così che a gennaio, come si usa dire, si moriva di freddo. Ma stavolta a Roma si moriva davvero di freddo: sotto il titoletto “Fatti e misfatti” i giornali informano che “sono stati trovati morti di stenti e di freddo dagli agenti del Commissariato Trastevere Agostino Mastruzzi, abitante in via dei Vascellari 23, Pasquale Nobile, abitante al vicolo del Bologna e Gilberto Guerrieri abitante al vicolo del Cedro.” Niente combustibile, niente riscaldamento: al punto che il Provveditore agli Studi “accogliendo con squisita sensibilità” le richieste manifestate da moltissime madri di famiglia proroga la chiusura delle scuole elementari fino al 13 gennaio. Nevicava pure. Solite gambe rotte, solito ingenuo stupore, un po’ di gioia soltanto per i fotografi dilettanti se erano riusciti a procurarsi qualche rullino a borsanera per riprendere il Foro Romano tutto bianco: senza gatti però, finiti arrosto da un pezzo.
    La guerra a Roma era finita già da due anni e mezzo ma il dopoguerra lunghissimo, duro, doloroso non finiva mai. La fame, il tesseramento annonario, la borsanera, i trasporti inesistenti sono ancora realtà. Roma è povera e ancora deve guarire dalla guerra. I discorsi girano sempre intorno alla fame e agli accorgimenti per mangiare, nobilitati sui giornali da un linguaggio di informazione burocratica d’emergenza: distribuzione alla cittadinanza di fogli di censimento annonario, minacciata riduzione della razione di pane, assegnazione con i buoni 3 e 4 della tessera di un decilitro d’olio, razione di pasta supplementare pari a gr. 20 giornalieri, ecc. ecc. È in vendita un opuscolo “Cosa fare oggi da mangiare?” “Facilita – dice la pubblicità – a risolvere il problema in modo pratico, sano, igienico, ed economico.” … Da: “Un anno così. Il 1947. mezzo secolo fa a Roma” di Luigi Ceccarelli (fonte)