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Amelia D’Ancona. Trieste 1941

    Amelia D'Ancona. Trieste 1941
    « di 2 »

    Firma CARGNEL[1]

    Retro

    Trieste 24 VIII 1941[2]

    Zietto caro,
    sono da Ottavio
    da qualche giorno, ho tro-
    vato tutti benissimo.
    Grazia è una bella bambina
    sana e vivace. Aspettiamo
    per il 30 Umberto[3], che dopo
    una serie di peripezie supera-
    te con onore è stato destinato
    a Fiume, ma forse lo vedrai
    prima di noi – Enrico[4] nell’an
    dare a Fiume o nel tornare
    perché non si è fermato un
    po’ da Ottavio? – Emilia le
    scriverà presto – Sta’ bene
    e mi dia notizie. Baci a Bice[5]

    Un bacio a Lia e ai piccoli Carla
    baci a Enrico – Un abbraccio
    affettuoso Amelia
    Ottavio
    Enrica

    Dott. Giuseppe Gulì[6]
    Via G. Corradi 5
    Roma

    affrancatura

    Cent 30
    POSTE ITALIANE

    TRIESTE CORRISP. PACCHI
    21-22
    25 . VIII
    EF XIX

    Proprietà artistica riservata- Milano

    TRIESTE – Riva Nazario Sauro

    1272 -7


    Data: 1941

    Autore: Vittore Antonio Cargnel (il quadro)

    Soggetto: TRIESTE – Riva Nazario Sauro

    B/N Colore: colore

    Dimensioni: 9 x 14 cm (supporto primario)

    Materiale: cartoncino

    Tecnica: cromolitografia 

    © Archivio Sacchini


    Note

    [1] Vittore Antonio Cargnel (1872 – 1931) Pittore
    Nacque a Venezia nel 1872. Nel 1888 era iscritto all’Accademia di Venezia, ma la sua formazione avvenne soprattutto nello studio di Cesare Laurenti, noto e stimato pittore di tendenza simbolista, e nell’osservazione delle opere di Ciardi, Favretto e Nono, artisti dai quali egli avrebbe ricavato molteplici suggerimenti. Le sue capacità si dimostrano anche in talune opere di carattere nettamente simbolista (si confronti, ad esempio, La sera di Ca’ Pesaro, datata al 1899), oppure nel ritratto (si veda quello di Giuseppe Favaro del 1905), ma la sua natura fu sostanzialmente quella di un paesaggista ben incardinato nella tradizione del tardo Ottocento veneto, alla cui aura si sarebbe mantenuto fedele fino alla fine della sua vita, ricreandola in una vasta produzione avente a principale soggetto la campagna veneta e friulana. Nel 1895 partecipò alla I Biennale con un’opera, Averte faciem tuam, domine, a peccatis meis, che è nettamente sotto il segno di Nono e Laurenti, e che venne segnalata con il premio del presidente della giuria, William Michael Rossetti. Partecipò anche alla II e alla III Biennale, sempre con opere di carattere tra il simbolista e l’intimista, mentre nel 1901 fu presente al Salon di Parigi, a San Pietroburgo e a Lipsia, e infine all’VIII Mostra internazionale di Monaco di Baviera, con quadri di paesaggio in cui si andava definendo una pittura molto attenta alla vibrazione atmosferica. Egli avrebbe teso sempre di più a renderla, specie nei quadri di piccola dimensione, attraverso sfocature e controluce che si ricompongono poi, negli esiti migliori, attraverso l’attenta disposizione degli spazi. Nel 1900 si trasferì vicino a Treviso, dove realizzò una propria fonderia di campane, nel 1910 ancora un trasferimento, questa volta a Sacile, dove si sarebbe fermato fino alla disfatta di Caporetto. Sono di questi anni alcuni paesaggi della pedemontana pordenonese che si possono considerare tra i suoi risultati migliori, come per esempio Poffabro, del 1912, ma al paesaggio pedemontano e friulano C. sarebbe tornato spesso anche negli anni seguenti quando, dal 1918, si trasferì a Milano, dove trovò un ambiente favorevole alla diffusione della sua pittura. Nel 1924 divenne socio onorario della regia Accademia di belle arti di Brera. Continuava intanto la sua attività espositiva, che vide tappe rilevanti: nel 1909 ancora alla Mostra internazionale del Glaspalast di Monaco di Baviera; nel 1918 all’Esposizione nazionale di belle arti di Brera; nel 1921 alla I Biennale romana; nel 1926 alla I Biennale friulana d’arte di Udine, dove era presente con nove opere; nel 1930 mostra personale a Pordenone; nel 1931 a Parma, tra le altre. C. morì a Milano nel 1931. L’anno successivo si tenne un’ampia retrospettiva alla galleria Milano di Milano, nel 1935 due sue opere erano presenti alla mostra dei quarant’anni della Biennale. Determinante poi, per una ripresa d’interesse verso l’opera del pittore, è stata la retrospettiva che si tenne a Pordenone, presso la galleria Sagittaria, nel 1968, come importanti furono quelle di Sacile, presso la chiesa di S. Gregorio, nel 1988, e ancora quella del Museo civico di Pordenone nel 1999 dove, all’interno dell’esposizione delle opere d’arte della Fondazione Pia Baschiera Tallon, venne allestita una ventina di suoi quadri. Nuclei di opere di C. si trovano presso il Museo civico d’arte e la provincia di Pordenone. Giancarlo Pauletto (fonte)

    [2] L’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania nazista, nel giugno 1940, comportò per Trieste, come per il resto d’Italia, lutti e disagi di ogni tipo, che si acuirono negli anni successivi, con il protrarsi del conflitto. L’aggressione italo-tedesca alla Jugoslavia, nella primavera del 1941, riaccese inoltre la resistenza slovena e croata in Venezia Giulia, soprattutto a partire dal 1942. … Nel dicembre 1941, a guerra già iniziata, fu celebrato, sempre a Trieste, un secondo processo dal Tribunale speciale per la Difesa dello Stato contro nove membri del TIGR (sloveni e croati) che furono accusati di terrorismo e spionaggio. Cinque di loro (Pinko Tomažič, Viktor Bobek, Ivan Ivančič, Simon Kos e Ivan Vadnal) furono giustiziati a Opicina, gli altri imprigionati. Con questo secondo processo l’organizzazione terrorista (antifascista) venne per sempre annientata. (fonte)

    [3]  Umberto D’Ancona. Nacque a Fiume il 9 maggio 1896 da Antonio e Anna Klas. A Fiume frequentò le classi elementari e il ginnasio conseguendo la maturità nel 1914. Iscritto alla facoltà di scienze naturali presso l’università di Budapest, nel 1916 si trasferì all’università di Roma. Interrotti gli studi, combatté sul Carso come ufficiale di artiglieria; ferito, fu decorato con una croce al valor militare. Ripresi gli studi naturalistici a Roma si laureò nel 1920 con lode, svolgendo la tesi sull’effetto dell’inanizione sul tubo digerente d’anguilla, sotto la guida di G. Cotronei, aiuto presso l’istituto d’anatomia comparata, allora diretto dallo zoologo G. B. Grassi. Iniziò la carriera scientifica come assistente presso il Regio Comitato talassografico italiano e presto fu nominato assistente presso la cattedra di anatomia comparata dell’università di Roma, dove fu aiuto del Grassi sino al novembre 1929, nell’antica sede di via de Pretis. Conseguì la libera docenza in anatomia e fisiologia comparata nel 1925 e, alla morte del Grassi nello stesso anno, ebbe l’incarico della direzione dell’istituto ove iniziò una intensa attività organizzativa e didattica. Quando Cotronei assunse la cattedra del Grassi, nel 1929, il D. ottenne l’incarico d’insegnamento presso l’università libera di Camerino dove si trattenne un solo anno, per trasferirsi poi in quella di Siena. Qui tenne prima l’incarico e poi la cattedra di zoologia e anatomia comparata.

    Il 22 luglio 1926 sposò Luisa Volterra, figlia del matematico Vito Volterra, che fu sua collaboratrice per molti anni e da cui ebbe una figlia, Silvia.
    Nel 1936 fu chiamato alla cattedra di zoologia a Pisa e l’anno seguente a quella di Padova, che tenne fino alla morte.

    Ricca e molteplice fu l’attività organizzativa e la partecipazione a istituzioni nazionali e internazionali del D.: trasformò l’istituto di zoologia di Padova in uno dei più grandi ed attrezzati istituti policattedra italiani, rendendo operante l’orientamento associativo che era nei progetti della riforma universitaria. Nel 1940 fondò la stazione idrobiologica dell’università di Padova a Chioggia, che presto divenne un attivo centro di ricerca.

    Numerose le crociere talassografiche di cui fu organizzatore particolarmente in occasione dell’Anno geofisico internazionale. Fu presidente di vari simposi, tra cui quello sulla “Classificazione delle acque salmastre” tenutosi a Venezia nel 1958 e quello internazionale su “Influenze metereologiche e oceanografiche sulle variazioni del livello marino”, sempre a Venezia nel 1962. Fu direttore del Centro studi talassografici del Consiglio nazionale delle ricerche a Venezia, presidente della Società internazionale di limnologia e del Consiglio generale della pesca nel Mediterraneo, membro del Comitato di perfezionamento dell’Istituto oceanografico di Parigi, delle Commissioni per la oceanografia e per il programma biologico internazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, del Comitato permanente per i congressi internazionali di zoologia, del sottocomitato per l’Oceanografia della N.A.T.O. Fu socio nazionale dell’Accademia nazionale dei Lincei e membro di numerosi istituti ed accademie. La Società zoologica francese e la Società ungherese di idrobiologia lo vollero tra i loro membri d’onore e l’Accademia delle scienze di Parigi tra i suoi soci corrispondenti.

    I suoi interessi scientifici si estesero ai campi della fisiologia, dell’embriologia, dell’ecologia, dell’idrobiologia, dell’oceanografia, dell’evoluzione. In questa vastità di interessi la linea conduttrice, già segnata nei primi anni delle sue ricerche e forse nella sua giovinezza vissuta presso il mare di Fiume, rimarrà sempre la biologia marina.

    Iniziato, ancora studente, da G. Cotronei e da G. B. Grassi allo studio delle anguille argentine e quindi della morfologia comparata dei Murenoidi, frequentò corsi di biologia marina a Helgaland e fu introdotto allo studio istologico dei Crostacei, nel laboratorio di Ramon y Cajal nel 1924 a Madrid, dove fruì di una borsa Rockefeller. Gli studi sulle anguille lo portarono ad estendere e approfondire le ricerche, iniziate da G. B. Grassi, sulla determinazione del sesso in questi pesci e poi sullo sviluppo delle gonadi dei Teleostei. In questo campo apportò un’impronta originale, definendo l’unitarietà strutturale e il tardo differenziamento sessuale dei Teleostei in genere, in contrasto col differenziamento precoce delle gonadi nei Selaci, negli Anfibi e negli Amnioti. Accanto alle ricerche istologiche – importanti quelle sulla struttura della fibra muscolare striata negli Artropodi e nei Vertebrati – notevoli sono gli studi citologici che il D. compì sul poliploidismo somatico, in particolare delle cellule epatiche.

    Sempre presenti, nelle ricerche del D., l’interesse per la vita dei mare e i problemi dell’ittiologia e della pesca. La conciliazione della passione per la ricerca teorica e di laboratorio e l’impegno a contribuire all’incremento e allo sfruttamento della fauna marina e lacustre sono il peculiare segno della personalità scientifica del biologo fiumano. È proprio dalle ricerche sul patrimonio ittico dell’alto Adriatico che derivarono i suoi contributi più importanti nel campo teorico. Egli inizio con lo studio della stasi peschereccia durante il conflitto 1914-18, ed esamino analiticamente i dati sulle quantità di pesce dei mercati di Venezia, Trieste e Fiume. Notò che la sospensione della pesca spostava l’equilibrio biologico a favore delle specie predatrici e a svantaggio di quelle che si alimentavano di vegetali o piccoli invertebrati. Ne concluse che una pesca moderata determinava un equilibrio biologico marino molto più favorevole, per l’economia umana, di quello naturale. Queste ricerche ispirarono a Vito Volterra la teoria matematica nota come “legge delle fluttuazioni biologiche” che il D. svilupperà e tratterà estesamente nel suo libro La lotta per l’esistenza. Le formulazioni di Volterra-D. rappresentano un apporto significativo alla genetica ecologica, di grande importanza nel campo della dinamica e dell’evoluzione delle popolazioni naturali.

    Grande è il contributo che il D. diede come docente alla biologia italiana; il suo testo Biologia e zoologia generale (Padova 1947) raggiunse la sesta edizione e il suo Trattato di zoologia (Torino 1953, 1960, 1966; traduz. spagnola: Tratado de zoologia, Barcelona 1959) vide postuma la sua terza edizione.

    Di orientamento positivista, il D. era tuttavia consapevole dei limiti della metodica sperimentale e della necessità di intendere i problemi vitali nella loro specifica complessità.

    La sua posizione in tal senso è ben esplicita in queste parole che il Battaglia riprende da un suo articolo del 1945 sul metodo di indagine in biologia: “di fronte alla tendenza meccanicista, che mira a ridurre tutti gli aspetti della vita i fenomeni fisici e chimici e a indagarli analizzando l’organismo nelle sue parti, nei suoi minimi costituenti, a scomporlo cioè nei suoi elementi costruttivi, nei quali si vuol rintracciare il segreto della vita stessa, non mancano le reazioni che tendono a riportare lo studio dei problemi vitali nella complessità dell’organismo e a individuare fenomeni propri della vita che sfuggono all’indagine fisico-chimica, a creare cioè, in contrapposto alla teoria fisica della vita, una vera teoria biologica. Tali tentativi … mirano ad equilibrare lo sviluppo delle nostre discipline e a metterci in guardia di fronte alle illusioni che possono sorgere dai brillanti successi conseguiti con l’applicazione integrale ed esclusiva della metodica sperimentale”.

    Il D. trovava giustificato, entro quei limiti, contrapporre alla concezione micromeristica talune concezioni, come quella organismica di Bertalanffy o quella olistica di Durkeim o infine la Gestaltstheorie di Kohler. Restò tuttavia convinto che i fenomeni vitali fossero “suscettibili di indagini sperimentali nella misura in cui possono essere studiati come fenomeni fisici e chimici”.

    Il D. è stato considerato dai suoi colleghi e dai suoi allievi sia in Italia sia all’estero, come lo zoologo italiano più completo negli anni del secondo dopoguerra. M. Benazzi, suo collega zoologo a Pisa, vide in lui la figura dello zoologo integrale, capace di dominare i più svariati settori della disciplina, e di farli convergere in una visione unitaria che potremo definire di ecologia sensu lato.

    Morì improvvisamente, nel pieno della sua attività, a Marina Romea (Ravenna) il 24 ag. 1964.(fonte)

    In particolare nel 1941. La storia della stazione. Una volta era una Stazione sanitaria, poi è cambiata la seconda parola. Nel 1941 Umberto D’Ancona, a quel tempo docente di zoologia all’Università di Padova, decide di avviare il progetto di una Stazione Idrobiologica a Chioggia, sfruttando uno slancio di ferventi attività a livello sia europeo che internazionale, che ha portato alla creazione di molte stazioni di idrobiologia marina.(fonte)

    [4] Antonio D’Ancona. Importante fotografo di Fiume (Rijeka). In piazza Andrassy aveva lo studio fotografico. Era il padre dell’ingegnere Enrico D’Ancona che realizzò importanti opere di urbanistica, in particolare a Roma (quartiere Monteverde).

    [5] Beatrice Gulì è nata il 7 gennaio 1902 a Roma. Frequenta il liceo classico Tasso, dove consegue la maturità nel 1921. La sua formazione classica le resterà per tutta la vita, permettendole di declamare in greco e in latino. La sua aspirazione sarebbe stata iscriversi a Medicina, ma l’opposizione del padre la spinge ad orientarsi per la facoltà di Matematica. Mentre segue i corsi scientifici, conosce Enrico D’Ancona e insieme si iscrivono alla Scuola di Applicazione per Ingegneri. Originario di Fiume, Enrico vive a Roma con i fratelli per frequentare l’università. Beatrice ed Enrico si laureano entrambi nel novembre 1927 e si sposano un mese dopo. Avranno quattro figli: Fabrizio (1928) avvocato; Bruno (1929) Ingegnere; Annamaria (1933) e Giuliana (1935) entrambe si sono occupate di scienze naturali come lo zio Umberto D’Ancona. Poco dopo la laurea trova lavoro presso le Assicurazioni d’Italia, a tempo pieno fino al 1942, quindi come consulente del ramo furto/incendio fino al 1980. Nel suo lavoro è molto apprezzata per l’accuratezza e l’approfondimento con cui porta a termine le perizie di cui è incaricata. Affronta e supera l’esame di Stato nel 1937, con lo scopo di firmare i progetti elaborati in coppia con il marito. Tra i loro lavori: la casa di famiglia a Monteverde (1930) e la casa al mare a Tor Vajanica (1958), oltre ad alcuni piccoli incarichi ottenuti da amici. Beatrice ha una bellissima grafia ed è un’abile conversatrice. Estroversa e motivata, si impegna a fondo e ottiene risultati soddisfacenti in tutte le sue attività. Ha attitudine alla ricerca e all’apprendimento che cerca di soddisfare in tutto il corso della vita. Coltiva interessi letterari: scrive poesie, declama in greco e in latino. Dopo il pensionamento si iscrive all’università della Terza Età, per seguire corsi di medicina e poi latino, greco e letteratura.«… L’aspetto ingegneristico era supportato dall’aspetto umanistico, che era la sua vera passione. Ma ancora più importante è stato essere riuscita a prendere una laurea in ingegneria ed esercitare, che all’epoca non dev’essere stato facile. Di mia nonna ricordo una personalità di grande carisma.» (Laura D’Ancona, nipote, durante l’intervista)
    FONTI: Annuari della Scuola di Applicazione per Ingegneri; Intervista condotta il 25/02/2019 da Chiara Belingardi e Claudia Mattogno al figlio ing. Bruno D’Ancona, alla nipote Laura D’Ancona, all’amica ing. Marina Torre. Ricerca di Ateneo Tecniche Sapienti tecnichesapienti.ingegneria@uniroma1.it Scheda a cura di Chiara Belingardi (fonte)

    [6] Giuseppe Gulì (Palermo 21 aprile 1859 – Roma 5 dicembre 1941) Laureato in medicina, entrò nelle biblioteche pubbliche governative come alunno assistente nel maggio 1878, alla Biblioteca nazionale di Palermo. Nel novembre 1879 fu nominato assistente di 4ª classe e destinato alla Biblioteca universitaria di Padova, ma già nel giugno di quell’anno era stato comandato da Palermo alla Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II di Roma.
    Dopo questo periodo di comando raggiunse la sede di Padova, a quanto sembra, e fu poi, nell’estate 1882, promosso assistente di 3ª classe e trasferito alla Biblioteca nazionale di Firenze.
    Verso la fine del 1887 fu trasferito alla Biblioteca nazionale di Roma, dove prestò servizio per parecchi anni, e fin dal principio gli fu conferito l’incarico di attendere alla compilazione del «Bollettino delle opere moderne straniere acquistate dalle biblioteche pubbliche governative del Regno d’Italia», impresa alla quale si affezionò tanto da continuare ad averne cura anche quando ormai non era più in servizio nella Biblioteca. Tutti i volumi di quell’opera, eccetto i due primi del 1886 e 1887, fino a quello edito nel 1925, recano la sua paternità.
    Con la riforma delle carriere fu nominato sottobibliotecario di 2ª classe dal gennaio 1886 e poi di 1ª classe dal dicembre 1897. Superato nel 1904 l’esame di abilitazione all’ufficio di bibliotecario, nel dicembre 1909 fu effettivamente promosso al grado di bibliotecario e ne percorse tutte le classi, fino alla prima, attribuitagli nell’agosto 1928.
    Nel 1914 fu trasferito per breve tempo alla Biblioteca universitaria di Bologna, rientrando quindi alla Biblioteca nazionale di Roma.
    Nel settembre 1925 fu incaricato di dirigere la Biblioteca nazionale di Palermo (1925-1927), con l’annessa Soprintendenza bibliografica per la Sicilia.
    Nel marzo 1927 tornò nella capitale per assumere la direzione della Biblioteca universitaria Alessandrina, a cui era unito l’incarico di soprintendente bibliografico per l’Abruzzo e il Molise. Fu collocato a riposo, per limiti d’età, con il 1º luglio 1933.
    Membro del Comitato promotore dell’Associazione italiana biblioteche, ne fu socio dalla fondazione (1930).

    Autore Giorgio De Gregori(fonte)

    Arturo Di Cesare. Giuseppe Gulì. «Accademie e biblioteche d’Italia», 16 (1941/42), n. 2, p. 142-144.
    Giorgio De Gregori – Simonetta Buttò. Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990. Roma: Associazione italiana biblioteche, 1999, p. 107-108 (voce di Giorgio De Gregori).
    Enzo Bottasso. Dizionario dei bibliotecari e bibliografi italiani dal XVI al XX secolo, a cura di Roberto Alciati. [Montevarchi]: Accademia valdarnese del Poggio, 2009, p. 251-252.
    Simona Inserra. Giuseppe Gulì. In: Dizionario biografico dei soprintendenti bibliografici (1919-1972). Bologna: Bononia University Press, 2011, p. 362-363.

    Il dott Giuseppe Gulì, è il padre di Beatrice Gulì. Risulta nell’ELENCO DEGLI APPROVATI alla FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA, nell’esame di Licenza durante le sessioni dell’anno 1881- Annuario della R. Università degli Studi di Padova per l’anno scolastico 1881-82(fonte)