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Enrico D’Ancona, Fiume. 1915

    Enrico D'Ancona, “Fiume, 28 VIII 1915”, acquerello su carta. Album
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    Il piccolo ed elegante album da disegno di Enrico D’Ancona contiene un raffinato disegno a china, un disegno a matita e un acquerello, mentre le pagine restanti sono intonse.

    L’acquerello, che occupa l’intera pagina, raffigura con colori vivaci un giovane intento a intingere un pennello in un contenitore a forma di piccolo vaso. Sembra prepararsi a dipingere un ripiano composto di assi di legno, forse un pontile. Sullo sfondo si staglia il mare, solcato da barche a vela.

    In basso al centro è riportata la scritta “Fiume, 28 VIII 1915”, con la sigla “ED” a lato. Lo stile, per la vivacità dei colori e la rapidità del tratto, ricorda la pittura di Joaquin Sorolla, e anticipa di vent’anni, sia per l’intensità cromatica sia per la posa energica della figura maschile, il celebre ciclo pittorico “La Redenzione dell’Agro” (1934) del maestro Duilio Cambellotti.

    La data evoca un periodo significativo: l’Italia, in guerra da tre mesi, accendeva allora le speranze di molti fiumani, che auspicavano un’annessione alla Nazione italiana[1].

    AttribuzioneOpera di Enrico D’Ancona
    Data28 agosto 1915
    StileImpressionista
    StatoBuone condizioni
    MaterialeAcquerello su carta
    Larghezza13 cm
    Altezza 16 cm
      

    © Archivio Sacchini

    L’album nell’ultima pagina in alto a destra riporta la scrittura:
    Album ricevuto al
    “gabinetto”, il 21 giugno
    1915
    Luigia Luchesich


    Note

    [1] Nel 1915 le speranze di annessione da parte della città di Fiume si sarebbero scontrate due anni dopo, nel 1917, con il contenuto del “Patto di Londra”.
    Il Patto di Londra (conosciuto anche come “Trattato di Londra”) fu un accordo segreto firmato il 26 aprile 1915, stipulato tra il governo italiano (nonostante già impegnato nella Triplice alleanza, il patto militare stipulato nel 1882 da Germania, Austria-Ungheria e Italia) e i rappresentanti della Triplice Intesa, con i quali l’Italia si impegnò a scendere in guerra contro gli Imperi centrali durante la prima guerra mondiale.

    L’Italia si impegnò a scendere in guerra entro un mese dalla stipula del Patto in cambio di compensi territoriali. Nonostante avesse mantenuto l’impegno, tali compensi, soprattutto a causa dell’intervento degli Stati Uniti d’America, che non erano tra i firmatari del patto, furono in parte disattesi nel trattato di Versailles che pose fine alla guerra..

    Il patto fu firmato contro le potenze della Triplice alleanza della quale l’Italia faceva ancora formalmente parte. Triplice alleanza che l’Austria aveva violato tenendo all’oscuro l’Italia delle sue intenzioni di attaccare la Serbia e scatenare la prima guerra mondiale.

    Il patto di Londra restò segreto sino alla sua inattesa pubblicazione nel novembre 1917 da parte dei bolscevichi, appena giunti al potere in seguito alla Rivoluzione russa, ma fu reso noto in Italia dal governo Orlando solo il 13 febbraio 1918. Il governo rivoluzionario, diede immediata e massima pubblicità ai patti diplomatici segreti rinvenuti negli archivi zaristi. La pubblicazione del patto ebbe vasta risonanza internazionale e causò imbarazzo alle potenze firmatarie, suscitando inquietudine presso l’opinione pubblica e compromettendo il metodo della “diplomazia segreta”, seguito da decenni dalle potenze europee.

    Le condizioni
    Il patto, composto da 16 articoli, prevedeva che l’Italia entrasse in guerra al fianco dell’Intesa entro un mese. In cambio, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Tirolo meridionale (attuali Trentino e Alto Adige), la Venezia Giulia, con gli altopiani carsico-isontini e con l’intera penisola istriana fino al Quarnaro compresa Volosca (con l’esclusione di Fiume), cioè l’intera linea alpina dal Brennero al Monte Nevoso con le isole di Cherso, Lussino e altre minori; un terzo della Dalmazia con Zara e Sebenico con le isole a nord e a ovest del litorale, insieme alle neutralizzazione del resto della Dalmazia da capo San Niccolò alla penisola di Sabbioncello e da Ragusa a Durazzo in modo da garantire l’egemonia italiana sull’Adriatico; ancora, Valona e Saseno in Albania e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso. In caso di spartizione delle colonie tedesche in Africa, l’Italia avrebbe avuto compensi territoriali in Libia, Eritrea e Somalia.(fonte)