Vai al contenuto

Gaetano Zucchi, 1943

    Gaetano Zucchi, 1943
    « di 2 »

    BANCO DI SANTO SPIRITO
    ROMA

    TESSERA DI RICONOSCIMENTO
    ERKENNUNGSKARTE

    N. 46

    Firma dell’Impiegato
    Underschrift des Beamten
    Gaetano Zucchi

    Il Signor/ Herr  ZUCCHI GAETANO

    di  fu/des verst. Francesco

    è impiegato del Banco di Santo Spirito[1]
    ist Beamter des Banco di Santo Spirito

    e presta servizio presso questa Banca col grado
    und ist dienstlich bei unserer Bank tätig Eigen-

    di   Vice Direttore
    schaft als V. Direktor

    Il suddetto, ai sensi del Decreto del Capo del Governo
    in data 6 Agosto 1943 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
    n. 199, è mobilitato per il Servizio del lavoro.

    Der Genannte ist laut  Verordnung des Regierung-
    schefs vom 6. August 1943, reröffentlicht im Amtsblatte
    Nr. 199, für den Arbeitsdienst mobilisiert.

    Roma/ Rom, den 16 febbraio 1944[2]

    BANCO DI SANTO SPIRITO
    Direzione Generale

    Firme (forse D’Amelio, Introna e Ricceri)

    Timbro BANCO DI SANTO SPIRITO DICEMBRE GENNAIO
    Timbro    Von Rom Reicchsarbeitsdienn …..


    Note

    [1] Il Banco di Santo Spirito. Nei primi mesi del 1943 il Banco, al quale peraltro l’assemblea degli azionisti del 22 marzo 1940 aveva restituito l’antica denominazione «Banco di Santo Spirito», aveva corso il pericolo di essere assorbito dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura o comunque di essere smembrato con il passaggio alla stessa banca delle sue dipendenze di provincia. L’allora presidente Capri-Cruciani aveva avuto colloqui con il ministro delle Finanze e con il governatore della Banca d’Italia, mentre il Sacchetti aveva incontrato il conte Ciano. I colloqui erano poi sfociati, il 27 aprile del 1943, in un’udienza dal «Duce» che, in quell’occasione, dopo essersi compiaciuto per i risultati raggiunti dall’Istituto, «aveva impartito precise disposizioni per predisporre il riconoscimento del Banco [ … ] come Istituto di credito di Diritto Pubblico, le cui finalità sar[ebbero] [state] prevalentemente rivolte al potenziamento delle sane iniziative dell’Urbe e del Lazio per il dopoguerra». Evidentemente il succedersi degli eventi dovette impedire al Banco di conseguire il riconoscimento, di cui peraltro, all’indomani dell’udienza del 17 aprile, anche la stampa aveva dato notizia.(fonte)

    Ai fini del contenimento delle spese, la Direzione, rilevata la forte incidenza di quelle relative al personale e la loro tendenza all’aumento, spiegava che era suo intendimento, oltre che di procedere ad una revisione degli organici per ciascuna dipendenza, di sperimentare due ipotesi di accentramento dei controlli per accertare quella economicamente più conveniente: l’ulteriore riduzione delle filiali capozona o, in alternativa, l’accentramento di tutti i controlli a Roma. Un programma di “prove di laboratorio”, come la stessa Direzione le definì, che ci si proponeva di intraprendere quanto prima e che sopraggiunte difficoltà di personale e l’assunzione e l’organizzazione di nuovi servizi non avevano consentito di avviare già nell’anno precedente. Una riforma del sistema di concessione dei fidi fu sollecitata dal direttore generale Alliata, anche in questo caso in connessione con l’evoluzione del mercato locale del credito, nel febbraio del 1942. L’esperienza accumulata nei sette anni trascorsi, ma soprattutto “le mutate condizioni di ambiente” reclamavano una diversa e più sollecita organizzazione del sistema. La clientela dal 1935 in poi era quadruplicata e comprendeva molte e importanti aziende ed enti che intrattenevano rapporti anche con altri istituti di credito. Il mutato potere di acquisto della moneta e la più accelerata circolazione, nonché le esigenze degli “enti accentratori di attività collettivistiche”, richiedevano una maggiore sollecitudine nelle decisioni. Nei fatti, con l’evolversi della situazione, la Direzione generale si trovava di frequente, per ragioni di urgenza e di indifferibilità, ad assumersi la responsabilità di “concedere operazioni” al di là delle sue facoltà, sottoponendole poi all’approvazione per ratifica al Consiglio, oppure di modificare nella formula in sede di applicazione operazioni già approvate, per l’assenza di un apposito organo deliberante e non potendosi attendere la successiva riunione consiliare. In altre parole, occorreva mettere la Direzione in condizioni di poter decidere o far decidere sulle pratiche di fido e sulle eventuali loro modifiche in sede di applicazione con maggiore rapidità di quanto il sistema finora adottato consentisse. Il direttore suggeriva che per definire le misure necessarie il Consiglio nominasse un’apposita Commissione, di cui avrebbero dovuto far parte anche i sindaci. La proposta fu accolta dal presidente che però, impegnandosi a far riunire con maggiore assiduità il Consiglio, si dichiarò contrario al ripristino del Comitato direttivo sia per il limitato numero dei membri del Consiglio sia perché, con adunanze del Consiglio più frequenti, non si sarebbe dato il caso di operazioni non rinviabili al suo esame. La questione trovò soluzione nell’ambito della Direzione generale con la costituzione in maggio di una sorta di Comitato dei direttori. Nell’ottobre del 1942 l’Alliata si sarebbe dimesso “per attuare il suo vivo desiderio di trasferirsi a Milano sua città natale”. Non si provvide alla nomina di un nuovo direttore generale ma la Direzione, già dal maggio appunto costituita in Comitato per la gestione degli affari del Banco, ne assorbì di fatto le attribuzioni e i direttori D’Amelio, Introna e Ricceri, quali membri del Comitato, “adusati da molti anni di lavoro comune”, avrebbero condotto il Banco nei difficili momenti che seguirono.

    Il Banco e le conseguenze della guerra

    Si sono riferite le brevi e in definitiva rassicuranti considerazioni sulle condizioni e sui limitati danni subiti dal Banco che accompagnavano la relazione sulla situazione al 31 ottobre 1944 e il prospetto riepilogativo dal 1935 al 1944, ora, dopo aver accennato a un tentativo di assorbimento del Banco maturato nei primi mesi del 1943, ci soffermeremo sulle conseguenze prodotte sulle sue attività dagli eventi bellici che avevano interessato il Lazio e dallo stato di emergenza che ne era seguito.
    Nei primi mesi del 1943 il Banco, al quale peraltro l’assemblea degli azionisti del 22 marzo 1940 aveva restituito l’antica denominazione “Banco di Santo Spirito”, aveva corso il pericolo di essere assorbito dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura o comunque di essere smembrato con il passaggio alla stessa banca delle sue dipendenze di provincia. L’allora presidente Capri-Cruciani aveva avuto colloqui con il ministro delle Finanze e con il governatore della Banca d’Italia, mentre il Sacchetti aveva incontrato il conte Ciano. I colloqui erano poi sfociati, il 27 aprile del 1943, in un’udienza dal “Duce” che, in quell’occasione, dopo essersi compiaciuto per i risultati raggiunti dall’istituto, “aveva impartito precise disposizioni per predisporre il riconoscimento del Banco (…) come Istituto di credito di Diritto Pubblico, le cui finalità sar[ebbero] [state] prevalentemente rivolte al potenziamento delle sane iniziative dell’Urbe e del Lazio per il dopoguerra”. Evidentemente il succedersi degli eventi dovette impedire al Banco di conseguire il riconoscimento, di cui peraltro, all’indomani dell’udienza del 17 aprile, anche la stampa aveva dato notizia. A pochi giorni dall’ingresso delle truppe alleate in Roma, il 19 giugno del 1944, il presidente Sacchetti, nominato, si ricorda, il 3 giugno in seguito all’accoglimento delle dimissioni del Capri-Cruciani, dopo avere “eleva[to] grazie al Signore per aver riserbato Roma dalle distruzioni della guerra e rivol[to] un reverente pensiero al Santo Padre che con la Sua Alta Autorità [aveva] tanto contribuito perché la (…) Città fosse risparmiata da sicura rovina”, osservò che il lavoro di ricostruzione per Roma e per le zone nelle quali il Banco operava si presentava certamente molto arduo, ma che “confida[va] che con la collaborazione del personale tutto si po[tesse], in concordia di spiriti e di intenti, rimettere in efficienza ciò che la guerra [aveva] danneggiato e distrutto, in modo che [il Banco], tornato alla normalità del lavoro, continu[asse] nella sua funzione così utile di Banca regionale, già tanto benemerita nelle Province di Roma e del Lazio”. Intanto, a seguito di alcune riunioni tenute presso la Banca d’Italia dalla Divisione finanziaria del governo militare alleato, si era decisa la riapertura delle banche dopo una interruzione che era durata appena una settimana e pertanto erano già iniziate le trattative con tutte le banche per la riapertura delle filiali della provincia di Roma. A quel che si poteva prevedere, la riapertura delle filiali della provincia romana avrebbe avuto inizio a giorni e si riteneva che anche per le province di Frosinone, Littoria e Viterbo si sarebbe osservata un’uguale procedura. Il 31 agosto del 1944, alla seduta per l’approvazione della relazione al bilancio al 31 dicembre del 1943, il Consiglio si trovò impossibilitato a raggiungere la maggioranza per le dimissioni di alcuni consiglieri. Si decise di convocare al più presto l’assemblea degli azionisti dopo aver sentito l’IRI e di portare all’ordine del giorno la nomina di tutti gli amministratori e il bilancio approvato dai presenti, accompagnato dalla relazione che fu redatta nella stessa seduta. Nella relazione si osservava che le vicende belliche “svoltesi lungamente e con particolare accanimento nella regione laziale” avevano procurato al Banco danni diretti e indiretti, ma che comunque, grazie alla collaborazione del personale ed ai provvedimenti tempestivi adottati dagli amministratori, le perdite in corso di accertamento non avrebbero raggiunto importi preoccupanti. Si aggiungeva poi che anche nel ramo delle esattorie gestite dal Banco si era posta ogni cura, “compatibilmente con la necessità di attuare alcune cautele per la sicurezza dei valori e dei documenti”. Il Banco gestiva i servizi di esattoria e tesoreria di 60 comuni e di 149 enti con un carico complessivo di L.118.563mila. Quel che appariva importante comunque era che “le filiali e le esattorie [avevano] ripreso a funzionare e l’Istituto [era] ormai avviato a riassumere, pur fra le inevitabili difficoltà del momento, il suo assetto normale”. Tratto da: Il Banco di Santo Spirito in Roma 1605-1960, Roma, Banca di Roma, 2001 (ma 2007), pp. 180 di Luigi De Matteo(fonte)

    [2] 2 febbraio 1944 – fucilati a Forte Bravetta 11 partigiani di Bandiera Rossa
    Il 2 febbraio 1944, a Roma, sul terrapieno del Forte Bravetta, furono fucilati undici partigiani appartenenti al Movimento Comunista d’Italia. L’esecuzione fu affidata dal Comando tedesco a un plotone di militi della Polizia Africa italiana comandato dal colonnello Nino Toscano come si apprende da un documento redatto dalla segreteria del carcere di Regina Coeli e conservato nell’Archivio di Stato di Roma(fonte)

    5 febbraio 1944 – GAP a Roma
    Attività dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) a Roma durante l’occupazione nazista: l’attentato al carcere di Regina Coeli, l’intervista di Gianni Bisiach al comandante dei GAP, il deputato del PCI Antonello Trombadori, sul suo arresto e il silenzio dei compagni torturati che gli salvarono la vita non rivelandone l’identità. Inserite sequenze di film e repertorio sulle attività dei partigiani; la fucilazione dei partigiani avvenuta a Forte Bravetta come ritorsione per la morte di un soldato tedesco.(fonte)

    16 febbraio 1944: bombardamento di Trastevere
    I ferrovieri e partigiani socialisti della Garbatella, guidati da Edoardo Vurchio, fanno saltare in aria quattro vagoni di un treno in transito alla stazione Ostiense, carichi di materiale bellico tedesco. Una bomba, messa da una partigiana nella cantina, fa saltare in aria la palazzina del comando di zona tedesco, nei pressi di Grottaferrata. Vengono arrestati, per una spiata dei fascisti, a Tor Pignattara i gappisti Sergio e Giovanni Maggi. Lancio di chiodi a quattro punte sulla via Appia, da parte dei GAP del PCI. Bombardamento a Trastevere.(fonte)