S. P. Q. R.
La Giunta Provvisoria di Governo di Roma
e sua Provincia[1] invita l’ottimo cittadino Sig. Dottor
Angelucci a solersi condurre in Subiaco per assi-
stere la Giunta di quella città in tutto ciò, che occorre
pel Plebiscito, e resta incaricato a portare alla medesima
le carte necessarie
Roma 29. Settembre 1870[2]
N.° 12 D. R.
Per la Giunta
Biagio Placidi[3]
timbro SEGRETERIA DEL COMUNE DI ROMA
S.P.Q.R.
in alto a penna N. 15-
Note
[1]
Le giunte di governo istituite nelle province romane nel settembre 1870, alla caduta del potere temporale, ebbero vita sino all’accettazione da parte del re d’Italia del voto per l’annessione. Furono veri e propri governi provvisori.(fonte)
La Presa di Roma, nota anche come Breccia di Porta Pia, fu l’episodio del Risorgimento che sancì la conquista di Roma da parte del Regno d’Italia.
Avvenuta il 20 settembre 1870, decretò la fine dello Stato Pontificio, annesso all’Italia in seguito ai plebisciti dell’ottobre seguente, e fu un momento di profonda rivoluzione nella gestione del potere temporale da parte dei papi. L’anno successivo la capitale d’Italia fu trasferita da Firenze a Roma (Legge 3 febbraio 1871, n. 33). L’anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino al 1930, quando fu abolito a seguito della firma dei Patti Lateranensi.
Il 23 settembre il generale Cadorna, che aveva ricevuto dal governo italiano l’incarico di «promuovere la formazione della Giunta della città di Roma», formò il governo provvisorio assegnandone la presidenza a Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta. L’organismo, che aveva funzioni simili a quelle dell’attuale giunta comunale, prese il nome di «Giunta provvisoria di governo di Roma e sua provincia» e si insediò il giorno seguente in Campidoglio.
Plebiscito di annessione del 2 ottobre 1870
Il governo del Regno aveva “nei memorandum diramati all’estero”, “proclamato il diritto dei romani di scegliersi il governo che desideravano”]. Così come era stato fatto per le altre province italiane, anche a Roma fu quindi indetto un referendum per sancire l’avvenuta riunificazione della città con il Regno d’Italia.
La formula inizialmente proposta vedeva all’inizio del quesito proposto la formula «Colla certezza che il governo italiano assicurerà l’indipendenza dell’autorità spirituale del Papa, …». Questa premessa fu poi giudicata inutile e la domanda posta fu:
«Desideriamo essere uniti al Regno d’Italia, sotto la monarchia costituzionale del re Vittorio Emanuele II e dei suoi successori.»
Inizialmente il governo a Firenze aveva esclusa dalla votazione la Città Leonina, che si voleva lasciare sotto il controllo del Papa, ma le rimostranze di parte della popolazione e la mancanza di interesse da parte del governo pontificio spinsero le autorità locali a permettere anche agli abitanti di quel rione di partecipare alla consultazione, seppure con un seggio posto oltre ponte Sant’Angelo.
Il governo provvisorio di Roma
I componenti della Giunta, oltre al presidente Michelangelo Caetani, erano i seguenti:
principe Francesco Pallavicini
Emanuele Ruspoli, dei principi Ruspoli
duca Francesco Sforza Cesarini
principe Baldassarre Odescalchi
Ignazio Boncompagni Ludovisi, dei principi di Piombino
avvocato Biagio Placidi
avvocato Vincenzo Tancredi
avvocato Raffaele Marchetti
Vincenzo Tittoni
Pietro Deangelis
Achille Mazzoleni
Felice Ferri
Augusto Castellani
Alessandro Del Grande (fonte)
[2] PROVINCIA DI ROMA
N. 1.
Capitolazione per la resa della Piazza di Roma.
20 Settembre 1870
COMANDO GENERALE DEL QUARTO CORPO D’ ESERCITO
CAPITOLAZIONE
PER LA RESA DELLA PIAZZA DI ROMA
Stipulata fra Il Comandante Generale delle Truppe di S. M. il Re d’Italia edil Comandante Generale delle Truppe Pontificie.
rispettivamente rappresentate dal sottoscritti.
Villa Albani, 20 settembre 1810.
I.
La Città di Roma, tranne le parte che è limitata al Sud dai Bastioni S. Spirito e comprende il Monte Vaticano e Castel S. Angelo e costituisce la Città Leonina ; il suo armamento completo , bandiere, armi, magazzeni di polvere ; tutti gli oggetti di spettanza governativa saranno consegnati alle Truppe di S. M. il Re Italia.
II.
Tutta la guarnigione della Piazza escirà cogli onori della guerra, con bandiere, in armi e bagaglio. Resi gli onori militari, deporranno la bandiere, le armi, ad eccezione degli ufficiali i quali conserveranno la loro spada; cavalli e tutto ciò che loro appartiene. Esciranno prima le truppe straniere, e le altre in seguito secondo il loro ordine di battaglia colla sinistra in testa. L’uscita della guarnigione avrà luogo domattina alle 7.
111.
Tutte le truppe straniere saranno sciolte e subito rimpatriate per cura del Governo Italiano mandandole fino da domani, per ferrovia, al confine del loro paese. Si lascia in facoltà del Governo di prendere o no in considerazione i diritti di pensione che potrebbero avere regolarmente stipulati col. Governo Pontificio.
IV.
Le truppe indigene saranno costituite in deposito senz’ armi colle competenze che attualmente hanno, mentre è riserbato al Governo del Re di determinare sulla loro Posizione futura.
V.
Nella giornata di domani saranno inviate a Civitavecchia.
VI.
Sarà nominata da ambo le parti una commissione composta di un ufficiale d’ artiglieria, uno del genio ed un funzionario d’ intendenza per le consegna di cui all’articolo 1.
Per la Piazza di Roma
Il Capo di Stato Maggiore
F. RIVALTA
Per l’Esercito Italiano
Il Capo dello Stato Maggiore
F. D. PRIMERANO
Il Luogotenente Generale
Comandante il 4° Corpo d’Esercito
F. CADORNA.
Visto, ratificato ed approvato
Il Generale Comandante le armi di Roma
KANZLER
( G. R. 23 settembre 1870, N.1 )(fonte)
[3] Biagio Placidi di nasce il 1º maggio del 1814 a Sacrofano (30 km a nord di Roma) nel palazzo di famiglia, secondogenito del conte Odoardo Placidi e di Anna Bastianelli, e muore a Roma nel 1908, nella casa dove sempre abitò, in via della Croce, 81. Non si sposò e non ebbe figli. Era il fratello del padre di Attilio Placidi, anch’esso avvocato e papà di Giuseppe. A Biagio Placidi è intitolata la piazza dove ha sede il Comune di Sacrofano. La famiglia Placidi, che aveva possedimenti a Sacrofano sin dalla fine del Seicento, era di antica origine nobiliare senese, ma proveniva da Orvieto, dove era stato Governatore Domenico Placidi, fuoriuscito per motivi politici da Siena.
Avvocato di Sacra Rota, Biagio Placidi frequentava il Caffè Faraglino, ritrovo dei liberali. Insieme al fratello Lorenzo aveva sposato le idee liberali, nel solco della tradizione dei Placidi di essere domini nel populus. Fu ammesso nel 1846 come uditore secolare al Consiglio dei ministri dello Stato Pontificio; fu presidente del Comitato per le Innovazioni nello Stato Pontificio, e fu segretario Generale del Triumvirato e del Consiglio dei ministri della Repubblica Romana del 1849. Ha servito nell’esercito della Repubblica, con il grado di colonnello, partecipando alla battaglia di Porta San Pancrazio del giugno 1849. Era collega e amico di Carlo Armellini, con il quale condivideva lo studio, ed amico di Giuseppe Mazzini. Nel salone di Casa Placidi, in Roma, fu scritta la bozza dello Statuto della Repubblica Romana.
In seguito alla restaurazione del potere pontificio, Biagio Placidi fu rinchiuso per alcuni mesi a Castel Sant’Angelo; poi fu liberato, grazie alle frequentazioni giovanili con il cardinal Mastai, diventato Papa Pio IX, ma perse la masseria del Divino Amore. Fu Ministro delle Finanze del Regno d’Italia, a Firenze, e dopo la Porta Pia, divenne il primo assessore alla Pubblica Istruzione al Comune di Roma, carica che tenne dal 1870 al 1890.(fonte)