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Paolo Thaon di Revel. 1946

    Paolo Thaon di Revel. 1946

    Roma, 17 Giugno 1946

    Rev. Sacerdote Dr. Antonio FASULO[1]
    Direzione Opere Don Bosco – Via Cottolengo n. 32

    TORINO

    Amico carissimo!

    La sua del 10 corrente mi ha commosso e
    restituito un pò di serenità! Mi studio di apparire tranquillo e fidu=
    cioso, ma di fiducia non ho più che nel Signore!
    Lo prego, lo preghi, affinchè me la conservi. Prevedevo che
    saremmo scesi molto in basso, ma in realtà ha già superato quanto pre=
    vedevo. Non vedrò gli Italiani rinsavire, ma purtroppo, per poco ancora viva,
    vedrò, temo, lo sfacelo della Patria. Quanta umiliazione ! Abbiamo errato,
    tutti; ma perché perseverare nella vendetta? Nessuna clemenza: lacerarsi,
    distruggere, distruggersi, e per chi? per gli stranieri – chi palesemente,
    chi subdolamente, tutti nemici nostri. Povera derelitta nostra Italia![2] A
    che il glorioso risorgimento e gli eroici suoi martiri? Rassegnamoci, ri=
    mettiamoci all’Onnipotente, nel quale non mai verrà meno la fede! Aspet=
    tiamo una buona morte.
    Perdoni la tristezza, ma quanta tristizia!
    Mia moglie la saluta affettuosamente; fu sofferente per debolez=
    za di cuore, ora sembra meglio; la famigliola di Clorinda bene, i piccini
    prosperano.
    Ossequi a Venerando, ammirevole Rettor Maggiore.
    Sentimenti affettuosissimi dal Vecchio

    Thaon di Revel[3]

    Ricordo Frascati, Lanuvio e gli ameni Colli romani e soprattutto
    l’amabile Compagnia che tanto allietava me e mia moglie.


    Note

    [1] Segretario della Pia Unione Salesiana Gr. Uff. dott. Don Antonio Fasulo.
    Il conferenziere, sacerdote salesiano D. Fasulo, presentato con deferenti parole dal prof. Bettazzi, fece sfilare davanti agli occhi attenti del pubblico, le forme principali dell’attività religiosa e civile spiegata dai Salesiani nelle Americhe : Oratori, Collegi, Scuole professionali, Colonie agricole, Os servatori meteorologici. La seconda parte della conferenza riguardò l’as sistenza agli emigranti. Il conferenziere conchiuse con opportune osservazioni di indole religiosa, e il rev.mo don Albera aggiunse belle e care parole. Muore a Messina, 06-01-1962(fonte)

    [2] Il riferimento è all’esito del referendum.
    Nel maggio del 1946, dopo aver fatto parte della cerchia dei consiglieri di re Umberto II nel periodo della sua Luogotenenza e aver ripreso l’incarico di primo segretario degli ordini cavallereschi, al referendum del giugno 1946 si schierò apertamente a favore del blocco monarchico.(fonte)

    [3] Paolo Thaon di Revel. Grande ammiraglio, cavaliere dell’ordine supremo della santissima Annunziata, commendatore dell’ordine militare di Savoia, grande ufficiale dell’ordine militare di Savoia, cavaliere di gran croce dell’ordine militare di Savoia, croce di guerra al valore militare (tre concessioni), cavaliere di gran croce dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, cavaliere di gran croce decorato del gran cordone dell’ordine della Corona d’Italia, cavaliere di gran croce decorato del gran cordone dell’ordine coloniale della Stella d’Italia, cavaliere dell’ordine civile di Savoia. Ministro della Marina, senatore del Regno.

    Eminente uomo di mare. Brillante stratega.

    Nato a Torino il 10 giugno 1859, entrò nel 1873 alla Scuola di Marina di Napoli per passare due anni dopo a quella di Genova, dove nel 1877 conseguì la nomina a guardiamarina.

    Da ufficiale subalterno, dopo brevi imbarchi sull’ariete corazzato Affondatore e sulla pirofregata corazzata Principe Amedeo, nel periodo 1879-1882 sulla corvetta a elica Garibaldi – al comando del capitano di vascello Enrico Costantino Morin, impegnata in un lungo viaggio di circumnavigazione del globo – maturò un’eccezionale esperienza i cui fatti più salienti furono la guerra fra il Cile e il Perù e il contributo dato alla riapertura del Canale di Suez alla navigazione internazionale durante la crisi provocata dalla rivolta antieuropea di Arabi Pascià.
    Dopo il rimpatrio, fu nel biennio 1882-1884 a bordo della fregata corazzata Venezia e quindi destinato a svolgere l’incarico di ufficiale d’ordinanza del principe Eugenio di Savoia Villafranca, incarico durante il quale fu promosso (1886) tenente di vascello.
    Seguì quindi una serie di imbarchi: ariete torpediniere Giovanni Bausan (1888), nave ausiliaria Città di Genova (1889), incrociatore torpediniere Montebello (1889-1891), con l’incarico di ufficiale in 2a e in comando, la torpediniera-avviso Sparviero (1893-1894), sulla quale si affermarono le sue doti di marinaio e di brillante manovratore, nonché la goletta scuola Palinuro (1894-1895), impegnata in due campagne alla vela dei mozzi e timonieri nel Mediterraneo e in Atlantico, dove mise in luce grande abilità e perizia marinaresca.
    Promosso nel 1895 capitano di corvetta, imbarcò sulla nave reale Savoia, e nel biennio 1895-1896 sull’ariete torpediniere Piemonte come comandante in 2a, durante la campagna nelle acque di Creta in occasione della crisi conseguente all’insurrezione anti turca.
    Dal 1896 al 1900 fu aiutante di campo effettivo del re Umberto, e nel grado di capitano di fregata fu tra il 1900 e il 1904 comandante in 2a della corazzata Ammiraglio di Saint Bon e comandante delle navi scuola Caracciolo Amerigo Vespucci.
    Nel 1904 fu promosso capitano di vascello, e con tale grado, dal 1904 alla fine del 1905, tenne il comando della Scuola macchinisti di Venezia, e quindi, fino al 1907, quello dell’Accademia Navale di Livorno, incarichi nei quali svolse un ruolo di primo piano nella formazione e nell’istruzione del personale della Marina a tutti i livelli.
    Durante tali destinazioni non si allontanò mai troppo dalle navi, in quanto imbarcò insieme agli allievi nelle annuali campagne d’istruzione estive, assumendone personalmente il comando.
    Dal novembre del 1907 al novembre del 1909 fu in comando della nuova corazzata Vittorio Emanuele col compito di seguirne le ultime e più delicate fasi dell’allestimento e di curarne l’entrata in linea nell’ambito della Forza navale del Mediterraneo, importante complesso operativo nazionale.
    Nel dicembre del 1908, in occasione del terremoto calabro siculo, l’equipaggio del Vittorio Emanuele sotto la sua attenta guida partecipò attivamente alle operazioni di soccorso, segnalandosi per la particolare attività nella ricostruzione di Villa San Giovanni e Cannitello, spazzate via dal maremoto; per questa operazione meritò la medaglia d’oro di benemerenza.
    Promosso nel 1910 contrammiraglio, nel febbraio del 1911 fu nominato aiutante di campo generale del re Vittorio Emanuele III, carica che mantenne fino alla fine di settembre per essere poi destinato al comando della 2a Divisione navale.
    Con la Divisione prese parte alla guerra nelle acque libiche: con gli incrociatori corazzati Giuseppe Garibaldi Francesco Ferruccio affondò nel porto di Beirut navi da guerra turche, prese parte al bombardamento di Tripoli e dei forti esterni dei Dardanelli, azioni per le quali meritò la commenda dell’ordine militare di Savoia.
    Dopo la cessazione delle ostilità con la Turchia ebbe la nomina a ispettore delle siluranti, che tenne fino al 1913, quando, nel marzo, dopo quarant’anni di carriera, tre anni di anzianità da contrammiraglio, all’età di soli 54 anni, raggiunse il vertice della gerarchia navale con la promozione a viceammiraglio e la nomina a capo di stato maggiore della Marina.
    In tale incarico impresse un forte impulso all’ammodernamento e potenziamento della Forza Armata, accrescendo la preparazione alla guerra, pose grande impegno nello sviluppo ed efficienza della giovane arma subacquea, migliorò le difese e gli ancoraggi della costa adriatica, in particolare di Brindisi e di Venezia, gettò le basi e seguì sempre da vicino lo sviluppo dell’aviazione navale e dei mezzi insidiosi per un più efficace rendimento bellico nel ristretto bacino dell’Adriatico.
    Entrata l’Italia nella guerra mondiale (24 maggio 1915), nell’ottobre del 1915, a seguito di contrasti sulla condotta della guerra marittima con il comandante in capo dell’Armata, viceammiraglio Luigi di Savoia duca degli Abruzzi e di alcuni sfavorevoli episodi bellici, nella posizione di ministro, che lo rendeva responsabile di una strategia che non condivideva, si dimise dall’incarico, venendo nominato comandante in capo del Dipartimento militare marittimo e della Piazza marittima di Venezia.
    In tale carica affrontò da subito la difesa contro le possibili offese nemiche (aeree, marittime e nel caso anche terrestri), mettendo a punto mezzi più idonei alla strategia che più si confaceva alla lotta nel bacino adriatico: mezzi leggeri e insidiosi – siluranti, M.A.S., mezzi d’assalto – in cui meglio si identificava la concezione della guerriglia navale da lui propugnata.
    Il 9 febbraio del 1917 riassunse l’incarico di capo di stato maggiore della Marina e di comandante in capo delle Forze navali mobilitate, potendo in tal maniera dare ampio sviluppo a quel tipo di guerra di cui aveva già gettato le prime basi e alla quale non erano mancati i primi efficaci risultati.
    Al ripiegamento sul Piave (novembre 1917) propugnò il mantenimento del possesso della laguna veneta, appoggiando con vigore la partecipazione della Brigata Marina sul fronte terrestre dell’ala a mare della III Armata.
    Fu tenace assertore dei diritti dell’Italia in Adriatico e irriducibile rivendicatore del comando italiano in questo mare, sventando con risolutezza i tentativi di un eventuale comando alleato.
    Senatore nel 1917, ammiraglio il 6 novembre 1918, fu il riconosciuto artefice della vittoria tutta italiana sul mare, per la quale meritò i riconoscimenti conferitigli, tra i quali, i più importanti, due croci di guerra al valore militare e la gran croce dell’ordine militare di Savoia.
    Alla fine del conflitto prese parte come rappresentante della Marina alla conferenza della pace; il 24 novembre del 1919 nuovamente e volontariamente si dimise da capo di stato maggiore e da comandante in capo delle Forze navali mobilitate e fu nominato ispettore generale della Marina e quindi, maggio 1920, presidente del Comitato ammiragli.
    Nell’ottobre del 1922 fu nominato ministro della Marina, rimanendo in carica fino al maggio del 1925.
    Come ministro si dedicò, in un periodo non facile dal punto di vista politico, sociale ed economico, all’opera di ristrutturazione della Marina, e in speciale modo al programma delle nuove costruzioni: sotto il suo ministero vennero infatti progettati i primi incrociatori tipo “Washington”, i due “Trento” e i primi grandi sommergibili.
    Quando nel 1923 fu costituita la Regia Aeronautica, che assorbì sotto un unico comando i mezzi e l’organizzazione delle Forze aeree della Marina e dell’Esercito, si prodigò per ottenere una consistente aliquota di mezzi aerei da porre sotto il controllo della Marina per la lotta sul mare.
    Nel 1923 gli fu conferito il titolo di “Duca del mare” e la croce di cavaliere dell’ordine supremo della santissima Annunziata, e nel 1924 fu promosso grande ammiraglio, unico nella storia della Marina a rivestire tale altissimo grado, rimanendo in tal modo in servizio a vita con un proprio ufficio al ministero, anche dopo aver cessato dall’incarico di ministro.
    Alla caduta del regime al governo – 25 luglio 1943 – fu dal Re nominato presidente del Senato, e alla proclamazione dell’armistizio (8 settembre 1943) le alte autorità della Marina trovarono nel suo consiglio l’appropriato appoggio morale che il momento storico richiedeva per le gravi e straordinarie decisioni da prendere.
    Dal gennaio del 1944 al giugno 1945 fu costretto a rifugiarsi in luogo sicuro fuori Roma per sal­vaguardare la propria libertà d’azione dalle forze germaniche occupanti e dalle autorità della R.S.I.

    Morì a Roma il 24 marzo 1948.

    Uomo fedele alle Istituzioni di cui fu profondo assertore e leale servitore.
    Dopo l’armistizio del settembre 1943 si ritirò in assoluto riserbo, in cui chiuse gli ultimi anni della sua vita.
    Mirabile figura di marinaio e di combattente che racchiuse nella sua lunga e operosa vita dedizione a abnegazione assoluta agli ideali di Patria e di Nazione.(fonte)