Voi che avete servito il vostro Bene, credendo nella sua assoluta verità, nutrendovi fino nel profondo della sua azione ineccepibile. Così, nel fasto della vera fede, momento dopo momento. Io vi dico allora: “È giunto il tempo della Compassione. E questo avverrà per la forza del Thauma. Non, quindi, per aver visto una vita aspergere amore attraverso un supplizio, ma per sete di vita.
Infatti, non è forse per quella vostra servile viltà, per esservi resi schiavi di un amore verso un’anelata condizione perfetta, che siete giunti a essere insensibili al dolore, trovandovi infine prigionieri di voi stessi?
Se il mio amore ha servito in silenzio, per tanti anni, ora è giunto al suo inverso, alla soglia del suo Credo. Ora Egli è giunto alla Compassione di sé e del Mondo.
Chiedete pure a chi già lo celebra come un dio d’amore, egli è grande in sé perché si guarda bene dall’amore, bestia che annichilisce l’afflato vitale. La volizione non voleva forse fare di questo dio, dell’amore, un sol boccone quale premio e della sua straziante pena?
Quando ero giovane, e mi assoggettavo ad ogni ombra che si presentava come un dio, ero diafano, luce della luce, ombra dell’ombra. Poi con la maturità, dissolte le ombre, divenni pietra, duro abbozzo, infine fondamenta di un mondo nuovo.
Crescendo vendicativo costruii un sentiero che potesse contenere tutta quell’umanità che volesse giungere al Thauma, più simile ad un profondo fiume che si inabissa per poi risalire, con la volontà della compassione, finché un giorno ogni creatura possa riconquistare il rispetto di sé.
Il mio è stato un lungo viaggio, e ancora molta strada mi rimane da fare. Molte ambasce avrò da superare, e tradimenti e furie del destino, prima giunga al risolutorio costrutto. Ogni istante ch’io abbia a percorrere sarà da me vissuto come arte del creare. Così mi plasmerò ad ogni passo e per ogni istante che mi trapasserà.
Cosa è quel Thauma che si vuole essere tanto risolutore di questa immobile condizione, di questa offesa costante al virgulto della vita?
Forse, si può dire del Thauma di essere un universale rimedio? Tanto che, in quel sentire di ognuno così singolare e così universale, la percezione indubitabile dell’esistenza propria si invera. Quella scintilla che s’appalesa nel più buio angolo dell’incognito limite, quel barbaglio di luce che tenta eroicamente di affrontare l’inesprimibile, e che noi chiamiamo speranza, si debba alla presenza di un convincimento, quello di essere, e di essere nella vita proprio in virtù di quel lacerante dolore, quel supremo sentire, che sorge nel tempo di ogni storia, come somma necessità della natura.
E nel tempo che ci vede condividere il Mondo accade che si provveda per il riparo da ogni stimolo di sfida. Si tende all’ottundimento controllato e prevedibile, quasi che l’essere, solo in veste di simulacro, debba agli animi ordinari apparire quale naturale regola e misura di tutte le cose.
Ma ascoltate. Poniamo che uno di questi, venga fornito di quelle luminose scintille eroiche che generano vita, e che egli riesca con la sua dottrina a plasmare quello spazio, quel sentiero, che, attraverso la compassione, mostri la via della conoscenza ai suoi contemporanei, non sarebbe forse giusto per lui procedere con ogni mezzo per illuminare quel salvifico sentiero?
E fu così volli compiacere quel Dio per grazia della mia eletta condizione, volli dar più sincera vita a quel naturale spirito che moveva il Mondo, e con lui e in lui tutti quegli esseri ciechi che avevano perso cognizione della loro natura. Quale che fosse la sopravvissuta parte sensibile della alma d’ogni povero simulacro, io volli che del suo tempo vissuto, prezioso e irripetibile, fuor della oscura ignoranza.
Ascose promesse posi in mezzo alle armi, e come vessillo apposi la compassione. Dalla mia pace, che era fiera e sicura, aspersi emblematici stupori, a gloria del sommo angosciante stupore, il Thauma. Senza nessuna esitazione e con tutto ciò a secondare il giudizio della storia, darò ordine alle mie schiere che abbiano cura di favorire il sacro passaggio finale.
The Guardian Speech
You who have served your Good, believing in its absolute truth, nourishing yourselves to the depths of its unimpeachable action. Thus, in the splendour of true faith, moment after moment. I say unto you then: ‘The time of Compassion has come. And this will come through the power of the Thauma. Not, therefore, because of having seen a life sprinkled with love through torment, but because of a thirst for life.
For is it not because of that servile cowardice of yours, because you have enslaved yourselves to a love of a longed-for perfect condition, that you have come to be insensible to pain, finding yourselves finally prisoners of yourselves?
If my love has served in silence, for so many years, it has now come to its reverse, to the threshold of its belief. Now He has come to the Compassion of Himself and of the World.
Ask those who already celebrate Him as a god of love, He is great in Himself because He guards against love, the beast that annihilates the life-breath. Did not volition want to make this god, of love, a single morsel as a reward and its agonising pain?
When I was young, and subjected myself to every shadow that presented itself as a god, I was diaphanous, light of light, shadow of shadow. Then with maturity, having dissolved the shadows, I became stone, a hard sketch, finally the foundation of a new world.
As I grew vengeful, I built a path that could contain all that humanity that wanted to reach Thauma, more like a deep river that sinks and then rises again, with the will of compassion, until one day every creature can regain its self-respect.
Mine has been a long journey, and I still have a long way to go. Many ambassadors will I have to overcome, and betrayals and furies of fate, before I reach the decisive construct. Every moment that I have to go through will be lived by me as an art of creation. Thus will I mould myself at every step and for every moment that I pass.
What is that Thauma that wants to be such a resolver of this immobile condition, of this constant offence to the sapling of life?
Perhaps, can the Thauma be said to be a universal remedy? So much so that, in that feeling of each one so singular and so universal, the indubitable perception of one’s own existence is ingrained. That spark that appears in the darkest corner of the unknown limit, that gleam of light that heroically attempts to face the inexpressible, and which we call hope, is due to the presence of a conviction, that of being, and of being in life precisely by virtue of that lacerating pain, that supreme feeling, which arises in the time of every story, as the supreme necessity of nature.
And in the time that sees us share the World, it happens that provision is made for shelter from any stimulus of challenge. There is a tendency towards controlled and predictable dullness, as if being, only in the guise of a simulacrum, should appear to ordinary souls as the natural rule and measure of all things.
But listen. Suppose one of these were to be endowed with those bright, life-giving, heroic sparks, and that he were to succeed by his doctrine in shaping that space, that path, which, through compassion, would show the way to knowledge to his contemporaries, would it not be right for him to proceed by all means to illuminate that saving path?
And so it was that I wanted to please that God by the grace of my chosen condition, I wanted to give more sincere life to that natural spirit that moved the World, and with him and in him all those blind beings who had lost knowledge of their nature. Whatever was the surviving sensible part of the soul of each poor simulacrum, I wanted that of its lived time, precious and unrepeatable, out of the dark ignorance.
Ascended promises I placed in the midst of arms, and as a banner I affixed compassion. From my peace, which was proud and sure, I aspired emblematic astonishment, to the glory of the supreme anguish, the Thauma. Without any hesitation, and with all this to second the judgement of history, I will order my hosts to take care to favour the sacred final passage.